04-07-2016
La cucina dell'italo-scozzese (in Australia) Jock Zonfrillo va alla ricerca dell'identità primigenia australiana, per questo usa oltre 60 prodotti degli aborigeni e ne rende contemporanee le tecniche di cottura. Abbiamo incontrato lo chef al Bulgari di Milano. E ci ha detto che...
Alcune immagini della straordinaria cena preparata da Jock Zonfrillo al Bulgari di Milano. Qui due appetizer, Gambero rosso e prugne di Davidson e Nuvole di canguro
Cavolo rapa sottaceto e pepe dorrigo, Lilli Pilly e baccusia
Vongole affumicate e pane cotto sui carboni
Patata al forno, fagioli, zucca, uovo ed acetosella
Ricciola e uova, di Roberto Di Pinto
Scampo avvolto nel lardo e cotto alla brace con geraldton wax
Il prete piemontese
Fragole australiane e panna
Il mio nome è Zonfrillo, Jock Zonfrillo. A vederlo così, e a conoscerne la storia, sembra qualcosa tra un agente segreto, un attore di Hollywood e un antropologo pazzo. Non lo si collocherebbe in cucina. Classe 1976, nativo di Glasgow da mamma scozzese e papà italiano, oggi è invece chef “di tendenza”, qualsiasi cosa voglia dire, e con la passione per la cucina aborigena, ossia quella australiana dei primordi, perché lavora là, nel Nuovissimo Continente, da ormai 16 anni, era il 2000 quando vi mise radici.
Tipo interessante. Nota la collega Mirta Oregna «i diversi tatuaggi che gli coprono il braccio destro: oltre al cardo, fiore simbolo della Scozia, il relativo motto intimidatorio Nemo me impune lacessit, ovvero “Nessuno mi sfidi impunemente”; poi un corvo malaugurante, un maiale (per passione), un teschio, un serpente e pure il quote di Steve Jobs "perché arruolarsi in marina quando puoi essere un pirata”».
Davide Scabin, Jock Zonfrillo e Andrea Berton con lo chef del Bulgari, Roberto Di Pinto
L’imprinting è stato forte, basti vedere l’elenco dei suoi amici, tra i quali René Redzepi, Magnus Nillson, Alex Atala, tutta gente che scandaglia le rispettive zone alla ricerca di licheni e formiche, midolli e pupunha.
Per dire: a Milano, ospite qualche settimana fa del Bulgari nell’ambito della rassegna Epicurea, s’è presentato con un bagaglio zeppo di erbe e bacche, necessarie a far capire che diavolo di ricette propone nei suoi ristoranti: quello di fine dining Orana, il bistrot d’autore Blackwood, poi anche il food truck Nonna Mallozzi (dal nome della sua bisnonna paterna: vi serve pasta e panini). Tutto ad Adelaide, 15.600 km di distanza dalla Madonnina.
Lui è per il cook it raw. Ci spiega: «All’Orana cerco di fornire una mia idea della cucina australiana, incluse le prime manifestazioni tradizionali, quelle legate alla cultura aborigena, nonché le sue interpretazioni odierne, con le varie tecniche legate al barbecue. Quello che mi piace è far capire le due caratteristiche essenziali di tale stile, da una parte il territorio e dall’altra il fuoco. Amo cuocere direttamente sulla brace».
Nonna Mallozzi, il food truck "italiano" di Zonfrillo
Chiediamo allora a Zonfrillo un commento sul successo di Bottura: «Sono molto felice che Massimo sia arrivato primo, era da tempo nei top five ed è fantastico che ora sia arrivato meritatamente al vertice. Belisimo», sorride con discreta pronuncia italiana. D’altra parte, narra, «nella mia vita ho sempre avuto molti legami con l’Italia e la sua cucina. Amo Bottura, ogni volta che sono stato all’Osteria Francescana ricordo un vero tripudio per le mie papille gustative. Poi penso a un luogo fantastico come il Combal.zero di Davide… Ma ritengo che l’Italia sia resa grande anche dalla molte trattorie di cucina tradizionale capaci di esaltare il prodotto, io le trovo deliziose».
Diverte che Zonfrillo, cuoco cosmopolita (delle origini italo-scozzesi abbiamo già detto. Va aggiunto l’apprendimento delle tecniche, francesi e non, con quell’altro genio scapestrato di Marco Pierre White) abbia trovato la propria dimensione nella cucina dei nativi australiani. E’ un segno dei tempi. Ma non è stato facile, la ricerca di un’autentica identità gastronomica australiana, che fosse legata ai luoghi e non alle mode incidentali, è durata più di dieci anni: «Per sette volte sono andato nel deserto per chiedere agli aborigeni di raccontarmi la loro cultura, anche e non solo alimentare, perché non potevo credere che un popolo con così tanti secoli di storia non ne avesse sviluppata una. Per sei volte mi hanno detto di no e rimandato a casa a mani vuote.
Zonfrillo al Bulgari parla al tavolo con Scabin e Andrea Petrini
Solo il 10% di questo ben di dio è costituito da proteine animali, il resto sono verdure, radici, vegetali in genere. Così lo scorfano viene cotto in un intreccio di legno di mangrovia, che conferisce fumo e sale. «La mia cucina è fatta in modo da far gustare il sapore, l’essenza aromatica stessa di questa nazione. Sono stato influenzato dall’idea aborigena di guarire e di essere guarito dalla terra e di restituirle sempre più di quanto ti abbia donato. Ho voluto comprendere le proprietà nutrizionali e curative dei prodotti indigeni e rispettare il rapporto tra materie prime, terra e cultura: questo mi ha allargato gli orizzonti. Lavorare con persone che sono custodi della terra, piuttosto che proprietari, ha dato più profondità al mio stile».
Più prosaicamente, noi siamo letteralmente usciti di testa per il suo scampo avvolto nel lardo e cotto alla brace con geraldton wax, pianta degli antipodi - famiglia delle Mirtacee – che conferisce pazzesche note acide e agrumate.
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Gita fuoriporta o viaggio all’estero? La meta è comunque golosa. Lo è perlomeno per il nostro Carlo Passera, alias Carlo Mangio. Un cibo succulento le sue parole, che stimolano curiosità e salivazione, pensieri limpidi, tanta sostanza per una delle penne più interessanti del panorama gastronomico nazionale