Ho sempre pensato al Lungarno come a una zona di Firenze magica. Un posto da dove ammirare il Ponte Vecchio, memorizzarlo e portarlo con sé fino alla successiva visita al capoluogo toscano. Una specie di “arrivederci” o di “prometto che tornerò presto”. Insomma una di quelle cose belle da godersi a piccole dosi, quasi per non rovinarle.
Ma la prospettiva cambia tutta dalle camere dell’Hotel Lungarno Collection situato sulla riva sinistra dell’Arno, tra Ponte Vecchio e Ponte Santa Trinità. Aprendo la finestra della mia stanza avrei potuto fare un tuffo nel “fiume reale” dantesco. Io però mi sono limitata a godermelo. Questa volta per tutto il tempo che volevo.
L’albergo nasce nel cuore di una dimora del XVI secolo. La ristrutturazione è stata voluta dalla
Famiglia Ferragamo e gli interni sono firmati dall’architetto fiorentino
Michele Bönan. Alle pareti sono appese più di 400 opere d’arte dei più grandi interpreti del Novecento, da
Picasso a
Cocteau, da
Bueno ai grandi maestri dell’arte italiana. Nella struttura ci sono 74 camere, tra cui 14 suite e una presidenziale. Queste ultime sono pensate per “notti magiche” ed esclusive, ma anche le stanze standard sono ricche di comfort.
Il letto matrimoniale è molto spazioso e agli armadi grandi e illuminati sono pensati apposta per le signore e i loro molteplici abiti. Tornando in camera, la sera, troverete sul copriletto un foglietto con le previsioni del tempo per la giornata seguente e il menu della colazione che, se volete, vi sarà servita in camera. Il mio consiglio è però quello di farla in sala. Gli orari sono consoni anche per coloro che amano dormire, perché il buffet è disponibile fino alle 11.00.
Qui hanno catturato la mia attenzione (di donna in costante lotta con la dieta) la moltitudine di ciotoline colorate contenenti frutta fresca, secca, semi e muesli per guarnire lo yogurt. La sensazione di aver fatto la brava avendo evitato le brioches con cioccolato traboccante, mi hanno convinta che avrei potuto assaggiare le focaccine integrali con i semi di zucca in abbinamento alla selezione di salumi e formaggi.
Rimanendo in ambito godereccio, da provare è il ristorante stellato della struttura: il
Borgo San Jacopo. A capo della brigata c’è
Peter Brunel, il poliedrico chef che mi ha fatto vivere una delle esperienze più formative di questi miei 26 anni di vita. Ho conosciuto
Brunel lo scorso ottobre a
Identità Future a Host. Qualche settimana fa mi ha richiamata per farmi una proposta: provare a stare in cucina con lui per preparare una delle cene
Spoon.

In cucina con Peter Brunel e Fausto Arrighi (Martino Dini Photography & Samuel Doni Photo)
Ogni mese, infatti,
Peter,
Loretta Fanella (responsabile dei dolci) e
Fausto Arrighi (l’uomo delle stelle Michelin) invitano un cuoco ospite e un giornalista. Ai fornelli questa volta c’eravamo io e
Nicola Portinari de
La Peca di Lonigo. Il mio compito è stato quello di preparare un risotto con tre ingredienti: acqua di pomodoro, succo d’arancia e gambero rosso di Mazzara del Vallo. Acidità bilanciata e importanza istrionica del crostaceo crudo, che da buon attore sta al centro del piatto, ma senza far capire agli altri componenti che è il protagonista.
Un po’ come l’
Hotel Lungarno che rimane nascosto in una rientranza, ma anche da lì si fa sentire nella sua presenza discreta di hotel di charme fiorentino.