13-09-2018
Julien Royer, francese classe 1982, due stelle Michelin a Singapore ottenute con il suo Odette
Partiamo dal fondo. Al termine di un pranzo raffinato, abbiamo scambiato due chiacchiere con lo chef Julien Royer, francese classe 1982, due stelle Michelin a Singapore ottenute con il suo Odette al primo colpo, ossia appena la Rossa è sbarcata laggiù, nel 2016, e sempre confermate da quel momento. Al ritorno in Italia, rileggendo gli appunti del nostro dialogo, ci siamo accorti che ci ha regalato una sorta di breve prontuario su come gestire un ristorante di successo - o come condurre un ristorante al successo, che dir si voglia.
La National Gallery di Singapore
Royer ai World's 50 Best 2018
Ecco, dunque, le sue pillole di saggezza: 1 - Non cucinare sogni, ma piatti. «Il piatto deve essere buono per il palato ma anche per il bilancio del ristorante a fine serata. Noi siamo full ogni giorno perché non dimentichiamo mai questa regola».
2 - Bisogna comprendere i gusti della propria clientela. «All'Odette lavorano 36 persone, 15 in cucina: sono tutti asiatici, da Singapore, Malesia, Giappone, Corea... I miei tre sous chef mi seguono da più di 6 anni. È importante che sia così perché loro mi fanno capire meglio il gusto di queste aree; assaggiamo le preparazioni e a volte mi dicono che devono presentare sapori più netti, è questa la richiesta del palato locale. È qualcosa che ho capito col tempo, cerco sempre il giusto equilibrio».
(foto PinkyPiggu)
4 - La priorità è il gusto. «Curo certo la presentazione, ma meno rispetto a qualche anno fa».
5 - Tagliare, tagliare, tagliare. Tre volte, perché vale su altrettanti aspetti. «Intanto, preferisco ormai lavorare in sottrazione, togliere elementi, e più lo faccio più incontro il favore della clientela. Un'altra cosa che ho cambiato è la lunghezza del menu: basta con degustazioni di 14 o 15 piatti, ma una proposta più short, con maggiore sostanza, come amo dire, in cui il cliente abbia la possibilità di comprendere appieno i gusti dei vari piatti e di apprezzare le tecniche usate e la natura degli ingredienti d'eccellenza che propongo. Così anche il pasto diventa più breve: non ha più senso che duri 4 o 5 ore, credo che l'ideale sia non andare oltre le due ore, due e mezza al massimo».
6 - Fatti e non storie. «Troppi ristoranti alla moda mettono una storia, un concetto, una filosofia, prima del prodotto. Mi infastidisce: la storia può essere straordinaria ma non c'è gestualità in essa. Preferisco mettere prima la gestualità e poi lasciar che questa racconti una storia. Ho un ristorante, non un marchio di moda».
Formatosi con Michel Bras e Bernard Andrieux, ha fortificato con loro la propria visione di una cucina legata a ingredienti puri e biologici. Come per contrappasso per uno come lui, così legato alla terra, dopo aver viaggiato a lungo per lavoro (a Bora Bora e a Londra, soprattutto), è capitato a Singapore, ossia il luogo per eccellenza quasi totalmente privo di materie prime alimentari, dove ogni ingrediente usato è slegato da un legame diretto con il territorio circostante, sorta di stimolante Babele gastronomica che ha la propria identità nell'essere crogiuolo di identità molteplici. Il felice paradosso è che proprio qui Royer abbia messo radici e trovato il successo.
La sala, bellissima
L'insegna Odette rimanda al nome della nonna materna di Royer, «ho lavorato con chef a due o tre stelle, ma dove ho imparato di più è stato a casa, con lei o mia mamma»: un modo per riaffermare i propri legami culturali che vengono ribaditi anche a tavola; infatti all'Odette lo chef non si propone più di tanto l'obiettivo di una fusion tra la grande cucina d'Oltralpe e quella asiatica, bensì quello di proporre una versione mediata della prima, rielaborata dalla proprio mano molto raffinata e dalla propria intelligenza (che lo spinge, come detto, a "venire incontro" alla clientela) e con l'inserimento di qualche ingrediente asiatico d'eccellenza, soprattutto giapponese o neozelandese, ma non solo.
Da Odette si mangia benissimo, questo è evidente. Royer è molto bravo nell'interpretare la Francia filtrandola attraverso la propria personalità e la propria storia: ne deriva una proposta in chiaroscuro, delicata eppure ricca di aromi, in cui l'armonia di fondo accoglie le contaminazioni che vengono instillate garbatamente («A me piace usare sempre più sapori asiatici»: sarebbe bello, man mano che la sua carriera procederà, coglierli anche in misura maggiore: passare insomma da uno stile personale a uno ancor più originale) in un abbraccio comunque elegante.
Umberto Bombana a Identità Golose
Ed ecco il nostro pranzo.
Al tavolo si è accolti così
Crostino con lattuga, pomodoro...
Tartelletta con crème fraîche e uova di salmone
Té ai funghi con zabaione di porcini: note tostate, c'è pulizia eppure sapidità
Riccio di mare di Hokkaido, spot prawn (è il Pandalus platyceros, un gambero del Pacifico), nuvola di cosse e caviale
Granchio Kegani (Erimacrus isenbeckii), gel di mela Granny Smith e sedano, spezie Vadouvan, olio di kaffir lime (Citrus hystrix, ossia la combava). Le spezie Vadouvan sono una miscela indiana curry con aggiunta di aromatici come lo scalogno e l'aglio
Variazione di barbabietola "heirloom", barbabietola al sale, stracciatella, miele. Con heirloom ("cimelio") si intende una tipologia di vegetale comunemente coltivata durante periodi precedenti della storia umana, ma che non è usata nella moderna agricoltura su larga scala
Uovo bio affumicato al rosmarino, patate affumicate al sifone, chorizo iberico e salsa meunière. Un signature di Royer, buonissimo
Ancora l'uovo bio
Animelle di vitello del Limousin, fondue di cipolle delle Cévennes, porcini arrosto, jus gras
Amadai, la sua pelle croccante, consommé di anguilla affumicata, calamaro Yari ika, olio di alga nori. Piatto meraviglioso e buonissimo, l'amadai è un pesce della famiglia delle orate, l'Odette se lo fa arrivare da Nagasaki
Il piccione di Fabien Deneour, crosta di pepe Kampot, testure di mais, aglio nero. Dice Royer: «Il piccione è il piatto che rappresenta meglio il mio stile, noi lo facciamo frollare un po' di giorni e gli diamo note affumicate e umami, utilizziamo un straordinario pepe che viene dalla Cambogia e si chiama Kampot». Il piatto è delizioso
Ancora il piccione
Una fresca granita di sedano, cetriolo, lemon grass...
Ciliegie di Bessenay, clafoutis della nonna, fiore di sambuco e mandorle. Il clafoutis è un dolce cotto al forno composto da ciliegie nere annegate in una pasta simile a quella delle crêpes; le mandorle sono in gelato
Odette 1 Saint Andrew's Road, #01-04, National Gallery, Singapore +65 6385 0498 odetterestaurant.com chiuso l'intera domenica e il lunedì a pranzo degustazione tra i 128 e i 248 dollari di Singapore (80-155 euro)
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a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera