A inizio dicembre è andato in scena a Piacenza il Mercato dei vini dei vignaioli indipendenti, una vera (divina) commedia del vino. Vignaioli, che parola è? A chi è abituato a sentir parlare di winemaker, enologi, cantine ipermoderne e marketing nel bicchiere, il termine potrebbe provocare un'improvvisa R moscia. A noi ha messo di buon umore, ancor prima di iniziare gli assaggi. I vignaioli sono quelli che trasformano il territorio in vino, che desiderano un legame più che saldo con chi ama berlo. Quelli che fanno tutto loro. Dalla coltivazione alla commercializzazione. Sono lo staff di loro stessi, la fatica con un volto, due mani e una passione smisurata. Incontrarli nella caciara del Piacenza Expo è stata un'esperienza memorabile, per niente poetica. Una prosa degna di un romanzo che attinge direttamente dalla terra.
Il primo assaggio, assieme all'amico winescout
Federico Malgarini, è stato per i vini di
Podere Il Saliceto di Campogalliano (Modena). Che bello scoprire lo sposalizio tra Sauvignon e Trebbiano modenese e l'autoctono Malbo Gentile sia nella versione metodo classico e sia in quella ferma, a braccetto con Sangiovese e Merlot (
foto). Per farvi capire lo spirito che aleggiava in quei padiglioni,
Marcello Righi, il condottiero, non ci ha pensato due volte ad abbandonare la sua postazione e a venire con noi da
Samuele Bianchi della cantina
Il Calamaio di Lucca.
Sottobanco è apparso un bianco torbido, blend di Chardonnay, Petit Arvine e Petit Manseng. Un'esplosione di pera verde e mela smith ancora in divenire, ma di grandi potenzialità. Come Samuele e Marcello, qui di gente che se la tirava ce n'era ben poca. E anche i più di 3mila partecipanti, come noi, erano solo ben disposti a incontri ricchi di storia e a portarsi a casa, al prezzo giusto, bottiglie di carattere seppur senza blasone.
«Quello del vignaiolo non è un lavoro». Ascoltare questa frase da Ferruccio Carlotto, viticoltore a Ora (Bolzano), +39.0471.810407, mentre il suo Pinot Nero Filari di Mazzon ci sublima naso e bocca con piccoli frutti di bosco e una persistenza setosa, è stata la conferma che la maggioranza delle persone al di là dei banchi di assaggio non erano calcolatori, né speculatori, tantomeno amatori. Piuttosto fedeli amanti della vite e dei suoi frutti.
Su 176 vignaioli presenti (contati sulla guida), 108 lavorano meno di 10 ettari vitati e 65 meno di 5: un dato che non fa certo pensare all’economia di scala, ma solo a fare economia e a concedersi quello che realmente serve: una nuova pressa, una nuova autoclave. O una nuova vigna, quella che si punta da anni. È il caso di
Mattia Filippi e del suo unico
ettaro vitato a Faedo (Trento). Un cucuzzolo curato come un figlio, la vite che ricopre l'intero cono fertile e che produce un Cabernet Sauvignon riserva di memorabile equilibrio, chiamato
Equinotium in onore della festa della raccolta di un tempo, proprio nel giorno più equilibrato dell'anno.
Mentre Mattia ti racconta la sua storia e la sua filosofia di viticoltore errante pare tutto fuorché un thirtysomething equilibrato. Eppure lo ascolti e sei perfettamente a tuo agio. E quando dopo qualche giorno ci ripensi, sorridi e hai voglia di incontrarlo di nuovo.