«Già, ho lavorato a elBulli. Ma questa storia non l’ho mai raccontata a nessuno, evito anche di metterla nel curriculum. Come l’hai saputo? Comunque sì, è vero». Davide Oldani ammette: la nostra pista era corretta, lo abbiamo stanato. Non è stato facile: un po’ ci ha aiutato la fortuna, un po’ Gianni Revello, gran gastronomo.
E’ andata così. Qualche tempo fa abbiamo scritto questo articolo: Quelli che... erano con Ferran Adrià. Tracciavamo una sorta di mappa dei “bullinians” italiani, discepoli di Adrià, facendo parlare Loretta Fanella, Stefano Baiocco, Moreno Cedroni, Terry Giacomello, Luca Lacalamita… Dopo qualche giorno ci chiama Revello: «Mi risulta che anche Corrado Fasolato abbia lavorato a elBulli, mi sembra anche prima di quelli che hai citato. Non ne parla quasi mai, me l’ha raccontato in una notte buia e tempestosa, su a Schio». Contattiamo allora lo chef dello Spinechile, che conferma (presto scriveremo anche di ciò. Di una nostra recente visita abbiamo scritto qui: Magia Spinechile, mago Fasolato). Nostra domanda a Fasolato: ma sei stato tra i primi italiani a elBulli? «Non lo so. Anzi, primo no di sicuro: quando arrivai ci trovai Davide Oldani, che stava terminando il suo stage».

Due menu de elBulli, anno 1999: ovviamente i prezzi erano espressi ancora in pesetas. Oldani li conserva gelosamente
Davide Oldani a
elBulli? Anche chi lo segue da anni, interpellato, cade dalle nuvole. E allora abbiamo chiesto direttamente all’interessato, con la risposta che già sapete.
IL VIAGGIO - «Era il 1999, credo davvero di essere stato uno dei primi chef italiani ad andare là, probabilmente il primo tra quelli oggi più noti. Erano gli anni in cui di questo Ferran Adrià si iniziava a parlare diffusamente, nell’ambiente. Da lì a poco sarebbe esploso. Una sera mi trovai a chiacchierare con alcuni suoi amici. Io avevo preso la stella al Giannino di Milano, ma mi mancava un’esperienza spagnola, capivo che lì stava avvenendo qualcosa d’importante. Non ci pensai troppo, chiesi allora a questi comuni amici di intercedere. E una mattina presi la mia auto, una vecchia 127, e mi gettai in quest’avventura. Circa 850 chilometri dopo, io che all’epoca avevo trent’anni, mi ritrovai in questo paesino sperduto, Roses. Cercai un posto per dormire, finii in un campeggio proprio a fianco de elBulli, a Cala Montjoi. Mi scrivono tuttora per propormi vacanze estive nella loro struttura».
JULI SOLER - «Dormivo in un lettino di un metro quadrato o poco più. Però mi bastava attraversare la spiaggia per arrivare a elBulli. Feci subito amicizia con un grandissimo uomo, Juli Soler: lui sapeva metterti subito a tuo agio, era serio ma ospitale. Dopo qualche giorno era come se fossi lì da sempre! Mi affidò un piatto, mi spiegò come farlo: certo, avevo una stella, ma a Roses ero l’ultimo arrivato. Non è cosa da poco dare subito così tanta responsabilità e fiducia, a questo livello. Io credo che proprio in tali atteggiamenti stia la maggiore differenza tra un grande professionista e gli altri».

Consommé tagliatelli a la carbonara, piatto numero 567 nel catalogo de elBulli: lo ricorda Oldani, era l'anno 1999
EL BULLI - «Trovai un ambiente fantastico. Ciò che mi colpì dal primo giorno e maggiormente furono l’organizzazione del servizio e la cura della qualità dei prodotti utilizzati: non avevano uguali, mai visto qualcosa di simile. Ricordo materie prime pazzesche: le
espardeñas (lingue di mare), i fiori eduli, alcuni pesci incredibili, tanta frutta e verdura. E il gioco di consistenze che era ricercato nei piatti. Penso alla crocchetta di pollo. O alla carbonara! Fatta in modo eccellente, con riduzione di uovo, cubetti di pancetta e una pasta realizzata addensando un consommé di vitello. O il famoso
Midollo e caviale...».
IL RIENTRO – «Io venivo da esperienze con Marchesi, Ducasse, Roux, Hermé: completamente diverse da quella a elBulli, dove alla fine mi limitai a un passaggio di pochi mesi, tre per la precisione. Fui quasi tentato di restare, ma era programmato che rientrassi in Italia: a Roses mi chiesero se sarei rimasto, risposi che non mi sarebbe stato possibile. Non ho rimpianti: instaurai comunque con quelli de elBulli – Ferran, Albert, Juli - un rapporto fantastico».
IL SILENZIO - «Perché non ho mai parlato di questa mia esperienza alla corte di Ferran Adrià? Diciamo così: per una forma di rispetto nei suoi confronti. Ho nel cuore quel periodo, che mi ha dato tanto; ma fu pur sempre uno stage, mi sarebbe sembrato sbagliato appuntarselo al petto come una coccarda».

Appunti di Davide Oldani presi durante i suoi tre mesi a elBulli: si segnava tutto, dai piatti (a sinistra) alla disposizione di cucina e sala, a destra
IL RICORDO - «Il mio ricordo più bello è forse di quando mi ritrovai spalla a spalla con
Albert Adrià in pasticceria a preparare, insieme, un croccante di zucchero con pancetta, ganache e mousse di fragole».
L’EREDITA’ - «Qualcuno criticò aspramente e alcuni criticano ancora oggi la cucina di Ferran e Albert. Forse perché non hanno conosciuto da vicino loro due e i piatti che preparavano. A me è un po’ rimasto quel loro gusto... A Roses poi ho capito che erano certo all’avanguardia della tecnica, ma senza mai rinunciare all’anima, cioè al sapore. Quando ero partito da Milano ero stato attirato dalla sperimentazione, immaginavo di imbattermi in splendidi fuochi d’artificio. Lo spettacolo della creatività e dell'avanguardia c’era, ma senza mai rinunciare a dare gioia al palato. E’ stato un grande insegnamento».
FERRAN ADRIA’ - «Io penso a lui come a un grandissimo chef. Ma tutta la mia esperienza, il fatto che mi abbia accolto quasi fossi il più gradito degli ospiti, mi ha messo di fronte a un uomo che oltre a essere uno straordinario professionista, è anche una bella persona, ricca di umanità. Ogni volta che incontro Ferran, lo saluto con sincera gioia».