Sesta edizione da questa mattina, domenica 31 gennaio - e fino a martedì 2 febbraio -, di Identità Golose, congresso di cucina e pasticceria d’autore al centro congressi di via Gattamelata a Milano. Edizione numero 6, ma è come se si fosse di nuovo alla prima, quando i relatori furono 18 appena contro gli attuali 53. Sta cambiando il mondo a tavola e gli chef, ovunque, devono avere idee e orizzonti nuovi. Un po’ sulla spinta della crisi economica - è più difficile rinunciare a una suoneria che a un risotto con i fiocchi - e un po’ perché c’è una reale richiesta di una qualità diversa, basata più sulla materia prima che sulla spettacolarizzazione delle tecniche e l’ostentazione del lusso tutto oro.
L’alternativa oggi è tra carota e caviale, pane e brioche, diaframma e foie gras, tra due diverse ricchezze. Con un imperativo: non si tratta di stabilire se è «meglio vivere da ricchi o sopravvivere da poveri». Bisogna invece domandarsi «cosa ci appaga di più? Come spendere bene i nostri soldi?», e allora, pensandoci con attenzione, alla fine si concluderà che la gioia di un pasto nasce da un ortaggio di primordiale qualità e anima, da un pane che sarà ancora buono tre giorni dopo, da una carne viva, che fa sangue e genera forza, da un olio che è “nato sulla pianta”, da una pasta che possiamo tornare a gustare in bianco perché ha sapore in sé...
Il nuovo splendore è scandito da oggetti diversi. Nella vetrina del meglio entrano gioielli che fino a ieri consideravamo poveri: una signora carota, un signor pomodoro, un formaggio diverso da forma a forma, un vino vero… per produrre i quali bisogna riconoscere a ogni momento della filiera dignità e un giusto guadagno. Identità Golose 2010, proponendo come tema il Lusso della Semplicità, da intendersi come essenzialità, un lusso che va oltre la ricetta e pone attenzione alla produzione, alla salute e all’ambiente, al rispetto sociale fino a una profonda conoscenza della nostra storia, liberandola da quelle tradizioni dettate dalla povertà. Dobbiamo poter scegliere. Mangiare povero perché poveri (a volte di testa) è un condanna, non un piacere.
Non si tratta però di camminare all’indietro, ma di andare nel futuro inventando ma pure recuperando il meglio del passato e rielaborandolo con le tecniche più attuali. In fondo avviene in tanti altri campi, vedere il design e la moda. Nessuno rinuncerebbe in nome dell’Ottocento al telefonino, al servosterzo e all’aria condizionata, alle lenti a contatto, all’IPod, a internet… Cuochi, ristoratori, pasticcieri, artigiani, giornalisti, amministratori devono però sforzarsi di fare sistema, di difendere le eccellenze e dare loro valore, di impegnarsi a spiegare perché la ristorazione di alta qualità, nonostante stia liberandosi di quegli orpelli che fanno reggia di Versailles, conserva costi elevati e imperativi particolari.
La semplicità che la cucina sta cercando, ha alle spalle una incredibile complessità strutturale, produttiva e culturale. Nuovo lusso e nuovi piaceri, ma anche nuove teste perché quando Salvatore Tassa, ad Acuto in Ciociaria, ti porta a tavola un piatto di verdure cotte, per capire che saranno le migliori della tua vita devi gustarle, ma quanti si sentirebbero presi in giro a sentire parlare di lusso davanti a una carota?
A Milano, con Emilia Romagna Regione ospite e la Slovenia Paese ospite, si ritroveranno Alajmo, Bottura e Cedroni; Ducasse, Leung e Patterson; Cannavacciuolo, Assenza e De La Osa; Petrini, Gares e Oldani; Corelli, Kavcic e Caputo; Crippa, Scarello e Berton; Pol, Esposito e Cuttaia; Uliassi, Romito e Tassa; Alija, Bettini e tutti coloro che sono mossi dalla voglia di confrontarsi, insegnare e imparare. La stessa pausa di due anni, 2012 e 2013, che Ferran Adrià si concederà per uscire da un mondo e crearsene uno nuovo, è un invito per tutti a pensare in grande.