18-03-2025

Il senso del luogo: come ti cambia Napoli

Non basta saper accogliere, ma rendere il cibo veicolo di un messaggio più ampio, interagendo con il territorio di appartenenza e, al contempo, lasciando che questo modelli l'identità della cucina: accade da Sustanza, casa napoletana di Marco Ambrosino

Il colpo d'occhio iconico sulla cucina del ris

Il colpo d'occhio iconico sulla cucina del ristorante Sustanza, che ha sede nella Galleria Principe di Napoli, la nuova casa dello chef Marco Ambrosino

È fragile la Galleria Principe di Napoli. Eppure tra le sue crepe vive una preziosità, da custodire e proteggere. Oltre il segno del tempo e delle circostanze. Proprio come Napoli.

Come i suoi abitanti, che di invasioni ne hanno subite – o per meglio dire “accolte - nel corso dei secoli. Dopotutto, dove c’è un porto, più facilmente si assorbono influenze, quelle che tumultuose, giungono da al di là del mare. Qui dove la mescolanza non ha mai spaventato, ma incuriosito, e prima che si potesse perfino aver paura della diversità, costumi e maniere erano già assorbiti nella società, da quella alta, ma soprattutto da quella bassa.

Nel mentre, regni, domini, battaglie e risurrezioni, fino al presente, e di mezzo, un’attività amministrativa che si muove a mo’ di fisarmonica, espansiva e generosa (la fase attuale) o costretta, in ritirata. Eppure queste oscillazioni, questo dare e togliere, tempra gli animi di chi non si rassegna e spera sempre. Nonostante tutto.

Uno scorcio della sala di Sustanza

Uno scorcio della sala di Sustanza

Ora, queste impressioni non finiscono qui per caso; non abbiamo letto, ma semplicemente vissuto, ascoltato, osservato, assorbito alla tavola di Sustanza, la casa napoletana di Marco Ambrosino, proprio lì, in quella fragile Galleria. Un ristorante che è, a tutti gli effetti, luogo dove si fa cultura, e che ancor prima di gettare radici a Partenope, già sapeva di doversi scontrare con un sistema aggrovigliato, una maniera di intendere la tavola diverso (e non per forza sbagliato), deciso a ricalcare visioni tradizionaliste, che con difficoltà si distaccano da un ricordo nostalgico dei sapori e di un’alimentazione tutta pomodoro, basilico e ragù.

Lo chef Marco Ambrosino. Foto di Letizia Cigliutti

Lo chef Marco Ambrosino. Foto di Letizia Cigliutti

Ecco ora una decisa frattura, altro che crepe: ciò che stava per nascere da Sustanza, sarebbe stato un ristorante che nelle consistenze, nei profumi, oltre che nelle idee non intendeva – e non intende - accomunarsi minimamente a quanto esistesse già intorno, e non per presunzione, ma per innestare un rinnovamento culturale che fa della tavola solo uno dei suoi mezzi di espressione.

Chiajozza, "un tuffo nel mare a bocca aperta", lo ha definito il Times, e tale è: salsedine e le sue diverse intensità, mare dolce di canocchie, e mare amaro, persistente del riccio (in un gelato); fresco di pino marittimo, ai bordi, sulla costa, assieme a cavolo cappuccio

Chiajozza, "un tuffo nel mare a bocca aperta", lo ha definito il Times, e tale è: salsedine e le sue diverse intensità, mare dolce di canocchie, e mare amaro, persistente del riccio (in un gelato); fresco di pino marittimo, ai bordi, sulla costa, assieme a cavolo cappuccio

E i napoletani come reagiscono a tutto questo?

Inizialmente arriva a tavola chiunque potesse permettersi quel genere di esperienza; chi godendo della capacità di spesa, potesse concedersi una cena, annessi i diritti di “bastonarla” e criticarla aspramente. E anche a questo Sustanza era pronto. Perché prima che un’idea dirompente possa essere compresa e accettata, qualche battaglia va pur combattuta, e ancora una volta pensiero e cultura vengono in aiuto. Quanto ha giovato questa beata saggezza, saper attendere per le cose migliori, in perfetto stile napoletano.

Eccolo quindi Marco Ambrosino, che è ancora quel ragazzo procidano che tutti conosciamo, solo che di pagine nel frattempo ne ha digerite, incrociando letture di questo e quel libro, pensieri che si innestano e si legano a conoscenze passate, lezioni e libertà. E poi il tempo, sempre il tempo, fedele compagno: un tempo per disturbare, sperimentare, spingere per entrare in intimità con la materia e la sua capacità evolutiva.

Spaghettino, vino ossidato, ginepro, cenere d'agrumi, erbe balsamiche: legnoso, balsamico, è rimosso il comfort abituale che associamo a uno spaghetto. Sottile ma dall'anima integra, amaro e intenso, profondo e persistente ginepro

Spaghettino, vino ossidato, ginepro, cenere d'agrumi, erbe balsamiche: legnoso, balsamico, è rimosso il comfort abituale che associamo a uno spaghetto. Sottile ma dall'anima integra, amaro e intenso, profondo e persistente ginepro

Poi, però col tempo comprendi pure che devi saper leggere il bisogno di chi ti è intorno, avvicinarti alle aspettative di un commensale, catturare la sua attenzione senza necessariamente “scandalizzare”, costruendo un ponte comunicativo per assicurarsi che le idee attecchiscano, perché senza un interlocutore, le stesse rischiano di divenire autoreferenziali o di rimanere al centro della nostra mera contemplazione. Detto fatto. La cucina di Marco Ambrosino riflette esattamente questa maturità.

Carciofo alla brace, vino di pasta, pigna, olio cannella

Carciofo alla brace, vino di pasta, pigna, olio cannella

Esiste, infatti, un punto di contatto tra l’idea e il percepito del commensale, il gusto della memoria pur senza un riferimento premeditato; ciascuno è libero di abbandonarsi o meno alla ricostruzione affettiva di un sapore, trovando una collocazione nel singolo immaginario, mentre dichiarato e potente, eppure non invasivo e didascalico, è il presupposto storico, antropologico, ma anche tecnico di approccio alla materia che, invece, costituisce l’essenza della cucina di Sustanza.

Minestra di pasta e pane macerato, cipresso, sgombro marinato, moretum di mandorle e olio di argan

Minestra di pasta e pane macerato, cipresso, sgombro marinato, moretum di mandorle e olio di argan

Il mischiato potente è il conforto di una zuppa di pasta che già riconduce a una dimensione domestica del cibo; un piatto sorretto da una generosa sebbene leggiadra grassezza che condisce la pasta, come un burro, mentre subentra la componente aromatica delle erbe, così vicina al ricordo di un pesto. Eppure il principio di questa ricetta, sorretta da filettini di sgombro marinato, in realtà è il moretum, la maniera in cui i navigatori romani riuscivano a sostenersi durante le loro traversate in mare; un miscuglio di formaggio preservato dal passaggio del tempo, con olio e aceto, companatico di pezzetti induriti, poi messi a bagno nel mare per rivenire in consistenza e prendere sapore. Alla stessa maniera viene trattato un formaggio… vegetale, una feta di mandorle arricchito dalle erbe (erba cipollina, finocchio e finocchietto di mare), aceto di pane fermentato e olio di argan (tra le poche piante che dà ai terreni più di quello che prende); ne vien fuori una massa ruvida, profumata e corposa, che si scioglie nella mesca francesca.

Ma c’è di più. La retorica è annullata a favore di azione e pensiero, molto più succulenti, perché facile è “concepire la cucina come un atto politico” sulla carta, molto più difficile è assumersi un impegno effettivo affinché ciò sia tangibile. Viene perciò interpretata una nuova forma di prossimità strettamente legata a un’inedita mappatura del Mediterraneo, molto più ampio, interagendo con la cultura di popoli e sponde ben più lontane di quanto immaginiamo. Si salpano i mari, si superano confini e si sfondano resistenze mentali, per rifugiarsi all’ombra di focolari millenari, di cibi che celebrano momenti della vita e consacrano la convivialità, onorando come un tempo l’animale in ogni sua parte, da consumare interamente.

Transumanza: coscia di agnello alle erbe, rapa cotta al sale, stracotto di pecora, koji di orzo, ceci macerati, salsa menemen alle rose, olio al pul biber; spiedo di interiora di pecora e agnello, cetriolo in salamoia; bouquet di insalate ed erbe, emulsione di erbe aromatiche, trucioli di musciska; burek di pecora e agnello, verdure alla brace, sciroppo di melograno

Transumanza: coscia di agnello alle erbe, rapa cotta al sale, stracotto di pecora, koji di orzo, ceci macerati, salsa menemen alle rose, olio al pul biber; spiedo di interiora di pecora e agnello, cetriolo in salamoia; bouquet di insalate ed erbe, emulsione di erbe aromatiche, trucioli di musciska; burek di pecora e agnello, verdure alla brace, sciroppo di melograno

La Transumanza di pecora e agnello ce lo insegna: la coscia di agnello alle erbe, lo stracotto di pecora, uno spiedo di interiora di pecora e agnello, e il burek, un pasticcio di erbe amare e pasta sfoglia, ripieno di carne di agnello speziata, addolcito da sciroppo di melograno.

Federico Andreini, pasticciere al Sustanza

Federico Andreini, pasticciere al Sustanza

Note dolci, spezie, è un filo continuo con il concetto di dessert nell’accezione di Federico Andreini, che da eccellente pasticciere, detesta lo zucchero e non mangia dolci. L’unica maniera per riuscire a immaginare un finale, che in realtà è soltanto un prosieguo naturale del pasto, una staffetta che muta volto, ma non il pensiero. L’attacco è il fico nella sua interezza, in sorbetto, rivestito da olio e polvere d’alloro, un balsamo sul palato, un accesso a freschezze che stimolano la salivazione e assorbono gli umori messi in orbita nel corso della cena.

Sa scova santa: elicriso, spuma di leben, battuto di cacomela e peschiole, maggiorana, cenere di agrumi, fumo di elicriso

Sa scova santa: elicriso, spuma di leben, battuto di cacomela e peschiole, maggiorana, cenere di agrumi, fumo di elicriso

Poi, Sa scova santa, elicriso, il suo fumo all’istante - eco dal Mediterraneo sardo, e dal suo za fumentu, rito usato per scacciare via uno spavento, riflesso della funzione animista delle erbe -, che si riversa su una spuma di leben (un latte fermentato magrebino) che nasconde un battuto di cacomela e peschiole, maggiorana, e cenere di agrumi, elemento che si presenta dall’inizio alla fine del pasto e riconduce a un cibo vigoroso, attraversato dal fuoco. Potente nella sua semplicità.

Mare clasum: raviolo di erbe di costiera e mandorle verdi, brodo di alghe, olio di pino marittimo, agrestto e baharat, granita di amaro mediterraneo

Mare clasum: raviolo di erbe di costiera e mandorle verdi, brodo di alghe, olio di pino marittimo, agrestto e baharat, granita di amaro mediterraneo

Dunque un viaggio metafisico, una immaginaria carne d’agnello che fa da ripieno a un raviolo, in realtà, farcito con erbe di costiera e mandorle verdi, il marzapane, quindi brodo di alghe, olio di pino marittimo, agresto e baharat, con granita di amaro mediterraneo. Sul palato le spezie di un chuntney, dal tepore prolungato; stimoli e nutrimento che assegnano una nuova dimensione al fine pasto. Perché dopotutto lo zucchero ha una funzione sedativa del pensiero che qui pulsa vibrante: questo è Mare clausum, memoria di quel mare in cui non era possibile commerciare liberamente, di repubbliche marinare che bloccavano le navi che si avvicinavano alla costa, operando delle vere e proprie razzie di tutto quello che veniva lasciato al loro interno; anche così si incontrano le culture e in Italia arriva il marzapane, prodotto arabo, integrato perfettamente nella tradizione nostrana.

Chi entra da Sustanza oggi arriva con una consapevolezza rinnovata: è qui perché sa che non si vive di solo pane, e che alla tavola di un ristorante è possibile cogliere un messaggio più ampio, che va ben oltre il tempo di un pasto, includendo passato, presente e futuro. Qui dove viene perpetuata una forma di ospitalità che ricalca i banchetti di un tempo antico, in cui il cibo è rito, sacrificio, simbolo, e va perciò onorato. Un messaggio trasmesso con un’umanità diretta, comprensibile e perciò ancora più appagante.  


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Marialuisa Iannuzzi

di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, dal 2021 è redattore per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

Consulta tutti gli articoli dell'autore