04-12-2022
Particolare di copertina de "La Bibbia dei libri di cucina" di Jenny Linford, Slow Food Editore, 356 pagine, 39 euro (33,15 euro se acquistato online)
Slow Food Editore ha pubblicato da poco “La Bibbia dei libri di cucina. I preferiti dai grandi cuochi e quelli che hanno fatto la storia”, traduzione un po’ libera dell’originale “The chef’s library. Favorite cookbooks from the world’s great kitchens”, un libro uscito in lingua inglese, per i tipi di Abrams, nel 2016. L’autrice è la food writer britannica Jenny Linford ma è il caso di dire che gli autori sono tanti quanti i libri citati, commentati e recensiti in quest’opera. Sono 165 in tutto e sono stati pubblicati in 2mila anni di storia: l’arco temporale delle pubblicazioni va dal “De Re Coquinaria” di Marco Gavio Apicio, composto presumibilmente 2mila anni fa (ma la raccolta è avvenuta almeno 3 secoli dopo), ai volumi più importanti scritti nell’ultimo decennio. In pratica, è una summa dei libri più interessanti di cucina e gastronomia mai scritti. Una summa non integrale, ci mancherebbe. E anche un poco anglocentrica, forse, ma comunque molto utile per i cultori della materia. Il libro si articola in 3 capitoli. Nel primo, “Lo chef consiglia…”, Linford ha chiesto a 70 cuoche e cuochi, importanti e viventi, di citare il libro di cucina preferito, motivando la preferenza. Colpisce, nell’insieme, la scelta di titoli che vanno ben oltre i ricettari elementari. Sono (o sono state) quasi tutte fonti di ispirazione, conoscenza e filosofia per chi li ha scelti. Libri di cucine da tutto il mondo, da quella australiana alla taiwanese. Con un peso importante assegnato ai titoli francesi e italiani. Vediamo qualche esempio. Andoni Luiz ha scelto “Le Livre” di Michel Bras (1991), «un libro senza tempo, che trasuda ancora ispirazione». Curiosa, invece, la scelta di Massimiliano Alajmo: segnala il misconosciuto “A tola co i nostri veci. La cucina veneziana” di Mariù Salvatori De Zuliani, prima edizione risalente al 1971. «Sono tutte ricette in dialetto, contaminazione colta e irripetibile». Quelli di estrazione più anglosassone, come Sat Bains e Shane Osborn, citano invece “White Heat” di Marco Pierre White (1990): «Tutti i cuochi della nostra generazione hanno avuto e amato quel libro».
Pubblicazioni e novità editoriali del pianeta gola
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classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
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