Annisa è un piccolo ristorante a New York on Barrow street, tra la 6 e la 7 strada. Quando si entra, si capisce subito che è un luogo ben frequentato, sempre pieno di gente che va e viene. La sala, come spesso accade negli Stati Uniti, è piena di camerieri, sempre in movimento. L'età varia dai 50 a poco più che 20enni. A gentile richiesta di uno stage, la cuoca Anita Lo risponde personalmente e mi invita nella sua cucina senza esitazioni. Bello, penso, una collega che non si fa problemi!

Anita Lo, americana di seconda generazione (foto New York Times)
Quando arrivo, la sous chef
Mary Attea e
Anita si prendono subito cura di me e mi fanno sentire a mio agio. Lasciata in cucina da sola con gli altri 2 cuochi, respiro subito un'aria familiare, tesa, silenziosa. Teste basse prese dal lavoro. Un'atmosfera diversa rispetto a quella dei ristoranti italiani, dove le battute non mancano mai. Mi piace questa condizione rigida, anche se porta alla mente ricordi di umiliazione, duro lavoro, scottature, tagli. Tutti in silenzio.
Anita è una persona speciale, molto dolce. Si vede che è una donna che ha lavorato e continua a lavorare moltissimo in linea. Parlando con lei, si capisce anche perchè è diventata famosa: intuitiva, curiosa, intelligente. Quando parla, c'è una nota di timidezza che le regala uno sguardo sfuggente anche se profondo, fissato su qualcosa intorno a lei. La maggior parte delle volte sui due inseparabili cagnolini, Mochi e Azuki, che scorazzano liberamente per il ristorante sempre alla ricerca di una carezza, di un'attenzione. Quando ha scoperto che sapevo cosa fosse il mochi e che sapevo anche farlo, mi ha sorriso come se volesse dirmi "ma tu, non asiatica, come fai a saperlo?". Una piccola nota di orgoglio deve essere apparsa sul mio viso, ripagandomi delle ore passate ad ascoltare e guardare cuochi giapponesi e studiare i libri sull'arte della cucina orientale.

Cristina Bowerman, foggiana, una lunga esperienza negli Stati Uniti prima di tornare a Roma e aprire Glass
Lo stile
Lo è solido, basato su preparazioni fortemente classiche ma con note asiatiche evidenti. La cucina non ha attrezzature moderne (niente
roner,
pacojet, eccetera) ma una potentissima vaporiera adatta allo
steaming, tecnica di cottura presente nella cucina di
Lo in maniera marcata. I contrasti agrodolci sono evidenti ma quello che mi ha sorpreso, positivamente, è la nota marcatamente acida di alcune preparazioni. Tra
meyer lemon,
lime e
black lime, ho avuto la possibilità di apprezzare questo sapore, a volte un po’ trascurato. Il
black lime…ne avevo sentito parlare ma non l’avevo mai assaggiato.
Anita lo usa con un
fluke, olio all’erba cipollina, sale rosso delle Hawaii. La cuoca sarà a novembre in Toscana. Andrà a imparare a fare l'olio. Questa è la filosofia dei grandi chef a cui mi ispiro:
never stop learning, mai smettere di imparare.