05-12-2024

Poggio della Dogana e Ronchi di Castelluccio: una famiglia, due fronti vinicoli

Nei colli d'Emilia, per conoscere la storia e i prodotti di Aldo e Paolo Rametta, americani di New Orleans che non hanno saputo resistere al richiamo delle origini

Da sinistra, Paolo Rametta, Aldo Rametta e Fabio C

Da sinistra, Paolo Rametta, Aldo Rametta e Fabio Castellucci

«Ho vissuto in tanti posti e mi sono sentito a casa. Però quando mi si chiedeva di dov’ero, io rispondevo sempre con il legame alla mia terra d’origine. Trasmesso dai nostri genitori». Per vivere profondamente la propria identità, a volte serve un distacco, voluto o no. Aldo e Paolo Rametta sono nati a New Orleans e cresciuti tra gli Usa e la Svizzera. Il richiamo delle radici è stato irresistibile e si è espresso con forza nel vino. Le etichette da loro prodotte narrano una ricerca appassionata e solida della storia che passa dai vigneti ai cavalli e all’arte: un abbraccio che profuma di casa.

È proprio Aldo a pronunciare quella frase, quando affrontiamo insieme una degustazione, seguendo il solco di due aziende, due strade diverse che si incontrano: Poggio della Dogana e Ronchi di Castelluccio. Aggiungendo: «C’è l’amore per la terra trasmesso da nostro padre, e anche per il vino. Girando il mondo gli piaceva portare a casa i vini, era un collezionista».

Tracce che rimangono, in profondità. Così nel 2016 nasce appunto Poggio della Dogana, a Terra del Sole: ci troviamo sulle colline di Castrocaro Terme-Terra del Sole e Brisighella, due poderi che sono su due vallate parallele ma dalle identità territoriali importanti. Attenzione alle varietà autoctone, scelta nettamente biologica, sguardo ai mercati internazionali: questi i tre cardini.

Ma si appresta a diventare realtà un importante bis: viene acquisita dai fratelli Rametta l’azienda Ronchi di Castelluccio, fondata cinquant’anni fa dal produttore e regista cinematografico Gian Vittorio Baldi: qui scivoliamo in un contesto diverso, sulle boscose e fredde pendici di Modigliana, e la sfida è di tutto rispetto. Questa cantina è stata infatti centrale nella storia vitivinicola della Romagna come pure oltre. Al lavoro dell’enologo Vittorio Fiore e dell’agronomo Remigio Bordini si aggiunge il contributo di Luigi Veronelli.

Due fronti, un’unica, motivata squadra che parte dal cuore di tutto: la famiglia. Accanto a Paolo e Aldo, ci sono le rispettive mogli Simona e Angela. Il team si completa con il direttore commerciale  Fabio Castellucci, la responsabile del wine shop e dell’accoglienza Paola Antonello, l’enologo Francesco Bordini, figlio di Remigio, che gestisce vigneti e produzione. Il Sangiovese è il grande protagonista, come vuole la tradizione ma come suggerisce anche la contemporaneità. Non è solo, però, bensì deliziosamente accompagnato. E tra i partner che hanno molto da dire ai nostri tempi, c’è l’Albana. A Poggio della Dogana quest’ultimo vitigno è curato, coccolato, spronato. Un po’ come quei cavalli che scalpitano nei ricordi di famiglia e non a caso ispireranno nomi delle etichette, cercando di intrepretarne le indoli.

L'allevamento a Ronchi di Castelluccio

L'allevamento a Ronchi di Castelluccio

La cantina Ronchi di Castelluccio

La cantina Ronchi di Castelluccio

Qui la biodiversità è un altro tassello chiave di un mosaico – termine caro a chi è di queste parti – che comprende le arnie. L’Albana – per cui Brisighella è la casa ideale, con esposizione verso Est e a 300 metri sul livello di mare - in purezza adora raccontare con eleganza molto di queste terre: un punto di incontro anche nel bicchiere tra le sabbie gialle e le brezze. Accoglie con la sua aromaticità e tiene stretti con la mineralità, «la memoria marina… - osserva - Ha una storia secolare, eppure fino a 15, 20 anni fa non ha ottenuto un’attenzione esaltante. Anzi, è stato uno dei vitigni più bistrattati qui in Romagna, cosa che ha del blasfemo, se guardiamo la sua unicità e la versatilità».  

Tre le produzioni, due di Albana secco e una vendemmia tardiva. «Ha una capacità di invecchiamento incredibile – osserva Aldo Rametta - È un po’ un cavallo che va domato: se questo vino viene bevuto troppo presto, può apparire irrequieto». Negli anni si accentua la sua caratteristica di intensità dorata.

Degustiamo Belladama Romagna Docg Albana Secco 2023 in anteprima e Farfarello Romagna Albana Docg Secco 2022. Il secondo un incontro particolarmente accattivante e il nome richiama anche un vivace personaggio della Divina Commedia. La vinificazione avviene in assenza di bucce con pressatura tradizionale lenta, la fermentazione in barrique di 225 litri di rovere al 50% di primo passaggio.

Ci spostiamo poi a Ronchi, dove scorre il binomio Cru storico, Cru nuovo. Prima dà il benvenuto Sottovento Sauvignon Blanc Rubicone Igt Bianco 2021, Buco del Prete Romagna Doc Sangiovese Modigliana 2021, Ronco del Re Sauvignon Bianco Colli di Faenza Doc 2021, Ronco della Simia Romagna Doc Sangiovese Modigliana 2020.

Dietro ogni vino, c’è un capitolo di storia familiare, che significa fiero invito a guardare avanti: «Scherzosamente diciamo che noi siamo la prima generazione». Nel bicchiere e sulla bottiglia, come per le etichette realizzate su ispirazione del trisavolo Silvio Gordini, direttore delle Belle Arti, romagnolo di nascita e bolognese di adozione, tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. I nomi legati ai cavalli si rifanno invece alla scuderia di mamma.

Dietro l’acquisizione di Ronchi c’è poi una scelta di coraggio, maturata in un momento delicato come la pandemia: «Un discorso di ottimismo, che abbiamo fatto io e mio fratello» riconosce Aldo. La differenza di esposizione e altitudine rende i vini ancora diversi, in particolare a Modigliana. Le vigne storiche sono restaurate, nessuna pianta è stata abbattuta e le vecchie forme di allevamento reintrodotte, a partire dal guyot, il cordone speronato e l’alberello molto basso. Ogni Ronco – si ribadisce - viene vinificato singolarmente come in origine. Una rinascita che già si sta respirando a fondo.

La linea Ronchi di Castelluccio

La linea Ronchi di Castelluccio

Ronco della Simia

Ronco della Simia

L’etichetta iconica è quel Ronco del Re, che negli anni Ottanta era il più costoso vino bianco in Italia, si rammenta. Fu servito a Gorbaciov da Cossiga, tra gli aneddoti tramandati.   Tra le curiosità, quello del Ronco di Simia, un Sangiovese da un clone con buccia spessa e ricchissima in struttura, si è spiegato. Finezza e forza sanno unirsi con grande equilibrio, raggiunto con una prolungata maturazione in bottiglia. Il nome riporta a una leggenda che riguarda un militare americano di istanza a Modigliana durante la Seconda Guerra Mondiale. Terminato il conflitto, si stabilì da queste parti con una scimmietta: alla sua morte, volle seppellirla vicino  al pozzo nel ronco, che era reputato un luogo mistico.  Buco del Prete Romagna Doc Sangiovese Modigliana è un cru da viti del 1989 radicate nella parcella più impervia: i boschi la proteggono, anzi la isolavano, e ci sono voluti tempo e pazienza per raggiungerla e riprenderla. 


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

Marilena Lualdi

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Marilena Lualdi

responsabile de l'Informazioneonline e giornalista di Frontiera - inserto de La Provincia, scrittrice e blogger, si occupa di economia, natura e umanità: ama i sapori che fanno gustare la terra e le sue storie, nonché – da grande appassionata della Scozia – il mondo del whisky

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