Parrebbe solo un caso che il nome del luogo dove sorge la Villa Necchi "di campagna", alla Tenuta Portalupa di Gambolò (Pavia), in Lomellina, occhieggi a un altro nome, quello del grande architetto Piero Portaluppi, attivo soprattutto tra le due guerre e autore di quella magnifica residenza "di città" che è la celebre Villa Necchi Campiglio di via Mozart, a Milano. Sembra anzi che Portaluppi non abbia proprio messo mano, a suo tempo, alla sistemazione di quella villa gambolese rilevata dai Necchi e fatta restaurare e ampliare nel 1938 dall'architetto Giancarlo Parlanti, e in seguito luogo di soggiorni celebri: divenuta riserva di caccia, immersa com'è nel Parco del Ticino, ospitò a più riprese i reali di Savoia, ma anche quello che sarebbe divenuto il re spagnolo Juan Carlos di Borbone, Filippo d'Edimburgo e tanti altri.
D'altra parte i
Necchi, pavesi, facevano parte del gotha industriale italiano, nel settore metallurgico e meccanico: in particolare
Vittorio Necchi, figlio del fondatore
Ambrogio, fu uno straordinario imprenditore, inventore delle omonime
macchine da cucire. La sua azienda negli anni di massimo splendore arrivò a impiegare più di 5mila dipendenti. Morì nel 1975, senza eredi diretti. Con la sua scomparsa, e quella della moglie
Lina,
Villa Necchi alla Portalupa - con il suo grande parco, le serre, le coltivazioni: in tutto 10 ettari - cadde in abbandono (l'altro ramo della famiglia, quello dei
Necchi-Campiglio, s'estinse invece nel 2001, e la loro villa milanese, del
Portaluppi, passò in eredità al
Fao, che la ben gestisce tuttora).
Premessa lunga per capire lo sforzo operato da una holding finanziaria milanese, in questi anni, per recuperare la bellezza della tenuta e la struttura della dimora: non necessariamente per riportarla in toto agli antichi fasti (nei decenni di incuria quasi tutti gli arredi sono andati irrimediabilmente perduti), ma per renderla di nuovo meta bella e accogliente.
Oggi è residenza di charme con 21 camere e un bellissimo giardino, ospita eventi, convegni, feste... Al suo interno anche un ristorante di qualità, affidato fin dall'apertura, cinque anni fa, ad
Antonio Danise, chef classe 1984 di origine campana, ma ormai da tempo trapiantato in Lomellina. Nel suo curriculum importanti esperienze tanto in cucina, su tutte i 3 anni e mezzo al
Quattro Passi di Nerano, quanto nel mondo della pasticceria.
Danise sulle prime si è "accontentato" di seguire col suo team l'offerta ristorativa legata agli eventi e ai meeting, o quella necessaria per sfamare gli ospiti della
Villa; da circa due e mezzo invece spinge anche sulla proposta gourmet. Ora è anche membro di
Chic - Charming Italian Chef.
Ha studiato con intelligenza questo complesso passaggio: senza voler strafare, ma puntando a un giusto equilibrio. Lui, napoletano, cerca un non banale abbraccio Sud-Nord tra la sua tradizione d'origine e quella locale. Gli esiti sono a volte molto convincenti, certo sempre stimolanti.

Pizza fritta di riso con pomodorini del Vesuvio e basilico cristallizzato. Le foto dei piatti sono di Tanio Liotta

Crema di Carnaroli Riserva San Massimo con briciole di miccone e olio al nero di seppia

Storione di Lomellina con fave e pancetta di nero casertano
Vedasi ad esempio la
Pizza fritta con pomodorini del Vesuvio e basilico cristallizzato, dove l'impasto è realizzato col prodotto principe dell'agricoltura lomellina, dunque il riso, ridotto in farina. Il cereale, ovviamente, torna spesso nel percorso degustazione:
Crema di Carnaroli di Riserva San Massimo (che dista giusto una decina di chilometri)
con briciole di miccone (il pane tipico di qui)
e olio al nero di seppia; Carnaroli integrale San Massimo al salto con brunoise di verdure, gamberi di fiume (da Trecate, nel vicino Novarese),
il loro fondo ristretto e punte d'asparagi di Cilavegna. Anche la pastiera finale è fatta col riso, un Rosa Marchetti, poi accompagnata da gelato e salsa allo Strega. E ancora, un Campania-Gambolò andata e ritorno è lo
Storione di Lomellina (di
Pisani Dossi)
con fave e pancetta di nero casertano, il pesce vanta una piacevole nota di barbecue. Persino il burro, locale, da latte di razza bruno alpina, è aromatizzato con i limoni della Costiera.

Crudo di fassona affumicata con legno di rovere, carasau al grano saraceno, crema di mozzarella e finocchi croccanti
Godibile inoltre il
Crudo di fassona affumicata con legno di rovere, carasau al grano saraceno, crema di mozzarella e finocchi croccanti (giusto le nota di fumo è leggermente eccessiva); buona la
Seppia e piselli (con aceto di miele del Ticino e maionese al nero). Si termina con delle golose
graffe.

Le serre del Villa Necchi
Danise è un serio professionista.
Lina Ferrari, moglie di
Vittorio Necchi, per coltivare fiori e piante, che amava, aveva allestito cinque serre nel parco della
Portalupa, dotandole di un avveniristico impianto di irrigazione. Ora una di quelle strutture è diventata la spa del
Villa Necchi. Il resto viene invece utilizzato dallo chef per le proprie esigenze: erbe, frutti, ortaggi.
Villa Necchi
via Cavalier Vittorio Necchi 2-4, fraz. Molino d’Isella, Gambolò (Pv)
Tel. +39 0381 092601
villanecchi.it
Il ristorante gastronomico è aperto venerdì e sabato a cena, domenica a pranzo. Gli altri giorni solo su prenotazione
Menu degustazione a 50 e 65 euro