05-03-2017

Quel MaxCalzone di Max Alajmo

Lo chef applica ricerca e genio sulla pizza: ne scaturiscono tre "invenzioni" (brevettate) che faranno tanta strada...

Massimiliano Alajmo presentato da Carlo Passera su

Massimiliano Alajmo presentato da Carlo Passera sul palco di Identità Milano 2017 (foto Brambilla-Serrani)

Massimiliano Alajmo non parte. Lui, un maestro, in viaggio ci manda Margherita (e pazienza per chi non ha letto Bulgakov). Intesa, naturalmente, come la pizza per antonomasia. Lo chef de Le Calandre di Rubano ci lavora da anni a questo nuovo format di pizza, cotta al vapore per ottenere una maggiore leggerezza, una più agile digeribilità, un matrimonio ancora più d’amore con gli ingredienti.

Codesto viaggio è incominciato nel 2013, proprio sul palco di Identità Golose, quando Alajmo – uno che ama parlare di in-gredienti e ha sempre l’ossessione di esplorare il modo in cui l’atto del mangiare agisce su tutti e cinque in nostri sensi – lo rese pubblico.

E quattro anni dopo ecco giunto il momento di fare il punto della situazione, ora che Alajmo ha brevettato questa preparazione e oggi che ha aperto Amo a Venezia, un locale in cui propone il suo modo di concepire uno dei piatti più semplici epperciò inevitabilmente più complicati della cucina italiana.

Prima di tutto: che cos’è la pizza al vapore? E’ una pizza con pochissimo lievito, ma che “cresce” in un forno a vapore grazie alla forza dell’acqua, che dona consistenza, vaporosità, leggerezza, digeribilità mediante la gelatinizzazione degli amidi.

Paolo Marchi ascolta l'intervento in piacevole compagnia

Paolo Marchi ascolta l'intervento in piacevole compagnia

Ora Alajmo è arrivato a questo fermo immagine, che comunque dopodomani già non vale più: due tipi di calzone, il MaxCalzone e il MaxCalzino, quest’ultimo ripiegato in due, nei quali la pasta è lavorata con vari polveri aromatiche, poi aperta come una tasca, condita con un olio o un altro grasso per meglio veicolare le cariche aromatiche e poi arricchita con vari ingredienti alta qualità (nel caso di quello ripiegato, siccome du’ gusti s meglio che uan, si può fare la doppietta).

Ecco poi il Centopezze, che mima la rugosità della trippa: quattro strati di impasti con altrettanti elementi aromatici che danno sapori e colori differenti in una sorta di pizza-sfoglia stirata per lungo e per largo. Due modi per rompere la monotonia sia visiva sia masticabile. Due tappe di un viaggio ancora lungi dal concludersi. 


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Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola

a cura di

Andrea Cuomo

Romano ma ora a Milano, sommelier, è inviato del quotidiano Il Giornale. Racconta da anni i sapori che incontra

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