Una volta lo chiamavano OFF, Omivore Food Festival, congresso annuale della jeune cuisine organizzato da Omnivore, che riuniva protagonisti e future stelle della scena gastronomica in quel di Deauville, nelle coste della Normandia. Oggi il movimento azionato da Luc Dubanchet agli inizi del Duemila guarda in grande e il piccolo congresso e diventa un Omnivore World Tour. Dodici festival in altrettante città - da Mosca a Copenaghen, da Shanghai a Montreal - per un anno a far scoprire in giro per il mondo il significato di cucina giovane. Un'odissea in 4 continenti cominciata a Ginevra a febbraio scorso e che vedeva la sua seconda tappa qui a Parigi fra l'11 e il 13 marzo alla Mutualité, ormai un luogo culto per questo tipo di eventi dopo aver ospitato a gennaio scorso la bella quarta edizione di Paris des Chefs, diretta dal super Andrea Petrini.
L'Off ha una peculiarità. Ogni volta che se ne legge il programma, non si può fare a meno di strizzare gli occhi su nomi poco familiari e che quasi nessuno conosce. Chi di voi ha già sentito parlare di Ryan Clift, Eneko Atxa, Davy Schellemans o Ignacio Mattos? Cuochi di grande esperienza e freschi di nuove aperture. Personaggi sui quali scommettere, presentandoli sul palco di un importante festival internazionale. D'altronde cos'è il giornallismo se non ricerca del nuovo? Per tre giorni sul palco della Mutualité si sono alternati grandi nomi e giovani promesse, disegnando (come sempre) un vago profilo della complessa e variegata scena gastronomica mondiale.
Degne di nota, le dimostrazioni di Alexandre Bourdas del Sa.Qua.Na, il suo stile nel trattare i prodotti e nell'interagire con la sala sono sempre di gran classe; Giovanni Passerini, eroe applauditissimo durante la sua non semplice esibizione (molto simile a quella di Iñaki Aizpitarte nell'edizione 2011 di Identità Milano); Jean-François Piège, sicuramente uno dei migliori al mondo in quanto a tecnica e che ha voluto ben definire le differenza fra il suo passato (alla corte di Ducasse prima e a Les Ambassadeurs poi) e il suo presente (Thoumieux).

Gregory Marchand del Frenchie a Parigi, il cuoco-torcia di Omnivore
Ma il festival non si è limitato a delle masterclass, riduttive sui contenuti della cucina e della filosofia dei cuochi, per quanto belle. La truppa di
Luc ha sempre voluto privilegiare il lato più bello della cucina, l'amicizia che lega i cuochi, che si conoscano o meno. Ed ecco che
come off dell'evento durante i giorni di congresso, si sono susseguiti
9 F***ing Dinners (termine coniato a New York dal mitico
David Chang nell'estate del 2009) in cui i cuochi relatori provenienti dall'estero venivano a cucinare nei ristoranti dei relatori parigini per delle cene improbabili e improvvisate. A coronare l'unione fra relatori, giornalisti e pubblico è stata la festa
Omnivorious, organizzata al
Bataclan, sala storica della
rive droite parigina, e durata fino al mattino a suon di gin tonic (ormai il cocktail preferito di tanti cuochi).
Un'ultima nota dedicata alla presentazione in anteprima del film di Paul Lacoste "Entre les Bras", documentario sul lavoro operato fra Laguiole e l'Hokkaido da Michel e Sébastien Bras e sul loro rapporto padre/figlio. Momento sicuramente più toccante di una tre giorni in cui è stata mostrata la cucina non solo per il suo livello più pratico, ma anche per le influenze che ha sul rapporto fra le persone.