Sanjay Thakur ha occhi brillanti di curiosità incorniciati nel viso dal colorito olivastro reso ancora più interessante dal contrasto con la giacca bianca Bragard indossata con orgoglio. «È quella della mia prima partecipazione al Bocuse d’Or nel 2014», dice lo chef indiano che ha, poi, bissato nel 2016. Nel 2015, invece, Thakur è stato tra i finalisti di Africa e Medio Oriente del S. Pellegrino Young Chef. Messi da parte i concorsi internazionali, Thakur ha deciso, però, di puntare più in alto. Non solo metaforicamente. Aprirà, infatti, un ristorante pop-up al campo base dell’Everest, a oltre 5.000 metri di quota, per organizzare un pranzo gourmet candidato a entrare nel Guinness dei Primati.

Sanjay Thakur al Bocuse d'Or 2016
Niente di nuovo per questo chef che non si fa spaventare dalle grandi altezze. Da bambino guardava le vette dell’Himalaya dai 2.000 metri di Shimla, città dell’India Settentrionale dove è nato. Dall’Himachal Pradesh si è mosso per finire i suoi studi da cuoco a Melbourne. Poi, dopo aver lavorato in alcuni dei migliori ristoranti della città, è tornato in altissima quota per cucinare nella prima classe dell’
Etihad Airways. Il suo amore per l’Himalaya, la preoccupazione per la conservazione del suo ecosistema e della sua cultura, però, lo hanno spinto a lanciare “
The Himalayan Soil”, un progetto – diventato un documentario – che lo ha portato da protagonista a raccontare le spezie del sue paese in più di sette Paesi e a collaborare con 15 Università.

Alla partenza della spedizione
«Adesso è arrivato il tempo di un nuovo progetto:
Triyogyoni, il ristorante gourmet pop-up al campo base dell’Everest», ci ha raccontato
Thakur che, prima di cominciare il trekking verso la singolare location, ha partecipato a Taormina all’edizione 2018 di
Cibo Nostrum.

Sanjay Thakur, a sinistra, con Sunny Menon (fondatore di una società di import-export tra Italia e India) e lo chef Pietro D'Agostino, de La Capinera di Taormina. I tre sono stati ritratti dieci giorni fa a Cibo Nostrum
«
Triyogyoni, che dovrebbe diventare anch’esso un documentario, è la naturale evoluzione di “
The Himalayan Soil”, un passo avanti per la tutela del suolo himalayano e della sua biodiversità perché, con il trascorrere del tempo, ci siamo resi conto della diminuzione della vegetazione e delle specie per effetto del cambiamento climatico».

Lo chef in quota, già nei giorni scorsi
Il pranzo di sette portate sarà riservato a pochi commensali che partiranno per la maggior parte da Lukla, la città nepalese a quota 2.600 più vicina al campo base, e costerà 5.600 dollari compreso di voli, trekking e rientro in elicottero. I primi commensali, condizioni meteorologiche permettendo, si attovaglieranno domani, 1° giugno. Tutto il ricavato sarà distribuito ad associazioni di tutela del territorio himalayano. Quello stesso territorio dal quale
Sanjay Thakur e
Soundararajan Palaniappan, vice presidente dell’
Ifca (
Indian Federation of Culinary Associations) e corporate executive chef del
Club Mahindra Holidays & Resorts, raccoglieranno tutti gli ingredienti del pranzo al quale anche la Michelin ha chiesto di partecipare con un proprio ispettore.
«Cucineremo solo con il raccolto del
foraging che faremo durante il trekking fino al campo base nella tenda allestita a ristorante che poi smantelleremo senza alcun impatto per l’ambiente - ha sottolineato
Sanjay - Sarà un’esperienza gastronomica completamente biologica, molto
spicy, non nell’accezione di piccante, ma di speziato. Servirà a riequilibrare le conseguenze della diminuzione dei sapori per via dell’altitudine. E cucineremo quasi esclusivamente
sous-vide». Lo chef che farà un’unica deroga al
foraging: a quota 5.300 e rotte, infatti, si berrà vino. Perché vuoi mettere una
fine dining senza nettare degli dei?