13-09-2018

Sei consigli per condurre il vostro ristorante al successo

A Singapore incontro con Julien Royer, francese, il suo Odette è al 5° posto tra i migliori ristoranti d'Asia. E ci ha detto...

Julien Royer, francese classe 1982, due stelle Mic

Julien Royer, francese classe 1982, due stelle Michelin a Singapore ottenute con il suo Odette

Partiamo dal fondo. Al termine di un pranzo raffinato, abbiamo scambiato due chiacchiere con lo chef Julien Royer, francese classe 1982, due stelle Michelin a Singapore ottenute con il suo Odette al primo colpo, ossia appena la Rossa è sbarcata laggiù, nel 2016, e sempre confermate da quel momento. Al ritorno in Italia, rileggendo gli appunti del nostro dialogo, ci siamo accorti che ci ha regalato una sorta di breve prontuario su come gestire un ristorante di successo - o come condurre un ristorante al successo, che dir si voglia.

Lui ne sa qualcosa: arrivato nella città-stato sette anni fa nel 2011, due più tardi, quando ancora lavorava allo Jaan, si è distinto a tal punto da ottenere il One to Watch degli Asia's 50 Best Restaurants, come dire "il ristorante rivelazione da tenere d'occhio", scalando rapidamente le posizioni in classifica: 22° nel 2013 (primo anno di rilevazione), 17° nel 2014, 11° nel 2015. La crescita della sua notorietà gli ha consentito di mettersi in proprio, creando l'Odette - del quale è chef ma anche comproprietario - nel novembre del 2015, all'interno della National Gallery, in uno degli edifici iconici della Singapore storica.

La National Gallery di Singapore

La National Gallery di Singapore

Nella lista del 2016 era ancora fuori, troppo recente l'apertura, con lo Jaan subito però precipitato al 29° posto. Nel 2017 ha esordito con un clamoroso 9° posto assoluto, Highest New Entry di tutti i tempi, ossia la scalata più impetuosa della storia. Con l'ultima classifica, quella del 2018, è il numero 1 in città, il 5° in tutto il continente; nella graduatoria generale, si colloca invece al 28° posto assoluto nel mondo, 58 gradini più in alto dell'anno prima, quando aveva debuttato 86°

Royer ai World's 50 Best 2018

Royer ai World's 50 Best 2018

Ecco, dunque, le sue pillole di saggezza:
1 - Non cucinare sogni, ma piatti. «Il piatto deve essere buono per il palato ma anche per il bilancio del ristorante a fine serata. Noi siamo full ogni giorno perché non dimentichiamo mai questa regola».

2 - Bisogna comprendere i gusti della propria clientela. «All'Odette lavorano 36 persone, 15 in cucina: sono tutti asiatici, da Singapore, Malesia, Giappone, Corea... I miei tre sous chef mi seguono da più di 6 anni. È importante che sia così perché loro mi fanno capire meglio il gusto di queste aree; assaggiamo le preparazioni e a volte mi dicono che devono presentare sapori più netti, è questa la richiesta del palato locale. È qualcosa che ho capito col tempo, cerco sempre il giusto equilibrio».

(foto PinkyPiggu)

(foto PinkyPiggu)

3 - Essere flessibili. «Non basta comprendere i gusti, bisogna in qualche modo andare loro incontro, perché lo chef moderno deve essere flessibile. Il mio dna è francese, però sono aperto alle esigenze di dove vivo, qui la gente ama il sapore, le spezie, le acidità, molto meno gli amari. Capisco queste tendenze e ne tengo conto in cucina. Credo che sia uno dei segreti del mio successo».

4 - La priorità è il gusto. «Curo certo la presentazione, ma meno rispetto a qualche anno fa».

5 - Tagliare, tagliare, tagliare. Tre volte, perché vale su altrettanti aspetti. «Intanto, preferisco ormai lavorare in sottrazione, togliere elementi, e più lo faccio più incontro il favore della clientela. Un'altra cosa che ho cambiato è la lunghezza del menu: basta con degustazioni di 14 o 15 piatti, ma una proposta più short, con maggiore sostanza, come amo dire, in cui il cliente abbia la possibilità di comprendere appieno i gusti dei vari piatti e di apprezzare le tecniche usate e la natura degli ingredienti d'eccellenza che propongo. Così anche il pasto diventa più breve: non ha più senso che duri 4 o 5 ore, credo che l'ideale sia non andare oltre le due ore, due e mezza al massimo».

6 - Fatti e non storie. «Troppi ristoranti alla moda mettono una storia, un concetto, una filosofia, prima del prodotto. Mi infastidisce: la storia può essere straordinaria ma non c'è gestualità in essa. Preferisco mettere prima la gestualità e poi lasciar che questa racconti una storia. Ho un ristorante, non un marchio di moda».
 

Ecco, in quest'ultima dichiarazione di Julien Royer c'è tutta la scelta di stile che ha portato un giovanotto francese dai modi gentili a conquistare Singapore e l'Asia, in pochi anni. Mica male per un ragazzo nato in una famiglia di agricoltori da quattro generazioni nel Cantal, Francia centrale («In the middle of nowhere. Non avevamo un soldo, ma a tavola ci trattavamo molto bene: avevamo tutte le verdure e la frutta di nostra produzione, mangiavamo i nostri animali, conoscevamo le tecniche per cucinarli al meglio. Real food»), e per il quale i ritmi della stagionalità sono diventati parte integrante della vita fin dalla tenera età.

Formatosi con Michel Bras e Bernard Andrieux, ha fortificato con loro la propria visione di una cucina legata a ingredienti puri e biologici. Come per contrappasso per uno come lui, così legato alla terra, dopo aver viaggiato a lungo per lavoro (a Bora Bora e a Londra, soprattutto), è capitato a Singapore, ossia il luogo per eccellenza quasi totalmente privo di materie prime alimentari, dove ogni ingrediente usato è slegato da un legame diretto con il territorio circostante, sorta di stimolante Babele gastronomica che ha la propria identità nell'essere crogiuolo di identità molteplici. Il felice paradosso è che proprio qui Royer abbia messo radici e trovato il successo.

La sala, bellissima

La sala, bellissima

Ci spiega: «Singapore ha poco territorio e nessuna agricoltura o quasi, ufficialmente il 92% del generi alimentari viene da fuori. In compenso, in assenza di prodotti, si ha però facile accesso a tutti quelli del mondo: Singapore è molto organizzata e la logistica è strutturata perfettamente, per esempio noi compriamo straordinari ingredienti giapponesi perché li troviamo freschissimi al mercato almeno quattro volte alla settimana. Ma si trova davvero ogni cosa. In Europa si tende a privilegiare una cucina fatta con ingredienti locali, cosa che qui sarebbe del tutto impossibile, le prospettive sono totalmente diverse».

L'insegna Odette rimanda al nome della nonna materna di Royer, «ho lavorato con chef a due o tre stelle, ma dove ho imparato di più è stato a casa, con lei o mia mamma»: un modo per riaffermare i propri legami culturali che vengono ribaditi anche a tavola; infatti all'Odette lo chef non si propone più di tanto l'obiettivo di una fusion tra la grande cucina d'Oltralpe e quella asiatica, bensì quello di proporre una versione mediata della prima, rielaborata dalla proprio mano molto raffinata e dalla propria intelligenza (che lo spinge, come detto, a "venire incontro" alla clientela) e con l'inserimento di qualche ingrediente asiatico d'eccellenza, soprattutto giapponese o neozelandese, ma non solo.

Ne deriva un effetto-straniamento, specie per noi italiani così abituati a tavole vincolate alla dimensione territoriale che è loro propria: come se il miglior ristorante della Penisola proponesse cucina cinese, per dire. Ma a Singapore questo non solo è normale: anzi rappresenta l'essenza stessa di un luogo che afferma la propria natura non nella mancanza di radici, ma nella loro pluralità. E in cui l'assenza di una tradizione comune e forte (ossia forte proprio perché comune) lascia spazio alla molteplicità di proposte, «qui puoi trovare tavole di altissima qualità malesi, indonesiane, birmane, thai, vietnamite e così via».

Da Odette si mangia benissimo, questo è evidente. Royer è molto bravo nell'interpretare la Francia filtrandola attraverso la propria personalità e la propria storia: ne deriva una proposta in chiaroscuro, delicata eppure ricca di aromi, in cui l'armonia di fondo accoglie le contaminazioni che vengono instillate garbatamente («A me piace usare sempre più sapori asiatici»: sarebbe bello, man mano che la sua carriera procederà, coglierli anche in misura maggiore: passare insomma da uno stile personale a uno ancor più originale) in un abbraccio comunque elegante.

Umberto Bombana a Identità Golose

Umberto Bombana a Identità Golose

Al termine della conversazione, Royer ci parla anche di un nostro grande connazionale che lavora "poco distante " (insomma: da Singapore a Hong Kong sono quasi 2.600 km...): «Umberto Bombana è un mito, è unico. Tutto quello che mangi da lui è delizioso, bello, pieno di sapore, cotto alla perfezione, e penso che lui sia un modello al quale ispirarsi. Lui incarna alla perfezione il piacere del gusto».

Ed ecco il nostro pranzo.

Al tavolo si è accolti così

Al tavolo si è accolti così

Crostino con lattuga, pomodoro...

Crostino con lattuga, pomodoro...

Tartelletta con crème fraîche e uova di salmone

Tartelletta con crème fraîche e uova di salmone

Té ai funghi con zabaione di porcini: note tostate, c'è pulizia eppure sapidità

Té ai funghi con zabaione di porcini: note tostate, c'è pulizia eppure sapidità

Riccio di mare di Hokkaido, spot prawn (è il Pandalus platyceros, un gambero del Pacifico), nuvola di cosse e caviale

Riccio di mare di Hokkaido, spot prawn (è il Pandalus platyceros, un gambero del Pacifico), nuvola di cosse e caviale

Granchio Kegani (Erimacrus isenbeckii), gel di mela Granny Smith e sedano, spezie Vadouvan, olio di kaffir lime (Citrus hystrix, ossia la combava). Le spezie Vadouvan sono una miscela indiana curry con aggiunta di aromatici come lo scalogno e l'aglio

Granchio Kegani (Erimacrus isenbeckii), gel di mela Granny Smith e sedano, spezie Vadouvan, olio di kaffir lime (Citrus hystrix, ossia la combava). Le spezie Vadouvan sono una miscela indiana curry con aggiunta di aromatici come lo scalogno e l'aglio

Variazione di barbabietola "heirloom", barbabietola al sale, stracciatella, miele. Con heirloom ("cimelio") si intende una tipologia di vegetale comunemente coltivata durante periodi precedenti della storia umana, ma che non è usata nella moderna agricoltura su larga scala

Variazione di barbabietola "heirloom", barbabietola al sale, stracciatella, miele. Con heirloom ("cimelio") si intende una tipologia di vegetale comunemente coltivata durante periodi precedenti della storia umana, ma che non è usata nella moderna agricoltura su larga scala

Uovo bio affumicato al rosmarino, patate affumicate al sifone, chorizo iberico e salsa meunière. Un signature di Royer, buonissimo

Uovo bio affumicato al rosmarino, patate affumicate al sifone, chorizo iberico e salsa meunière. Un signature di Royer, buonissimo

Ancora l'uovo bio

Ancora l'uovo bio

Animelle di vitello del Limousin, fondue di cipolle delle Cévennes, porcini arrosto, jus gras

Animelle di vitello del Limousin, fondue di cipolle delle Cévennes, porcini arrosto, jus gras

Amadai, la sua pelle croccante, consommé di anguilla affumicata, calamaro Yari ika, olio di alga nori. Piatto meraviglioso e buonissimo, l'amadai è un pesce della famiglia delle orate, l'Odette se lo fa arrivare da Nagasaki

Amadai, la sua pelle croccante, consommé di anguilla affumicata, calamaro Yari ika, olio di alga nori. Piatto meraviglioso e buonissimo, l'amadai è un pesce della famiglia delle orate, l'Odette se lo fa arrivare da Nagasaki

Il piccione di Fabien Deneour, crosta di pepe Kampot, testure di mais, aglio nero. Dice Royer: «Il piccione è il piatto che rappresenta meglio il mio stile, noi lo facciamo frollare un po' di giorni e gli diamo note affumicate e umami, utilizziamo un straordinario pepe che viene dalla Cambogia e si chiama Kampot». Il piatto è delizioso

Il piccione di Fabien Deneour, crosta di pepe Kampot, testure di mais, aglio nero. Dice Royer: «Il piccione è il piatto che rappresenta meglio il mio stile, noi lo facciamo frollare un po' di giorni e gli diamo note affumicate e umami, utilizziamo un straordinario pepe che viene dalla Cambogia e si chiama Kampot». Il piatto è delizioso

Ancora il piccione

Ancora il piccione

Una fresca granita di sedano, cetriolo, lemon grass...

Una fresca granita di sedano, cetriolo, lemon grass...

Ciliegie di Bessenay, clafoutis della nonna, fiore di sambuco e mandorle. Il clafoutis è un dolce cotto al forno composto da ciliegie nere annegate in una pasta simile a quella delle crêpes; le mandorle sono in gelato

Ciliegie di Bessenay, clafoutis della nonna, fiore di sambuco e mandorle. Il clafoutis è un dolce cotto al forno composto da ciliegie nere annegate in una pasta simile a quella delle crêpes; le mandorle sono in gelato


Odette
1 Saint Andrew's Road, #01-04, National Gallery, Singapore
+65 6385 0498
odetterestaurant.com
chiuso l'intera domenica e il lunedì a pranzo
degustazione tra i 128 e i 248 dollari di Singapore (80-155 euro)


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Carlo Mangio

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La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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