21-10-2018

Ma cos'avrebbe detto nonna Dina?

Impressioni da una cena nel ristorante di Alberto Gipponi, a Gussago (Brescia). Un luogo che non lascia indifferenti

Alberto Gipponi in posa con la squadra di Dina. Su

Alberto Gipponi in posa con la squadra di Dina. Su queste pagine hanno raccontato le proprie esperienze da Dina anche Paolo Marchi e Carlo Passera

Ci vuol del fegato. E non a caso, il fegato è uno dei primi piatti che ci viene servito... Ci vuol del fegato ad aprire a Gussago un ristorante così. Non perché a Gussago non sappiano cosa vuol dire mangiare bene, anzi!

Ma perché per un ristorante così ci vuole cultura culinaria, voglia di sperimentare, voglia di nuovo. O anche no? Dina. Il ristorante di Alberto Gipponi. Dal soprannome di sua nonna Andreina.

Tutto, da Dina, è vero...salvo il contrario. La frase che abbiamo sentito ripetere più volte durante la cena è: «Questo...o lo ami, o lo odi». Un ristorante ribelle, divisivo. E quindi difficilissimo da analizzare e quasi impossibile da giudicare.

È successo anche a noi. Tre piatti buonissimi, due o tre interessanti, due o tre che ci hanno fatto storcere il naso. Ma cominciamo da capo.

Dettagli dell'interno di Dina (foto Alessandro Mombelli)

Dettagli dell'interno di Dina (foto Alessandro Mombelli)

Arrivare a Gussago non è un'impresa, ma comunque la tua bella ora e un quarto da Milano ce la metti. È praticamente sopra Brescia. E quando sei arrivato, devi trovarla, questa casa angolare di antica fattura, completamente chiusa e dalle cui finestre non traspare un filo di luce.

E quando suoni, ti chiedi: «Ma avrò sbagliato giorno? Sarà chiuso?». E invece ti aprono con gran sferragliare di lucchetti e spranghe serrate, quasi a siglare la "lontananza" di quel luogo, la separazione dall'esterno.

E come entri, inizi ad apprezzare l'architettura antica, gli interventi moderni, il design d'antan dei mobili, dei tavoli e delle sedie, i lampadari accuratamente scelti. Gran posto, Dina. Molto bello. Gran scelta di arredi, luci e selezionate opere d'arte contemporanea, addirittura con interventi degli artisti sulla struttura del ristorante stesso.

Prima prova, per noi superata pienamente, quindi: il posto. Mancano ancora da scoprire accoglienza e piatti.

(foto Alessandro Mombelli)

(foto Alessandro Mombelli)

Ti accoglie lo stesso Alberto Gipponi, che dopo una carriera da musicista che egli stesso definisce "scarsa", inizia per alcuni anni a lavorare nel terzo settore, per poi lasciarlo, all'età di Cristo, per iniziare il percorso della cucina. Prima a imparare, lui già ormai quasi fuori tempo massimo, da grandi chef e ristoratori di nome, per breve tempo, fino ad arrivare qui.

Bruciare le tappe (oltre che bruciarsi le mani alla prima "apertura") è un imperativo per chi ha tanto da dire, ma comincia tardi. E allora il "tanto da dire" diventa anche un modo di accogliere.

La filosofia del locale ti viene raccontata fin da subito, i piatti hanno nomi che vogliono raccontare e ispirare l'anima, non solo stomaco e palato. E una volta seduto, vieni a conoscere - dopo il Brodo di casa, un brodo di verdure torbido, volutamente non chiarificato - il Casoncello crudo, ma cotto: gioco della memoria. Un Casoncello di carne apparentemente crudo, ma in realtà cotto.

Caso mai venisse a pranzo Davide Oldani (sfoglia, spuma di grana padano 43 mesi, crema di cipolle di Tropea e gelato di cipolle di Tropea in carpione)

Caso mai venisse a pranzo Davide Oldani (sfoglia, spuma di grana padano 43 mesi, crema di cipolle di Tropea e gelato di cipolle di Tropea in carpione)

E caso mai venisse a pranzo Davide Oldani: un omaggio alla sua cipolla...sfoglia, spuma di grana padano, carpione gelato di cipolle di Tropea, salsa di cipolle di Tropea. 

Poi Tutto ci passa attraverso e ci cambia: crema di cozze, pomodoro confit, aria di limone, erbe aromatiche, pane croccante e tartare di fungo. Il tutto servito in una via di mezzo tra un bidone del pattume e un pentolino ispirato al poeta e performer belga Marcel Broodthaers.

E poi Vi rode il fegato: fegato di fassona con salsa bordolese, cipolle fritte, noci tostate, estrazione di mela e riduzione di mela alla curcuma. Suo primo piatto sui 7 vizi capitali: l’invidia. Un gran piatto, non c'è che dire.

E ancora El Bretagnì del venerdè, il baccalà del venerdì. Baccalà fritto, cipolla, crema di baccalà e pepe di timut. Ricordo di bambino. Quando si portava a casa il baccalà dal mercato con cipolle sott’aceto. 

L'agnello nella bocca del lupo (agnello brasato, marinato nella melissa, anche detta "bocca di lupo", e servito con radice amara di soncino, spinaci in foglia e purè di patate arrosto)

L'agnello nella bocca del lupo (agnello brasato, marinato nella melissa, anche detta "bocca di lupo", e servito con radice amara di soncino, spinaci in foglia e purè di patate arrosto)

Segue Divina: pasta al mosto, incenso, noci e mandorle. Nata per gioco in cantina Divella. È l’incontro di Div-ella e D-ina. Qui, per esempio...talmente divisiva che non ci ha convinto per nulla. Ma questo conta forse poco.

E poi ancora Casoncelli, Agnello (nella bocca del lupo...cioè marinato nella melissa...), poi un altro piatto da pugni nello stomaco: Risotto? Ma non doveva essere pane, burro e marmellata?!?!. Risotto al rosmarino, riduzione d’arancia e pinoli al burro. Amaro, balsamico, acido. «Come sono io», dice lo chef.

E due dolci "al contrario", inaspettati e discutibilmente...buoni. Ma che cavolo: spuma di cavolfiore e vaniglia, crumble alla nocciola, gelato al wasabi, bergamotto. E C’è qualcosa che non Quaglia: quaglia al miele, crumble al whiskey e cacao, crema di pinoli, mou e caramello alla salvia, gelèe al whiskey. Accompagnato da un brodo dolce di quaglia e spezie. E infine Granita di mandorle.

C'è qualcosa che non...quaglia! (quaglia al miele, crumble al cacao e whiskey, crema di pinoli, caramello e mou alla salvia e gelèe al whiskey accompagnato da un brodo di quaglia e spezie)

C'è qualcosa che non...quaglia! (quaglia al miele, crumble al cacao e whiskey, crema di pinoli, caramello e mou alla salvia e gelèe al whiskey accompagnato da un brodo di quaglia e spezie)

Che dire? Siamo abbastanza senza parole, dopo tante sollecitazioni. Ci è piaciuto, non ci è piaciuto, difficile fare la somma di tanti addendi, tante parole, tanti pensieri. È come se la musica dovesse spegnersi, per tirare fuori le singole armonie che sono state mescolate insieme.

A volte è come se la voglia di nuovo corresse più velocemente della possibilità di realizzarlo con la pienezza che necessita. Sicuramente c'è del buono. Sicuramente c'è del bello. Sicuramente ci sono idee.

Risotto? Ma non doveva essere pane, burro e marmellata? 

Risotto? Ma non doveva essere pane, burro e marmellata? 

Sicuramente c'è da mettere a posto un servizio che scricchiola, nonostante la buona volontà. Andate. Fatevi la vostra idea.

Chissà cosa avrebbe detto Nonna Dina. Diverso è diverso. Divisivo è divisivo. Di una cosa siamo sicuri. Gipponi e Dina non finiranno tra i tanti chef e i tanti ristoranti che lasciano banalmente indifferenti. Noi torneremo. A fare il menù "al contrario". Molto presto.

Dina
Via Santa Croce 1
25064 Gussago (Brescia)
Telefono: +39.030.2523051
Chiusura: l'intera domenica, dal lunedì a sabato aperto solo a cena
Prezzi medi: antipasti 18 euro, primi 20 e secondi 24
Menù degustazione: due, 55 e 63 euro


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Fulvio Marcello Zendrini

Triestino, partito dall'agenzia di pubblicità Armando Testa, ha ricoperto ruoli di vertice nei settori della comunicazione di aziende come Michelin, Honda, Telecom Italia. Oggi è consulente di comunicazione e marketing aziendale e politico, per clienti quali Autogrill, Thevision.com. Tiene lezioni all'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e a quella di Genova. È docente presso Niko Romito Formazione, Intrecci Scuola di Sala e In-Cibum. Presidente dell'Associazione "Le cose cambiano", che lotta contro il bullismo omofobico

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