30-12-2019

Cena al Mudec: così Enrico Bartolini ci spiega il suo modello vincente

"Federalismo in cucina" per un sistema flessibile, originale, nato per sfida e pure un po' per caso. Ed ecco il nostro pasto

La schermata iniziale del sito di Enrico Bartolini

La schermata iniziale del sito di Enrico Bartolini, lo chef italiano con otto stelle, tre al Mudec di Milano

«Il nostro modo di ragionare, che è innanzitutto il mio ma è condiviso con le persone che lavorano con me, è che ogni ristorante in cui operiamo deve poter possedere un talento e un territorio di riferimento. Altrimenti, se non creiamo questo mix, se non individuiamo questi due fattori fondamentali, non succede nulla, non si arriva al successo».

Al termine di una cena delle sue, di eleganza ovattata, Enrico Bartolini, lo chef più stellato d'Italia (otto: tre sotto la Madonnina, due a Venezia, una a Bergamo, una nel Monferrato, una a Castiglione della Pescaia) saluta i commensali che s'avviano all'uscita dell'Enrico Bartolini al Mudec di Milano; tipologie umane assai varie, l'habitué lombardo che abita poco distante e il turista goloso giunto dall'altra parte del mondo. Loro hanno il sorriso stampato sul volto; lui, la solita aria sorniona e pacata che lo contraddistingue.

Poi, arriva da noi. Lo conosciamo da tanto tempo, c'imbattemmo nel suo straordinario talento il 12 maggio 2006, appena arrivato a Le Robinie di Montescano, lui aveva allora 26 anni. La domanda che vogliamo porgli è facile, ma richiede una risposta difficile da fornire: qual è il segreto del successo del tuo "sistema"? La formuliamo articolandola in modo meno banale, ma il succo è quello. Lui riflette e attacca a parlare: «Devo dire la verità: quando nel 2016 ho aperto il Casual di Bergamo, quattro giorni prima di sbarcare anche al Mudec (poco dopo sarebbero arrivati anche l'Andana in Toscana e il Roberto's di Dubai, prima sua puntata all'estero, oggi replicata al Roberto's di Abu Dhabi e allo Spiga di Hong Kong. Molti all'epoca gli diedero del pazzo, "a partire con tutti questi indirizzi, insieme, si romperà l'osso del collo" era la convinzione diffusa, ndr) mi sono buttato oltre l'ostacolo; non avevo chiaro un modello, pensavo semplicemente che da lì in poi la mia attività sarebbe stata più faticosa, densa d'impegni. Insomma, davo per scontate mille difficoltà. Ho avuto coraggio e sono stato ripagato».

Ma come ha potuto funzionare? «È andata molto meglio del previsto perché proprio la complessità della sfida ha finito col responsabilizzare le persone coinvolte. Nei primi tempi magari andavano un po' per conto loro, procedevano in ordine sparso... Non per trascuratezza o malanimo, al contrario: il meccanismo doveva ancora essere perfezionato, avevo difficoltà a star dietro a tutto, così ognuno faceva del suo meglio ma senza arrivare a una sintesi comune, che spettava a me. Così, vi erano troppe deviazioni».

Il "sistema Bartolini" in Italia e all'estero

Il "sistema Bartolini" in Italia e all'estero

Poco a poco i tasselli sono andati al loro posto: «Questo è stato possibile stando insieme e confrontandoci. Ci siamo raccontati e ci siamo detti: cosa stiamo facendo? Cosa vogliamo fare, insieme? L'idea finale del modello è giunta in questo modo, per step successivi, col tempo. Ricordo ancora un episodio curioso: poco dopo aver aperto a Bergamo un paio di persone importanti, luminari della gastronomia (usa un tono vagamente sarcastico, dei suoi, ndr), mi dissero che l'unica strada percorribile era trovare uno standard comune, da replicare. Io risposi allora - ed è vero, lo penso anche oggi - che ammiro molto chi opera in tal senso, c'era già Niko Romito in Italia che stava sviluppando il sistema; d'altra parte Joël Robuchon l'aveva ideato su larga scala anche prima. Ma io non volevo imitarli; volevo creare una cosa che sentissi del tutto mia. È stato certo più faticoso. Ma ci siamo arrivati».

Enrico Bartolini con Mario e Remo Capitaneo, i suoi due prioncipali collaboratori nella brigata al Mudec di Milano. Foto Paolo Chiodini

Enrico Bartolini con Mario e Remo Capitaneo, i suoi due prioncipali collaboratori nella brigata al Mudec di Milano. Foto Paolo Chiodini

Abbiamo intitolato questo articolo "Federalismo in cucina", un po' forzando il concetto. Ecco la spiegazione: «In ogni luogo in cui sono stato chiamato, mi sono trovato interlocutori diversi, realtà territoriali differenti; che senso avrebbe avuto allora se avessi proposto un format identico? Avrei fatto solo confusione. Come potevo promettere alla famiglia Moretti (Andana in Toscana, ma anche Bellavista, Contadi Castaldi, Petra, Tenuta la Badiola, L’Albereta...) una cosa uguale a quella della famiglia Chang (taiwanese, proprietaria della LDC Hotels & Resorts, quindi Glam-Palazzo Venart a Venezia e Relais Sant'Uffizio in Monferrato)?». Non era possibile. La strada doveva essere originale: «Io mi sono innamorato via via di Venezia, della Maremma, di Bergamo Alta. In ognuno di questi luoghi, per una serie di motivi, ho trovato quello "spirito bucolico" che mi piace. Non ho mai puntato il dito: mi sono guardato attorno, ho notato come fossero posti e situazioni che trasmettevano passione. Allora ho deciso di provarci. Certo: ho anche sempre fatto due conti per capire se vi fosse o meno una potenziale sostenibilità economica. Ma ho operato in questo senso prendendomi anche enormi rischi, che ancora non smetto di affrontare. E a volte le cose non hanno funzionato, penso al Cinque, al Fico di Bologna. Però, che dire: sono ottimista e si va avanti».

Cinque chef dei cinque ristoranti bartoliniani in Italia: da sinistra Marco Ortolani, Gabriele Boffa, Donato Ascani, Alex Manzoni, Juan Camilo Quintero

Cinque chef dei cinque ristoranti bartoliniani in Italia: da sinistra Marco Ortolani, Gabriele Boffa, Donato Ascani, Alex Manzoni, Juan Camilo Quintero

Questo "sistema Bartolini" oggi è consolidato: «Siamo al terzo anno, riusciamo mettere più a fuoco la situazione. Eppure non me la sento di disegnare un modello pienamente raccontabile, anche perché la nostra è una metodologia flessibile, cerchiamo e troviamo soluzioni specifiche man mano che ci imbattiamo nei vari accadimenti». Un punto centrale è l'autonomia del quale gode ciascun chef in ogni indirizzo: «È Donato Ascani che pensa in primis al Glam, Gabriele Boffa che deve occuparsi del Sant'Uffizio, così come Alex Manzoni del Casual, Marco Ortolani de La Trattoria Enrico Bartolini all'Andana, Juan Camilo Quintero del Poggio Rosso del Borgo San Felice (ultimo indirizzo entrato nella scuderia, a Castelnuovo Berardenga. Nostra scommessa: sarà la nona stella, l'anno prossimo, ndr). Prendiamo Boffa, tanto per fare un esempio: oggi mi ha mandato la foto di un nuovo piatto che ha ideato. Dico la verità, io non lo avrei nemmeno pensato così: di una bellezza straordinaria, che bravo! Ha la classe e gli stimoli giusti per dare il massimo. Certo, ci vorrà tempo, il territorio dovrà supportarlo ancor più di quanto già faccia, ma la strada è quella giusta, una volta che si entra in sintonia con il luogo in cui si lavora».

Bartolini a Identità Milano

Bartolini a Identità Milano

La sintesi di tutto questo lavoro è nella figura stessa di Bartolini e nella sua idea di cucina "classica contemporanea": «Diamo per scontata la bontà del cibo, visto il livello degli interpreti. Io mi devo sempre chiedere se ci sia una linea che risulti affine, un necessario fil rouge. Poi, la location deve risultare bella, il servizio comfortable, come dicono all'estero, ed elegante. Le mie stelle polari sono l'identità culturale, il livello organizzativo, la programmazione, la capacità di trovare le risposte giuste per gli ospiti».

Si citava prima il Poggio Rosso, new entry del gruppo: «Quintero per me cucina in modo tale da meritarsi già ora una stella abbondante. All'inizio anche lui ha dovuto un po' adattarsi a una realtà diversa, mi sembrava che mi ascoltasse ma facesse un po' fatica a comprendere alcune fragranze che gli chiedevo, parlo proprio a livello tecnico; poi però ha preso coraggio e, diciamo da luglio, ha iniziato a preparare piatti eccellenti, a ottobre ho assaggiato cose incredibili. La stessa cosa è accaduta qui al Mudec per la sala: inizio difficile, ma se si lavora compatti a un certo punto arriva il punto di svolta».

La sala dell'Enrico Bartolini al Mudec

La sala dell'Enrico Bartolini al Mudec

La nostra chiacchierata giunge dunque a Milano: «Venni qui la prima volta nel 1993, avevo 13 anni. Poi ci sono tornato qualche tempo dopo, all'inizio del millennio, per provare la cucina di Carlo Cracco. In entrambi i casi m'imbattei in una città vecchia di 50 anni rispetto a Parigi. Ora è tutto diverso: la capitale francese rimane un posto straordinario, ma vivo con fierezza l'enorme sviluppo della metropoli lombarda, anche perché mi regala tante soddisfazioni. Nel quarto di secolo appena trascorso Milano ha assistito all'ascesa e all'affermazione di grandi nomi della cucina, il citato Cracco, poi Berton, Sadler, Aimo... Per tutti s'è sentita l'aria delle tre stelle, ma poi non è accaduto: questo ci ha anche fatti diventare un po' fanatici, quasi un tifo da stadio... Adesso ci sono riuscito io e quindi percepisco un'esplosione di orgoglio; lo vivo come uno stimolo per fare sempre meglio, mi fa indubbiamente piacere. Questa può anche essere l'occasione per un progetto ulteriore, per far diventare Milano sempre più una destinazione turistica di alto livello, anche dal punto di vista del fine dining internazionale. Diciamo che sarebbe un complemento d'arredo indispensabile in una casa già lussuosa».

 

«Dopo aver preso la terza stella - l'esito? Improvvisamente migliaia di mail di prenotazione - per alcuni giorni mia mamma non è stata più in grado nemmeno di parlare al telefono. Farfugliava». (Enrico Bartolini)

Progetti nuovi? «Stiamo lavorando a uno importante, lo stiamo mettendo a punto, è ancora presto per comunicarlo, perché oggi è ancora una scatola vuota, non partirà prima dell'estate 2020. Dove? In Italia, paese del quale sono innamorato. A Milano? Possibile, è una città dove potrei aprire altri dieci locali... oppure provare a migliorarne uno che già esiste e non sta andando bene, invece di costruirne un altro, nuovo, da zero...». Altre sorprese in arrivo, insomma.

E ora la nostra cena. Gli scatti sono di Tanio Liotta.

Melanzana arrosto, scampo siciliano, caviale Tradition, fagiolini, salsa affumicata al pompelmo, che regala una nota gustativa soave

Melanzana arrosto, scampo siciliano, caviale Tradition, fagiolini, salsa affumicata al pompelmo, che regala una nota gustativa soave

Omaggio a Gualtiero Marchesi: fragranza di riso, oro e zafferano

Omaggio a Gualtiero Marchesi: fragranza di riso, oro e zafferano

Caramella croccante di foie gras, mango e cipolla

Caramella croccante di foie gras, mango e cipolla

Crema di castagne e rosmarino con panino di zucca e zenzero cotto al vapore, su letto di menta

Crema di castagne e rosmarino con panino di zucca e zenzero cotto al vapore, su letto di menta

Guazzetto di gamberi rossi e funghi, spuma di patate, gel di basilico, gel di prezzemolo, capperi. Viene accompagnato con una focaccia al rosmarino e patate

Guazzetto di gamberi rossi e funghi, spuma di patate, gel di basilico, gel di prezzemolo, capperi. Viene accompagnato con una focaccia al rosmarino e patate

Ci ha stupito la crescita vertiginosa della panificazione al Mudec, ora di livello eccelso, merito di Paolo Curzi, a capo anche della pasticceria. Qui tre tipi di pane (farina Primitiva, di segale, Novara), 48 ore di lievitazione con lievito naturale. Come da tradizione bartoliniana, i burri sono aromatizzati, qui due versioni salate, la prima con aceto e polvere di lamponi, il secondo con tè Matcha e alga nori, ovviamente buonissimi, Poi anche gli assaggi di olio: prima un extravergine Petra di Suvereto, quindi una piccola rarità, il Woo, acronimo per Wild Olive Oil, prodotto da Deka in aree sperdute in Laconia, nel Peloponneso, Grecia, da olivi selvatici secolari

Ci ha stupito la crescita vertiginosa della panificazione al Mudec, ora di livello eccelso, merito di Paolo Curzi, a capo anche della pasticceria. Qui tre tipi di pane (farina Primitiva, di segale, Novara), 48 ore di lievitazione con lievito naturale. Come da tradizione bartoliniana, i burri sono aromatizzati, qui due versioni salate, la prima con aceto e polvere di lamponi, il secondo con tè Matcha e alga nori, ovviamente buonissimi, Poi anche gli assaggi di olio: prima un extravergine Petra di Suvereto, quindi una piccola rarità, il Woo, acronimo per Wild Olive Oil, prodotto da Deka in aree sperdute in Laconia, nel Peloponneso, Grecia, da olivi selvatici secolari

Alici, ostriche e caviale 2019: è lo sviluppo di un signature di Bartolini, Alici di scoglio in incontro tra saor e carpione (qui la ricetta). Con ostrica, caviale Oscietra, salsa di rafano

Alici, ostriche e caviale 2019: è lo sviluppo di un signature di BartoliniAlici di scoglio in incontro tra saor e carpione (qui la ricetta). Con ostrica, caviale Oscietra, salsa di rafano

Bignè di scampi reali, foie gras, erbe e finger lime

Bignè di scampi reali, foie gras, erbe e finger lime

Spaghettone trafilato in bronzo all'anguilla affumicata, more, calamaretti spillo all'alloro e nero di seppia, polpette dorate di prezzemolo e anguilla

Spaghettone trafilato in bronzo all'anguilla affumicata, more, calamaretti spillo all'alloro e nero di seppia, polpette dorate di prezzemolo e anguilla

Due classici: Bottoni di olio e lime al sugo di cacciucco e polpo arrosto...

Due classici: Bottoni di olio e lime al sugo di cacciucco e polpo arrosto...

...e Ravioli di arachidi toscane con ricci di mare, limone arrostito e ristretto di pollo ruspante

...e Ravioli di arachidi toscane con ricci di mare, limone arrostito e ristretto di pollo ruspante

Un piatto nuovo, molto intenso: Peperoni di grano farciti di ostrica cruda, salsa barbecue al peperone crusco, salicornia e maggiorana 

Un piatto nuovo, molto intenso: Peperoni di grano farciti di ostrica cruda, salsa barbecue al peperone crusco, salicornia e maggiorana 

Nuova declinazione del piatto signature per eccellenza di Bartolini: Risotto alle rape rosse e salsa al gorgonzola, versione "Evoluzione". L'aggiunta di una crema di noci e delle amarene lo rende persino più perfetto

Nuova declinazione del piatto signature per eccellenza di Bartolini: Risotto alle rape rosse e salsa al gorgonzola, versione "Evoluzione". L'aggiunta di una crema di noci e delle amarene lo rende persino più perfetto

Riso e latte, civet di lepre, rabarbaro, essenza di melograno

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Carrè di agnello al profumo di santoreggia. L'agnello è quello lucano, favoloso, di Varvara. È il piatto che ci ha affascinato di più - nonostante qualche problema di temperatura - tra quelli che non avevamo ancora assaggiato, tolto il Risotto alle rape rosse e salsa al gorgonzola, che nella nuova versione è ancora più suberbo

Carrè di agnello al profumo di santoreggia. L'agnello è quello lucano, favoloso, di Varvara. È il piatto che ci ha affascinato di più - nonostante qualche problema di temperatura - tra quelli che non avevamo ancora assaggiato, tolto il Risotto alle rape rosse e salsa al gorgonzola, che nella nuova versione è ancora più suberbo

Le sue declinazioni: il carrè

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Brochette delle sue interiora: intestino, cuore, torcinello e fegato. Fa-vo-lo-so

Brochette delle sue interiora: intestino, cuore, torcinello e fegato. Fa-vo-lo-so

Crostatina con spalla d'agnello e cavolo romano

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Come contorno, un fagottino di cavolo nero con castagne, olive e fiore di cappero fritto

Come contorno, un fagottino di cavolo nero con castagne, olive e fiore di cappero fritto

Azzardo: dado di cioccolato bianco ripieno di mandarino e lampone

Azzardo: dado di cioccolato bianco ripieno di mandarino e lampone

Anche la pasticceria dell'Enrico Bartoilini al Mudec è enormemente cresciuta. Qui Soufflé al limone, gelato allo yogurt, lamponi, meringa e gel di rosa

Anche la pasticceria dell'Enrico Bartoilini al Mudec è enormemente cresciuta. Qui Soufflé al limone, gelato allo yogurt, lamponi, meringa e gel di rosa

Nuvola di bosco, olivello spinoso, meringa, funghi, amarene, tartufo bianco e gelato al tartufo bianco

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Piccola pasticceria finale

Piccola pasticceria finale


Carlo Mangio

Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo?
La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

Carlo Passera

di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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