08-10-2013

Lightner e Cracco, i colori del riso

Prima della parmigiana di Viviana Varese, i profumati e colorati chicchi di due barbuti chef

La domenica di Identità New York, da sinistra ver

La domenica di Identità New York, da sinistra verso destra: la sommelier Alessandra Rotondi e gli chef Matthew Lightner e Carlo Cracco

Domenica due lezioni, come i giorni precedenti del resto, per Identità New York alla Scuola di Eataly: Carlo Cracco e Matthew Lightner hanno parlato di riso, Viviana Varese e Jeremy Bearman di formaggio, in particolare ricotta e Grana Padano.

A me piacciono queste lezioni a due teste perché hai modo di vedere che non esistono verità assolute, certezze che lascio a chi non è mai sfiorato dal dubbio. Lightner è titolare a Manhattan di Atera, due stelle Michelin, un ristorante che non credo abbia uguali in Italia. A differenza del 99 per cento dei locali della stessa New York, non esiste altro se non un unico menù degustazione (a 195 dollari, più vino, facoltativo, tasse, servizio e mancia, obbligatorie). Questo non lo rende però quasi unico (succede ad esempio anche al sommo Eleven Madison Park di Daniel Humm), l’unicità arriva dal numero dei coperti, irrisorio per questa metropoli: 18, per un totale di 36. Aperto solo a cena (e solo da martedì a sabato), prevede un primo turno alle sei e un secondo alle 21.30. Non puoi? Desolati, ma è così. Ed è pure insolito per Manhattan perché gli orari coprono un doppio arco di tempo impensabile da noi: in genere dalle 11.30 alle 16 e dalle 17.30 a quando nessuno di presenta più.

Matthew, simpatico con Cracco (“mi vergogno a parlare di riso vicino a lui”), ha perorato la causa del Carolina Gold Rice, molto profumato e piacevole al palato, preparato con il brodo ricavato dall’infusione delle lunghe foglie di un altro riso aromatico, il tailandese Pandan, nel caso in questione coltivato però alle isole Hawaii. A completare la bontà aglio e king crab. Un vezzo i petali del crisantemo bianco. Mai mangiato un riso in bianco migliore.

Cracco ha stupito con due preparazioni totalmente inattese, nuove per la platea: prima Spaghetti alla chitarra con impasto di riso, bolliti e conditi con caviale Calvisius, l’oscietra e il transmontano. Tutti a domandarsi cosa mai fosse quell’attrezzo fitto di corde metalliche sottilissime, una mandolina grande come mai ne avevo vista una. Portata dall’Italia? No, presa in prestito dagli scaffali di Eataly. A seguire il ricordo del Riso al latte: “Vengo dal Veneto, da ragazzo era spesso la cena perché tamponava la fame”. Quaranta grammi di riso per un litro di panna: “In famiglia si usava il latte perché la panna costava troppo. Però va pure detto che quarant’anni fa c’era un solo latte ed era molto ricco”.

Cracco ha poi insaporito e colorato la crema con l’aggiunta di barbabietola nel frullatore. E mentre i collaboratori, Luca Sacchi in primis, finivano il piatto perché fosse servito, Carlo passava alla dimostrazione del risotto allo zafferano. C’è sempre una magia nei gesti di chi prepara questo piatto.

E nel pomeriggio ecco Viviana Varese e Jeremy Bearman, al quale dedicherò un pezzo tutto suo per una visione della cucina di qualità che ha ben poco da condividere con gli altri stellati del globo. Viene spontaneo pensare a Pietro Leemann e al Joia di Milano, ma il Rouge Tomate non è un indirizzo vegetariano anche se in diversi lo credono perché sentono parlare di salute in tavola.

Con il formaggio al centro della scena, la Varese ha proposto la sua parmigiana contemporanea, scomposta nella forma, melanzane spadellate con attenzione, salsa di basilico, pomodori sbucciati, tagliati a quadretti e impilati a formare un cubo rosso e accattivante esattamente come la granita di Grana Padano versata sopra un po’ come fosse neve sparata dai cannoni sulle piste da sci. Il bello del piatto nel palato. Lì i sapori si fondono in un tutt’uno come per la classica – e sovente pesante – parmigiana. Ma con Viviana tanta eleganza in più.


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Paolo Marchi

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Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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