18-05-2015
Ezio e Renata Santin durante la presentazione del loro libro Un, due, tre... stella! a Identità Expo
Impossibile non avere mai giocato a Un, due, tre… Stella! Semplice semplice: uno contro tutti. Uno che difende il suo confine, in genere il muro di un cortile, fermando la corsa di tutti gli altri voltandosi di scatto e gridando stellaaaaaa. Divertimento garantito perché non è mai banale.
Però Un, due, tre… Stella! è anche il titolo del libro che Ezio e Renata Santin hanno da poco pubblicato con Mondadori, 178 pagine a cura di Erica Arosio e Giorgio Maimone, nelle quali una coppia d’oro della ristorazione italiana raccontano la loro straordinaria e incredibile storia. Straordinaria perché solo 14 insegne del Buon Paese sono state premiate dalla Michelin con tre stelle, da qui il titolo. Incredibile perché Ezio è un autodidatta nel vero senso della parola. Nessuno nasce imparato, ma lui aprì l’Antica Osteria del Ponte alla Cassinetta di Lugagnano, un comune a ridosso dei Navigli e di Abbiategrasso, quando aveva 36 anni.
Ezio e Renata Santin sulla porta d'ingresso della loro Antica Osteria del Ponte alla Cassinetta di Lugnagnano. Un anedotto raccontato durante Identità Expo: il salottino di benvenuto venne allestito quando la Michelin avvisò i coniugi Santin di non avere ottenuto la terza stella perché, alla visita decisiva, i vertici della guida rossa, arrivati in anticipo per pranzo, trovarono il personale che mangiava quasi sull'uscio. "Non è da locale tre stelle", la sentenza che spinse Ezio e Renata a cambiare tutto lo spazio. Accadde nel 1988, la terza stella arrivò l'anno seguente con l'edizione 1990, presentata nel novembre 1989. La foto è presa da ViviMilano
I dubbi durarono poco. La prima stella sarebbe arrivata nel 1978/79, lui 39enne. E oggi, quarant’anni dopo, Ezio si ricorda il via: “Aprimmo il 15 dicembre 1975, sei mesi prima del Gualtiero (Marchesi, ndr). In carta proposi paté tartufato e zuppa di funghi. I miei riferimenti? Nino Bergese della Santa a Genova e poi Roger Vergé sulla Costa Azzurra. Ho sempre amato la cucina ligure, era la vera nuovelle cuisine, l’uso dell’olio e delle erbe, il pesce cotto poco e poi quel capolavoro di baccalà che feci mio chiamandolo brandade di stoccafisso per dargli un tono, ma che in realtà si chiama brand de cujun ma come facevo a scrivere quella parola lì, coglione, nel menù?”.
I Gamberi rossi marinati al cipollotto e caviale, piatto bandiera di Ezio Santin
Marchesi e Santin, sei stelle in due, i primissimi in Italia. “La rivalità, in senso negativo, la creavano i giornalisti sciocchi che non sapevano cosa scrivere. Ad esempio, noi la domenica sera chiudevamo e con piacere andavano a cena da lui e lui da noi. Poi uno scrisse che lo facevo per copiare e così diradai le visite. La nostra era una sana competizione e a noi spiace ritrovarci oggi senza i nostri ristoranti”. Renata: “Ezio ha ancora tanto da dire e da un mese siamo tornati padroni dei muri dell’Antica Osteria del Ponte. Abbiamo tolto tutto quanto aggiunto che non era nostro. Quel posto è un figlio per noi e vorremmo vederlo tornare a vivere”.
Ezio Santin sul palco di Identità Golose 2013 quando fu protagonista di un omaggio che lo commosse. Da sinistra verso destra, si riconoscono Fabio Barbaglini, Francesca Barberini e Massimiliano Alajmo
Ultima nota: l’ultimo capitolo è intitolato Il menu degli altri. Da solo vale il prezzo del libro. E presto spiegherò perché.
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nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi