Ernst Knam
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Lenticchie e ostriche, uno dei piatti a rotazione quotidiana di Le Clarence, indirizzo in grande ascesa a Parigi (foto www.gillespudlowski.com)
Se dovessimo indicare la novità più importante comparsa nella ristorazione a Parigi negli ultimi tre anni non avremmo esitazioni: diremmo Le Clarence. Aperto alla fine del 2015 nell’elegante Hotel Dillon (sede del bordolese Château Haut-Brion), ha passo dopo passo consolidato la sua fama per avviarsi ormai a diventare il ristorante più di ogni altro in grado di mutare il volto dell’alta cucina parigina. Lo chef Christophe Pelé (del nord-ovest del paese, classe 1971) si è formato principalmente con Bruno Cirino e Pierre Gagnaire, ma anche presso Pavillon Ledoyen, Lasserre, Le Bristol. Nel 2003 è divenuto primo chef della cucina del Royal Monceau. Alla fine del 2007 il grande passo, l’apertura di un proprio ristorante, La Bigarrade, piccolo bistrot di periferia (una e poi due stelle Michelin). In questo è coadiuvato dal sous-chef che ancora è con lui a Le Clarence, Giuliano Sperandio (ligure, classe 1982). Loro due soli in cucina, menu carta bianca che variava ogni giorno, non solo, anche all’interno dello stesso servizio. L’assunto: un menu più o meno statico, variato solo di tanto in tanto o, com’è più consueto nelle grandi maison, stagionalmente, è uguale a delitto per gli ingredienti e a seguire serio handicap per l’esito delle composizioni, per quanto sorrette da tecnica e da scuola. Dunque strenua scelta del prodotto, molta libertà, molta tecnica, molta improvvisazione, grande affiatamento. Le stesse qualità di oggi.
Il cuoco italiano Giuliano Sperandio, il restaurant manager Cédric Servain e lo chef Christophe Pelé (foto twitter/Haut-Brion)
Mise-en-place (www.le-clarence.paris)
Tonno bianco crudo, vitello e dahlia (foto Le Clarence/Instagram)
Ligure, appassionato di arte e gastronomia, nell'attesa di ciò che mangerà talvolta scrive di ciò che ha mangiato: buono da scrivere, buono da mangiare
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