«Mi sono reso conto che fino allo scorso anno i miei piatti erano semplicemente buoni. Ora io sto cercando invece di proporre piatti buooooooooooni, cioè di allungarne la persistenza palatale». Davide Guidara ha messo un cartello, nella cucina del suo I Tenerumi del Therasia Resort, isola di Vulcano, Sicilia. Recita, questo cartello: “Strutture più complesse”, detto (anzi, scritto) da uno chef che ha imposto come proprio trade mark la complessità delle lavorazioni e delle nuances aromatiche, l’elaborazione tecnica che potenzia l’intensità del sapore e modifica la consistenza del prodotto per moltiplicarne la sorpresa al morso e all’analisi delle papille gustative. Sarà insomma un grande menu 2025, quello che dal prossimo 24 aprile, alla riapertura, si assaggerà al I Tenerumi. Ne abbiamo avuto una straordinaria anticipazione a Identità Golose Milano, il nostro hub internazionale della gastronomia che ha visto proprio Guidara come protagonista qualche giorno fa. Lui ci ha portato un estratto dei suoi piatti inediti.

In prima fila al centro, Davide Guidara e il suo braccio destro Onofrio Pagnotto, ospiti a Identità Golose Milano
Il cui senso è il seguente, lo abbiamo già anticipato: «Come tu ben sai, noi andiamo sempre a lavorare sulle singole proposte, per un continuo miglioramento. Prendiamo la versione 2023 e la miglioriamo nel 2024, quella del 2024 vogliamo renderla ancora più efficace quest’anno, e così via, centimetro dopo centimetro», ma a questi livelli forse è più giusto ragionare di millimetri.
Guidara è tenace e esigente in primis con sé stesso: «Io faccio sempre autocritica. Non mi accontento e metto in discussione i risultati che ho raggiunto. Ecco: mi sono reso conto che i miei piatti erano buoni, me lo dico da solo. Però erano “solo” buoni. Adesso io sto cercando di proporre piatti buooooooooooni, ossia di allungare la loro persistenza palatale». Può sembrare un concetto astruso, ma è l’essenza dell’altissima cucina: riuscire a stimolare le papille al primo impatto, quando il boccone arriva in bocca, il gusto si sprigiona, la masticazione rivela le consistenze, il cervello elabora l’esplosione del sapore e poi, se l’assaggio è veramente di gran livello, il susseguirsi di aromi secondari in rapida successione, ossia la complessità. Poi però, una volta deglutito, cosa rimane? Se rimane nulla, è un problema. Se rimane poco, oppure rimane un solo accento predominante tra i tanti, è un problema minore. Se la bocca resta invece avviluppata in una trama aromatica, e questa a sua volta “vive” di ulteriori sfumature, ecco, in questo caso davvero si può parlare di eccellenza assoluta.

Pomodoro: "Insalata di pomodoro"
È quella che
Guidara, ambizioso, persegue. Ed è quella che abbiamo ritrovato in alcune proposte che ci ha servito a
Identità Golose Milano. In
Pomodoro, ad esempio: doppia declinazione, ossia due atti con "Insalata di pomodoro" (panna cotta al basilico, agretto di pomodoro, semi di pomodoro e scalogno alla soia) che è risultata fresca, estiva, golosa, suadente, un po’ ruffiana; e poi con "Datterino" (datterino cotto nella calce, salsa di datterino con acido lattico), ugualmente ruffiano (in senso buono. Dove c’è umami, un po’ di ruffianeria alligna sempre) ma strepitoso nei propri saliscendi, un boccone richiama la griglia, l’altro la pummarola, «aggiungo acido lattico, quindi cambio il tipo di acidità al pomodoro, innesto insomma una lunghezza diversa».
Altri due grandissimi assaggi, per piatti che lo chef si porta dietro da anni. Ma l’esito ci dice che sono stati completamente rivisti.
Cardoncello e paprika è probabilmente il suo signature, ma chi scrive non l'aveva mai gustato così bene, diremmo che ha raggiunto una propria perfezione. «Dietro c'è un ragionamento. Prima era semplicemente il cardoncello, con tutti i procedimenti tecnici, poi era grigliato e servito al tavolo». Ora c’è una diversa pienezza… «Consistenza, acidità, aromaticità... Pienezza di gusto, appunto», con complessità e masticabilità, e ovviamente fondenza. Come è stato possibile? «Ti dico cosa abbiamo fatto. Abbiamo aggiunto una pasta di cardoncelli ossidati. Perché? Voglio dare che una sensazione di sottobosco, di fungo, rimanga al palato. Cerco di rafforzare quelle che sono le profondità di ogni singolo ingrediente. Mentre prima puntavo a rendere l’essenza nell’immediatezza, ora cerco anche – ossia in rapida successione - la sua lunghezza particolare, penso anche all'olio all'alloro in
Lenticchia pepe e alloro» (ci torneremo,
ndr).
Altra sorpresa:
Limone (namelaka al limone, spumone al limone, composta di limone e meringa). Io non sono mai stato un fan dei dessert di
Guidara, spesso due gradini sotto il resto. Questa versione di
Limone, assaggiato in passato ma in diversa “annata”, rappresenta un salto di qualità, è completo, concluso, anche se lo chef rivela che è già un passo avanti, c’è un ulteriore avanzamento che andrà assaporato a Vulcano, «lo serviremo in una maniera più “drastica”: due dischi di sottili meringhe al limone, lo spumone, la composta, la namelaka e cinque pezzetti di limone in mezzo, come fosse un macaron. Un dolce più piccolo, più freddo, più esplosivo, più acido, più dritto».
Infine, due piatti nuovi, già buonissimi, con margini di miglioramento.
Zucchina e sommacco (zucchina secca reidratata in salamoia di zucchina, glassa di sommacco e pasta alla scapece) è un antipasto raffinato ed elegante, che gioca sulla delicatezza, ma che potrebbe trovare maggior personalità, va un po’ via, nonostante la diversa consistenza della zucchina – morbida nella propria polpa condensata e invece d’un turgore particolare esternamente, come fosse buccia di un pomodoro secco sott’olio – ne esalti il cambiamento di struttura, e quindi per rimbalzo la concentrazione d’essenza aromatica. Poi c’è stata
Lenticchia pepe e alloro (lenticchia cotta in fondo vegetale, salsa al pepe e olio all’alloro), caso di scuola: al pass sono giunte 10 richieste di bis (applausi!), perché è piatto di acclarata bontà. Eppure
Guidara – e noi con lui – non ne è ancora del tutto soddisfatto, pensa di introdurvi piccole modifiche aromatiche (come l’utilizzo di più pepi che regalino anche note agrumate, affumicate…) o addirittura nuovi apporti sostanziali («Che ne pensi se pongo alla base una composta di mele per dare acidità, freschezza, oltre a note citriche?». C'è da provare).
Com’è, come non è, siamo di fronte a un campione.