26-03-2019

Le donne sanno osare, ce lo insegna Madame Clicquot

La Grande Dame di Veuve Clicquot incontra la cucina di Probst, Piccini e Giordano

Giornata conclusiva con La Grande Dame di Veuve Cl

Giornata conclusiva con La Grande Dame di Veuve Clicquot a Identità di Champagne (foto Brambilla/Serrani)

Una delle più grandi rivoluzionarie della storia, almeno per quanto riguarda il mondo del vino, è stata sicuramente Madame Clicquot. Lei, in un’epoca fondamentalmente maschilista, dove una donna non aveva nemmeno il diritto di firmare un documento, è riuscita a farsi valere, osado. Così Veuve Clicquot, la celebre maison di champagne, è diventata nel tempo la realtà che, ora, tutti conoscono nel mondo. Tanto fece, che le diedero l’appellativo di Grande Dame quando era ancora in vita.

Proprio in suo onore, La Grande Dame è lo champagne, o meglio la Première Cuvée, che dal 1962 rappresenta il prodotto di punta dell’azienda. Un vino che è stato per certi versi rivoluzionato dallo chef de cave Dominique Demarville, che ha portato la percentuale del Pinot Noir dal 60 al 92%.

Saper osare, quindi, come le grandi donne chef che si sono alternate durante la giornata conclusiva di Identità di Champagne.

Maria Probst ha presentato la faraona (foto Brambilla/Serrani)

Maria Probst ha presentato la faraona (foto Brambilla/Serrani)

L’AVVOLGENTE PASTA DI MARIA PROBST - La pasta avvolge, un po’ come la memoria che ingloba le nostre emozioni. Maria Probst del ristorante La Tenda Rossa di Cerbaia in Val di Pesa, in Toscana, è stata la prima interprete della giornata di Identità di Champagne, cercando un abbinamento che lei stessa ha definito «insolito e un po’ curioso: la faraona. Si tratta di un animale da cortile, che ha un sapore forte, di carattere, per quello che può sembrare un gusto “di una volta”».

L’idea del piatto è però venuta un po’ per caso: «Stavo cercando di fare degli spaghetti - spiega Maria Probst - ma non mi venivano, si rompevano. Allora, quasi per rabbia, gli ho buttato dentro la faraona, ed erano venuti dei “gomitoli”. Quando mio figlio lo ha visto mi ha detto: “Che bella idea!”. E allora ho sviluppato il piatto». L’abbinamento con questa preparazione, che fa parte della carta del ristorante, è nato quasi spontaneo, dopo aver assaggiato La Grande Dame insieme a Natascia Santandrea, che alla Tenda Rossa è sommelier.

L'idea del suo piatto è nata quasi per caso (foto Brambilla/Serrani)

L'idea del suo piatto è nata quasi per caso (foto Brambilla/Serrani)

Comunque la scelta ha puntato sulla carne, anche per un legame con il passato di Maria: «Sono nata in Germania, in una famiglia che allevava mucche. Inizialmente ho lavorato come macellaia, ma poi è arrivata la mucca pazza e ho voluto cambiare lavoro. Sono andata in un negozio a Monaco, che aveva anche un ristorante molto importante, e mi sono appassionata per la cucina. Io sono ambiziosa, e la mia ambizione era imparare bene un lavoro. Così ho fatto dieci anni di gavetta, per vedere anche che cosa mi piacesse davvero fare. Quindi ho conosciuto la famiglia della Tenda Rossa, siamo diventati amici e poi... eccomi qui, faccio un po’ parte anche io di questa famiglia».

Valeria Piccini ha portato un angolo della sua Toscana (foto Brambilla/Serrani)

Valeria Piccini ha portato un angolo della sua Toscana (foto Brambilla/Serrani)

LA LENTICCHIA (E LA SUA ACQUA) DI VALERIA PICCINI - Valeria Piccini è sicuramente una donna di carattere, che ha saputo osare anche nel trovare un piatto giusto per La Grande Dame: «Porto avanti il ristorante Caino da 41 anni, che ha da sempre una cantina molto importante, curata da mio marito Maurizio Menichetti, mentre io sono completamente astemia... Ma è bello lavorare in team. Il mio piatto è una pancia di maiale: anche se si pensa che l’abbinamento migliore con uno champagne possa essere il pesce, io ho voluto fare un piatto di carne, con gusto forte e un po’ grasso. E la pancia è una parte meno nobile del maiale, ma noi siamo in campagna e siamo abituati a sfruttare ogni parte dell’animale».

Poi c’è il fattore della memoria, legata alla festa di capodanno. «A mezzanotte noi offriamo ai nostri ospiti cotechino, lenticchie e champagne, e abbiamo visto che era un abbinamento validissimo. Ora lo riproponiamo con il maiale».

Ha preparato la pancia di maiale e le lenticchie, in una versione più innovativa (foto Brambilla/Serrani)

Ha preparato la pancia di maiale e le lenticchie, in una versione più innovativa (foto Brambilla/Serrani)

L’elemento chiave sono proprio le lenticchie, cotte inizialmente con acqua. «Poi separiamo il liquido - spiega Valeria Piccini - che andiamo a ridurre, per estrarne la mineralità. Le lenticchie, invece, continuano a cuocere normalmente. La pancia viene marinata per tre ore con sale, zucchero e zucchero di canna, e poi passata a 100 grandi per 4 ore. La carne lascia un succo, che riutilizzo per glassare la pancia durante la cottura in padella».

Quindi il piatto è composto: pancia di maiale, yogurt alle lenticchie, sedano selvatico di montagna (cioè il levistico), e proprio l’acqua delle lenticchie, «che dà una sensazione di terra, di liquirizia, ma anche di acidità». L’abbinamento funziona, grazie allo champagne che “scioglie” il grasso della pancia. «Grazie anche al Pinot Noir» ha precisato lo chef de cave Dominique Demarville.

Gaia Giordano, conclusione "esplosiva" (foto Brambilla/Serrani)

Gaia Giordano, conclusione "esplosiva" (foto Brambilla/Serrani)

GAIA GIORDANO: UN FINALE ESPLOSIVO - L’edizione 2019 di Identità di Champagne è finita col botto. O meglio, con la Bomba di Gaia Giordano, l’innovativa chef dello Spazio Roma. «Sono partita assaggiando lo champagne, e ho notato una grande freschezza. Così ho pensato a un abbinamento con qualcosa di morbido, per contrasto».

Per questo Gaia ha fatto un salto nel tempo, ed è tornata idealmente alla pasticceria aperta a  Rivisondoli dal padre di Niko Romito, e ha pensato al primo prodotto che lì veniva prodotto: la bomba.

La bomba salata con lo sgombro, le cipolle di Tropea e le puntarelle (foto Brambilla/Serrani)

La bomba salata con lo sgombro, le cipolle di Tropea e le puntarelle (foto Brambilla/Serrani)

«Non dolce, ma in versione salata. Oltretutto, non ci sono grassi animali, né burro né strutto, ma viene realizzata con un’emulsione di burro cacao e olio d’oliva. L’altro ingrediente protagonista è lo sgombro, per il quale viene effettuata una cottura velocissima, giusto con un pizzico di sale e un goccio di aceto. Infine c’è l’aggiunta di cipolla rossa di Tropea arrostita, precedentemente marinata con poco zucchero e tanto aceto. E ancora le puntarelle, ingrediente tipicamente romano, condite con aceto, olio e acciughe e si aggiunge una maionese di soli albumi».

Il risultato è “esplosivo”, come in un certo senso annunciato dal nome stesso del piatto, ma anche morbido e “rassicurante”, con sapori che ben si sposano alla verticalità di uno champagne che, oltre che ottimo, si è rivelato particolarmente duttile.


IG2019: costruire nuove memorie

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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