Pelle bruciata dal sole, spalle curve, sguardo concentrato e mani nodose che aprono senza sosta ricci di mare, cozze pelose, cannolicchi e ostriche di Manfredonia. Onofrio Schingaro, padre di Domenico Schingaro da pochissimo executive chef a Borgo Egnazia, lavora al molo di San Nicola conosciuto da tutti a Bari come il N derr a la lanz. «Si può dire che sono qui da 65 anni, mio nonno era pescatore e mi ci ha portato quando avevo 5 anni, e qui sono rimasto» dice sorridendo Onofrio.
Una decina di anni fa il Comune ha fatto un restyling costruendo dei banchi di pietra che sono troppo alti, a detta dei pescatori, che non li utilizzano mai perché non verrebbero visti dai loro potenziali clienti. I pescatori si sono quindi spostati più verso la strada con sedia, banchetto e ombrellone, nei giorni feriali una decina di “postazioni”, la domenica di ombrelloni se ne possono contare anche cinquanta.
Da sempre posto frequentatissimo e amato dai baresi alla ricerca di pesce fresco e di ricci da mangiare sul posto, N derr a la lanz è a pochi passi da Bari Vecchia, dal Teatro Petruzzelli e dalla maestosa basilica di San Nicola.

37 anni in cooperativa, oggi
Onofrio è in pensione, ha venduto l’ultima barca ma continua a venire al porto. I frutti di mare sono una vera e propria istituzione a Bari, soprattutto per il pranzo della domenica, dove non possono mancare allievi, polpi, ostriche, noci, cozze nere, cozze pelose, ricci, taratuffo.
«Già se si va a pochi kilometri da Bari, non si mangia il pesce crudo – continua
Onofrio – per decenni sono uscito in mare con la barca a remi, sveglia alle 4, subito al porto e poi fuori in mare. Alle 9 si ritornava al porto con il pesce fresco, tutta la mattina la si passava a pulire il pesce e poi a casa verso le 2. Ho sempre pescato con asta e specchio».
La “cannuga” è una tecnica di pesca, ormai poco praticata perché faticosissima, che prevede un contenitore cilindrico con un vetro sul fondo e viene utilizzato come una grande maschera subacquea per scrutare il fondo marino. La Puglia è sempre stata società di scambi mercantili finalizzata al commercio dei prodotti locali più che alla pesca. A Bari è molto praticata la pesca a bordo di piccole barche, è la prima città ancora oggi per barche a remi, la prima per motobarche e l’ultima per motopescherecci.
Negli anni 80-90, la cooperativa di pescatori alla quale è iscritto
Onofrio contava circa 400 pescatori, oggi poco più di 50 – un mestiere in via d’estinzione, ormai intrapreso da pochissimi perché poco redditizio e faticoso.
«Si è sempre lavorato bene con il pesce crudo qui a Bari – solo nel 1973 c’è stato uno stop di qualche mese per il colera - in Italia, l’ultima importante epidemia di colera risale al 1973 in Campania e Puglia – poi abbiamo sempre venduto tantissimo: il boom negli anni 90, c’erano centinaia di pescatori e qui al porto c’erano lunghe panche di legno, dove mettevamo il pesce appena pescato».
«Era bellissimo, ora siamo in pochissimi, ma io ho i miei clienti affezionati che servo da oltre quarant’anni». Nessuna nostalgia nelle parole di
Onofrio, consapevole di aver dedicato una vita intera al lavoro e al mare, alla soglia dei settanta, non potrebbe ancora oggi farne a meno.