Ne sono passate di copertine, video, shooting, premi, viaggi, trasvolate, set, dalla prima comparsa di Isabella Potì e Floriano Pellegrino sulla scena di Identità Golose. Correva l’anno 2016, i due cuochi al comando di Bros avevano già fatto irruzione sul palcoscenico della gastronomia italiana con piatti ruggenti. Per la prima volta nella storia di Lecce, fra le brume barocche fumava l’azoto liquido dell’Uovo fucking cold. Ma malgrado l’esordio coltello fra i denti, a Floriano e Isa su quel palco tremavano le gambe. Lui, verboso alla faccia dell’emozione. Lei, un passo indietro, bella, quasi silente, e ventunenne.
È un’altra ragazza quella che ha preso posto di fronte alla platea di Identità formaggio firmando praticamente l’ultima lezione del congresso VentiVentuno. A 26 anni Isabella Potì è donna fatta. Piglio sicuro. Loquace senza debordare. La voce ferma quanto i gesti al pass. Le idee chiare: “Se sai quello che vuoi, a destinazione ci arrivi più rapidamente”. E non c’è dubbio che la velocità sia il ritmo consustanziale ai Bros.

La Pera 'ncirata di Isabella Potì
Ma sono ragazzi che corrono a occhi aperti. Acchiappando tutto. Anche il passato. Afferrando al volo intuizioni come quella che li ha spinti a indagare sul rancido, che suona abbastanza strano da fare al caso loro ma non a sproposito. “È un gusto che fa parte del nostro background gustativo – spiega – noi siamo la terra della ricotta
scante, della ricotta forte”. E comunque non ci sarebbe bisogno di andare a scandagliare motivazioni nelle viscere del Salento visto che l’acido butirrico da cui si genera questa particolare deriva del gusto, si trova nel latte materno, in quello dei ruminanti e dunque nel formaggio sic et simpliciter. Parmigiano incluso.
Da queste premesse nasce la
Pera ‘ncirata by Bros, eseguita per mano di Sista. “Pera ‘ncirata sì, come un formaggio lasciato a stagionare che piano piano si ricopre di una crosta sottile simile a una cera. Le piccole pere
Coscia, una varietà locale che adoperiamo per fare questo piatto, vengono passate nella calce e nell’acqua, proprio come si fa con le olive, un metodo di conservazione domestico che sa tirare fuori dalle olive tutta la loro dolcezza. Non solo, la patina esterna che ammanta il frutto ci permette di cuocere la pera senza danneggiarla. E senza che diventi la classica pera cotta”. Al termine del processo però, la pera viene cotta davvero, ma in uno sciroppo, per almeno due ore: “Resta così rigida all’esterno e morbida all’interno. Dentro la pera viene iniettata con una sac à poche una spuma al formaggio fatta con un erborinato e infine laccata con un burro di cacao al parmigiano reggiano”.

Isabella con Fabrizio Nonis, moderatore dell'intervento
Il tocco che completa il piatto è un tocco di quello che sembra cacio ma non è. Si tratta in realtà di una scaglia di cioccolato bianco
Callebaut, di origini belga
cent pour cent come il maitre chocolatier a cui si deve la ricetta,
Octaaf Callebaut appunto. Insomma, formaggio e pera, bontà proverbiale.