06-10-2017
Viaggio sulle colline di Conegliano Valdobbiadene, un territorio candidato a diventare Patrimonio dell'Unesco
Si fa presto a dire Prosecco. E, purtroppo, si fa presto a fare confusione. Ma forse, andando sui luoghi di produzione, si può davvero comprendere questa realtà tanto complessa e ricca di sfaccettature.
Prima puntualizzazione: siamo nella zona della Docg Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore (questa la denominazione esatta), un totale di 15 Comuni che si estendono tra le due “capitali” della zona: ad ovest Valdobbiadene, cuore produttivo, e a est Conegliano, fulcro culturale. In quest’area, poi, ci sono due ulteriori suddivisioni: la Docg Prosecco Superiore Rive, che va a indicare le 43 colline più scoscese e con 320 ettari di terreni particolarmente adatti alla produzione della Glera (il vitigno base del Prosecco, per chi non lo sapesse), e la Docg Valdobbiadene Superiore di Cartizze, zona estesa per soli 107 ettari di terreno vitato.
La "piramide" della produzione del Prosecco (grafico fornito dal Consorzio)
Basta arrivare nella zona di Conegliano per capire, comunque, che stiamo parlando davvero di viticoltura eroica: è sufficiente uno sguardo sulle colline per accorgersi delle pendenze e delle difficoltà che gli agricoltori devono affrontare per coltivare la pur generosa Glera, lavorando quasi esclusivamente a mano, con un lavoro che in certe zone si avvicina, se non supera, addirittura le mille ore l’ettaro all’anno e che comunque si attesta su una media di 800 ore l’ettaro. Roba da farsi venire il mal di schiena al solo pensiero.
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E le pendenze si fanno decisamente sentire. «Facciamo solo raccolta a mano, in cassette da 25 chili, per cercare di conservare l’integrità dell’uva e preservare gli aromi, evitando che si formino sensazioni amare. L’annata 2016 è stata una delle migliori, dove l’aromaticità è sicuramente molto spiccata».
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Sicuramente un prodotto artigianale che può conquistare è il Glera Colli Trevigiani Doc Col Fondo 2016, con rifermentazione in bottiglia, come i Prosecchi di una volta. In questo caso viene utilizzato mosto congelato della stessa vigna per far ripartire la fermentazione. Ed è un vino particolare, dai profumi meno d’impatto rispetto al Prosecco “classico”, ma dal gusto può complesso e ampio.
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«Ma non imbottigliamo tutto, facciamo circa 90mila bottiglie, mentre il resto lo vendiamo ad altre case spumantistiche. Noi separiamo i vari vigneti: ne abbiamo 15 in 12 zone diverse, che ci danno basi differenti che, in fase ti taglio, offrono una grande possibilità di scelta. L’importante è arrivare alla giusta maturazione delle uve: il 2017 non sarà l’annata migliore, sia per la gelata di primavera che ha colpito alcune zone, sia per la siccità prolungata di questa estate. Ma l’uva che abbiamo portato in cantina è sana».
(parte prima / continua)
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose