Lei lo fa tutto l’anno. Contribuendo non solo alla sua destagionalizzazione ma pure alla sua decontestualizzazione. Sì, perché Carmen Vecchione, irpina doc, svincola il panettone sia dalla captività delle festività sia dal suo consumo a fine pasto. Come? Semplice, preparandolo in tanti modi. E pure white. Il PanBianco, per l’appunto. Tavolozza multitasking da “colorare” a piacere. Una delizia trasversale, da utilizzare come brioche al mattino o a merenda, da trasformare in un french toast per il brunch, oppure da tostare e farcire con salumi, sottoli e sottaceti per un pranzo o una cena veloce.
Complice il basso contenuto di zuccheri. E complici la farina
Petra 1 di Molino Quaglia - compagna costante di tutti i panettoni della
Vecchione - e il lievito madre. «Lui sta in laboratorio con noi. I miei figli,
Alice e
Tommaso, ci mettono sempre sopra un cartello che porta scritto: è uno di noi», racconta raggiante
Carmen. Che suggerisce di arricchire il
PanBianco con le sue creme spalmabili: al pistacchio e cioccolato bianco, alla nocciola e cioccolato gianduia, e alle noci pecan, cioccolato al latte e arancia. Messe a punto con i pralinati fruttati di
Valrhona.
Carmen: classe 1974, avellinese, una laurea in scienze dell'alimentazione e una passione sfrenata per i libri. «Quando ho un attimo di tempo leggo anche in piedi e camminando», rivela la pasticcera. Che non ha sempre fatto dolci. Macché. «Facevo la commercialista», svela lei. Poi, il cambio di rotta e l’arrivo al ristorante La Maschera del capoluogo irpino, insieme allo chef Lino Scarallo, oggi al napoletano Palazzo Petrucci.
E poi ancora, l’evoluzione in pasticceria, grazie agli insegnamenti di un maestro quale
Rolando Morandin. Cercando la propria strada, trovandola e aprendo, proprio in città, la sua insegna
Dolciarte (da tempo
Petra Selected Partner). Insieme al fratello
Stefano, alle prese con gestione, vendite e amministrazione.
Una pasticceria profondamente identitaria quella di
Carmen. Che rispecchia lei e rispetta il territorio. La sua amata Irpinia. Orgogliosa di assumere forme golose. E non sempre dolci. Vedi il
PanRamata, con la cipolla ramata (e candita) di Montoro, caratterizzata da striature bianche e violacee. Un lievitato perfetto per una degustazione salata. E vedi pure il panettone con l’albicocca pellecchiella del Vesuvio e lo zafferano di
Germana Puntel. Una donna tenace e caparbia, friulana della Carnia benvenuta al sud. A Lacedonia. Dove coltiva con puntiglio la lussuosa e aristocratica spezia.

Panettone mandarino e zucchero muscovado
Ma la campana pastry chef prepara il panettone anche al mandarino candito e
Blond Orelys di
Valrhona, un cioccolato biondo e cremoso, arricchito da zucchero muscovado. Per una lieve nuance di liquirizia. E ancora il panettone al caffè e latte, prezioso del cioccolato
Equatoriale al latte di
Valrhona. Che torna nel lievitato ai tre cioccolati, insieme al
Satilia Noire e all’
Ivoire, vanigliato e vellutato. Coronato da perle crunch di
Caramélia,
Dulcey e
Opalys. Per un effetto
black and white, nonché soffice-croccante.
Dolci dai tratti ben definiti quelli della
Vecchione. Che non si abbandona a leziosità, preferendo toni profondi di gusto e colore. Basti pensare ai mostaccioli e ai cookies al latte e arachidi. Quasi maschili nel loro sapore vigoroso ed energico. Al quale non si sottraggono neppure i tozzetti. «Li ho voluti battezzare così perché così li chiamava mia nonna Laura».

Il Montblanc in barattolo
Biscotti al vino - Greco di Tufo, Fiano di Avellino o Coda di Volpe - e olio di semi di girasole -, realizzati con
farina Petra 3 e proposti in diverse declinazioni, nelle quali il cioccolato
Satilia sposa arancia e cannella, pistacchio, oppure nocciola mortarella, varietà tipica della Campania Felix. Così come tipica è la castagna di Montella, siglata dall’igp e lavorata (in mille modi) dall’azienda
Vestuto, specializzata in canditura e marron glacé. Castagna che
Carmen valorizza nel Montblanc. “Classico” e in barattolo. Decisamente prêt-à-porter.