L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Nella prima frase dell’art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana, l’Assemblea Costituente ha riassunto l’architrave di un Paese. Il lavoro è fatica. Ma c’è un caso, non unico ma sostanziale, in cui il lavoro addolcisce, anche se solo per qualche minuto, la vita degli altri. È quello del pasticciere che, come da tradizione, è stato celebrato a Identità Milano da Dossier Dessert, appuntamento realizzato in collaborazione con Valrhona. Ma i confini tra dolce e salato non sono demarcati da trincee invalicabili. E mai come in questo periodo di pandemia i mondi della cucina e della pasticceria si sono contaminati e il dialogo tra chef e pastry chef è diventato un perfetto pas de deux.
Non hanno avuto bisogno di allenamento per danzare all’unisono i fratelli
Cerea –
Barbara, Rossella e
Francesco con
Bobo e Chicco – e
Simone Finazzi, il pastry chef (e marito di
Barbara,
ndr) che oggi dirige il laboratorio operativo da cui partono tutte le produzioni per la pasticceria
Cavour 1880, locale storico d’Italia a Bergamo Alta, per i ristoranti e il catering di una famiglia che dal 1966 è un caposaldo della ristorazione italiana e un modello nel mondo. E non sono solo le 7 stelle (tre in Italia al
Da Vittorio di Brusaporto, 2 a Saint Moritz e 2 a
Shangai) a dimostrarlo, ma un’azienda in cui il lavoro, la sua organizzazione e la condivisione è motore di crescita.
«Fra poco apriremo a Shangai il secondo ristorante all’interno di un museo e anche un laboratorio di lievitati», racconta
Roberto “Bobo” Cerea, il quartogenito di papà
Vittorio (scomparso nel 2005) e mamma
Bruna. Con la famiglia, governa 180 dipendenti di cui la maggioranza sono impegnati nel catering. «La pandemia ci ha fatto toccare con mano l’importanza del condividere. Il fine ultimo è il prodotto, ma durante la giornata la condivisione è fondamentale», gli fa eco
Finazzi che, in laboratorio, coordina il lavoro di 20 pasticcieri, «30 in periodo di produzione di panettoni». Fatica? Certo. Ma anche qualcos’altro «Mi ritengo un fortunato perché non lavoro soltanto per sostentarmi: per me la pasticceria è un divertimento».
Divertimento, appunto, da condividere. Anche in tavola. Dove i dolci mignon dei
Cerea arrivano, da un po’ di tempo, in una comoda scatola con separatore e vassoietto estraibile. «Abbiamo pensato a un nuovo modo di gestire la pasticceria, sia a livello di prodotto sia di logistica e trasporto», spiega
Finazzi presentando le nuove scatole da 10 e 25 mignon da riempire con «grandi classici e qualcosa di innovativo». Tra i classici rivisitati c’è il
tiramisù, oggetto della lezione, così composto: crema pasticcera al tiramisù preparata con un’infusione a freddo di latte e grue di cacao tostati e chicchi di caffè tostati e schiacciati, dressata in uno stampo, chiusa con il suo cake, ricoperta con una glassa croccante e finita con un elemento decorativo in cioccolato.

Una delle nuove scatole dei Cerea per i dolci mignon
La nuova scatola è un elemento di packaging che fa il paio con la replicazione del metodo, affinata in pasticceria anche grazie alla collaborazione con
Esselunga. «Lavorare con un laboratorio basato sulla standardizzazione dei processi - argomenta
Finazzi - ci ha dato lo spunto per replicare i virtuosismi perché standardizzare non è sempre deleterio quando il fine è il servizio al cliente». Lo stesso vale per l’impiego di macchinari che «nulla toglie nulla all’estro del pasticceria. Una macchina che gestisce la camicia e il ripieno di una pralina garantendo nel tempo la cremosità, per esempio, non leva niente all’artigianalità». E nemmeno al lavoro, tema cui è stato dedicato
Identità Milano 2021.
«Adesso che tutte le attività sono ripartite a mille siamo un po’ sottopressione - confessa Bobo Cerea - Come imprenditori la ruggine l’abbiamo spolverata via in poche settimane, ma non possiamo dire lo stesso per chi lavora con noi. Alcuni hanno riscoperto un’altra qualità della vita e hanno abbandonato. Purtroppo, o per fortuna, i sussidi erogati come cassa integrazione e reddito di cittadinanza hanno fatto la differenza, e ci sono dei casi in cui i lavoratori li sommano a pagamenti in nero. Per questo bisognerebbe raddoppiare le squadre e noi stiamo pensando di aumentare il personale».
Altra cosa che dovrebbe cambiare è l’abitudine di consumo del dolce. «Purtroppo l’italiano è abituato a consumare il dolce quando c’è qualcosa da festeggiare. Il dolce è edonistico, un momento di condivisione. Però non è detto debba essere consumato soltanto per un festeggiamento», dice
Finazzi. Coerentemente all’auspicio del cambio delle abitudini, il pasticciere ha destagionalizzato un grande lievitato come il panettone proponendo la
Gioconda estiva, in omaggio a mamma
Bruna Cerea: albicocche, pesche e Moscato di Scanzo.
Difficile, però, seguendo quello che sta accadendo nel mondo della pasticceria, rendere “salutistico” un grande lievitato. «Questi prodotti devono la loro struttura al burro. Si può agire sulla lievitazione cercando di far scindere le catene proteine lunghe in zuccheri semplici. Noi stiamo facendo dei test sostituendo il burro con l’olio d’oliva, ma il prodotto cambia. Io piuttosto ne mangio poco, ma lo mangio buono. La verità è che il mondo della pasticceria e quello del wellness fanno a cazzotti».

Simone Finazzi e Bobo Cerea con Gabriele Zanatta, che ha presentato la loro lezione a Identità Milano 2021