Qualcuno cantava che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista. Chissà se vale anche per un festival del vino. Ora che ci avviciniamo all'apertura della seconda edizione del Milano Food&Wine Festival, le aspettative vorrebbero stapparsi da sole. Detto nella lingua di chi fa bilanci e previsioni, il MFWF potrebbe essere considerato uno spin-off del Merano Wine Festival. Vero sulla carta, ma se si approfondisce la genesi di questo appuntamento si capisce che una simile definizione non la racconta tutta sulla portata culturale e di gusto che ci attende dal 9 al 11 febbraio.
Helmut Köcher, ideatore del
Merano e coautore di questo evento con
Paolo Marchi, fondatore di
Identità Golose, lo ha detto chiaramente. "Ho sempre promosso il consumo di vino abbinato al cibo di eccellenza. L'incontro con
Marchi è il coronamento di questo mio desiderio. Un parterre di cantine e di chef d'eccellenza, per proporre il massimo a chi partecipa". Il pubblico milanese è sicuramente meno istruito sul vino di quello che frequenta il
Merano Wine Festival. Tuttavia, la curiosità di conoscere cantine in cui la qualità non ammette compromessi e piatti con cui compromettersi totalmente, sarà il motore che muoverà questa tre giorni, non a caso parzialmente sovrapposta al congresso di
Identità Milano.
300 etichette, 100 produttori nostrani e una decina stranieri; tra questi una tenuta georgiana, paese a cui si deve la nascita del vino, datata circa 6mila anni fa. Ogni cantina è stata selezionata secondo un semplice criterio di qualità. Quello per cui almeno 2 dei 4 vini che porterà siano sopra gli 86 punti. Base qualitativa inattaccabile e un obiettivo culturale che salta dai calici ai piatti: fornire le categorie per scegliere un vino e il suo abbinamento senza essere categorici. La coppia vino-cibo deve convolare a nozze, deve equilibrarsi e sostenersi. Le parole di
Kocher sono ancora le migliori testimoni di questa cerimonia. "Meglio che una
Schiava non stia troppo vicina a una tagliata di bue, allo stesso tempo un certo pinot nero non deve aver timore di fare il filo a un branzino al forno".
Tra le cantine che hanno già aderito ci sono nomi di assoluto valore insieme a produttori che saranno sconosciuti ancora per poco.
Marco Bianco dal Piemonte,
Allegrini e
Col del Sas dal Veneto,
Villa Job dal Friuli Venezia Giulia,
Le Marchesine dalla Lombardia,
Lunae Bosoni dalla Liguria,
Castelfeder dall'Alto Adige,
Medici Ermete dall'Emilia Romagna,
Tenuta di Serrapetrona dalle Marche,
Ulisse dall'Abruzzo,
Giardini Arimei e
Joaquin dalla Campania.
Sul fronte cucina, tra i 20 chef invitati (
ne abbiamo parlato già qui), ci sono punti più che saldi e altri che promettono scintille. La regia affidata ai fratelli
Cerea è come avere
Spielberg ai fornelli: qualità assoluta e colpi di scena garantiti. Menzione d'onore per il loro carrello dei dolci che sarà presente tutti e tre i giorni. Quanto ci piacerebbe infilarci l'euro come al supermercato e portarcelo a casa. La prima giornata si aprirà con l'estro di
Luigi Sartini (
Taverna Righi, San Marino) per chiudersi con due istrioni del calibro di
Luciano Monosilio e
Alessandro Pipero in veste di carbonari patentati.
La seconda giornata verrà presa d'assalto dall'esercito di "piccoli piatti", rubitt per dirlo alla milanese, ideati da grandi chef come
Viviana Varese (
Alice, Milano) ed
Eugenio Boer (
Enocratia, Milano). La giornata di lunedì avrà tutto il gusto che solo la triade
Barbaglini (
Antica Osteria del Ponte, Cassinetta di Lugagnano),
Milone (
Trattoria Zappatori, Pinerolo) e
Costardi bros (
Hotel Cinzia, Vercelli) sa dare. Sentori di eccellenza invaderano i padiglioni del
MiCo, non farne esperienza sarebbe un peccato.