28-11-2011

Cene hardcore a Stoccolma

In Svezia da Frantzén/Lindeberg per un menu costruito con vini e materie prime incredibili

Pene di renna essiccato da gratuggiare. È la mat

Pene di renna essiccato da gratuggiare. È la materia prima più extreme di una cena speciale organizzata da Frantzén/Lindeberg, 2 stelle Michelin a Stoccolma in Svezia, telefono +46.(0)8.208580. Il cuoco Björn Frantzén sarà tra i protagonisti della giornata di Identità di Carne del 7 febbraio, ultimo giorno di Identità Milano in sala Blu 2 (foto Henrik Holm)

In tutta franchezza, del Frantzén/Lindeberg di Stoccolma non sapevo quasi nulla. Ricordavo che l’ultima World 50Best li segnalava come One to watch, l’insegna da tenere d'occhio in un oceano di transatlantici. Ho scoperto poi che la Michelin gli ha conficcato sul petto, una dopo l’altra (2009 e 2010), due stelle. Una consecutività rara in Europa, unica nella storia di Svezia, specie a considerare l’anno d’apertura dell'insegna: 2008. È la stagione in cui il cuoco Björn Frantzén e il pasticcere Daniel Lindeberg, neanche trentenni, si fanno coraggio e aprono un 18-coperti a Gamla Stan, l'isolotto della città vecchia, nella stessa bottega che ospitò lo stellato Mistral di Fredrik Andersson, talebano biodinamico di talento ora esiliato in periferia.

Un dì d’ottobre arriva l’email del nostro corrispondente svedese Mattias Kroon: «hei, vi va di venire a una cena estrema che abbiamo organizzato da F&L?». Per fortuna il capo è impegnato e allora vado io. Estremo o bigotto che sia il pasto, son felice in ogni caso di tornare nella città in cui, se apri la mappa in mezzo alla strada, lo stoccolmese arriva anche se non vuoi: «need help?». E pazienza se la luce se ne va già alle 4. O se i costi della corona svedese costringono a sbirciare di continuo il budget che neanche Mario Monti: pagheremmo anche solo per vedere famiglie al completo di bikers col casco sfrecciare serene tra le poche auto (e certo qua lo spread nemmeno sospettano esista).

Il giornalista Mattias Kroon tra calici di vini non convenzionali da tutta Europa, selezionati per la serata

Il giornalista Mattias Kroon tra calici di vini non convenzionali da tutta Europa, selezionati per la serata

Extreme dinner significa un menu degustazione costruito su ingredienti inconsueti e associato a vini che dire non convenzionali è poco. «Hardcore» li chiama Kroon mentre stappa, annusa senza volteggiamenti di troppo e versa ai convitati del Solaris di Klagshamns Vingår, un pinot bianco coi muscoli di zucchero, coltivato e vinificato nel sud della Svezia (nessun refuso). Poi arriva il Muscadet "sur lie" Amphibolite del bio-baffuto “Jo” Landron . E le uve ambrate in anfora di Rkatsiteli dei georgiani Pheasant's Tears, un gran non-filtrato con cui i caucasici cercano di schivare l’embargo degli odiati russi aprendo all’Europa. Ancora, l’ineffabile Ribolla 2004 di Josko Gravner e un altro sestetto di etichette che sbrodoleremmo in battute a dirli tutti.

Tutto questo, su un tavolo quadrato da 18 posti, al centro della Salle De Banquet di Björn e Daniel, minuscolo locale opposto alla vera e propria insegna gourmet di Lilla Nygatan 21, il due stelle che organizza cene "normali" (per modissimo di dire), su cui torneremo in un'altra occasione. Il degustazione di questa extreme night ha dell’incredibile per gli stessi svedesi, figurati per me. Senza saper nulla di nessuno, mi trovo seduto davanti a del Pane croccante di farina di corteccia di pino con burro da latte di yak, animale grasso appena per il 3%, col burro burrificato in loco con la zangola. Ne apprezzo la fragranza da cartone animato che è già ora delle Orecchie croccanti di maiale di Linderöds, una contea svedese di 404 abitanti che si sono messi in testa di far riprodurre questi particolari suini, loro sì piuttosto grassi, fino a pochi anni fa praticamente prossimi all’estinzione. Le orecchie arrivano in tavola con teste di gamberetti arrostite e disidratate, zenzero e zafferano (yes, zafferano di Svezia che stupirebbe anche quelli di Navelli).

Certo, da noi farebbe rumore (o orrore) vedere qualcuno grattugiare sotto Natale del pene di renna essiccato come fosse formaggio stagionato o tartufo. Ma i commensali svedesi non fanno una piega e assaggiano in deliquio. Io stesso all’inizio traballo: «Penis? Ho capito bene?». «Sì, quello», mi rispondono. «Ma la renna ha il pene?», insisto. «Non esisterebbero renne se non l’avessero». Ehm. «È un piatto comune?», svicolo. «Qui al sud no, lo è però tra i Sami, un’etnia che vive tra il nord della Scandinavia e la Russia, dedita da secoli all’allevamento di renne». Il cuoco ha fatto piovere le scagliette del pene su carne di Yak sfiammato al carbone col suo sego (grasso bovino che fa le veci dello strutto), servito a sua volta con anguille affumicate dal Mälaren (il terzo lago di Svezia) con uova di pesce di Per Vidlund, cipolle croccanti. Un assemblaggio che, sinceramente, rende indistinguibili i gusti delle parti nel tutto. 

Il formaggio franco-svedese Vincent Lèfevre alle prese col prezioso Blue de Termignon

Il formaggio franco-svedese Vincent Lèfevre alle prese col prezioso Blue de Termignon

Ancora dal menu da 16 portate: Rana pescatrice da Hitra (Norvegia) arrotolata in alghe marine e poi cotta su pietra rovente. Una memorabile Pernice dal piede rosso d’allevamento con pere, idromele, zucchero di canna, patate e noci. Capesante crude di Ingemar Johansson con emulsione di alghe marine, dove Johansson è un pescatore che separa ciascuna conchiglia e crostaceo appena pescato in 'camere' con separé di acetosella «perché sennò litigano tra loro e s’indurisce la carne». Intermezzo coi formaggi super-extreme Blue de Termignon selezionati da Vincent Lefèvre, affinatore francese trasferito a Stoccolma.

Arriva il momento del pastry-chef Daniel Lindeberg: Porridge di pastinaca con latte di capra e olio di semi di mela. Funghi girolles con albicocche secche e polvere di semi d'olio di colza. Gelato di lievito fresco con tuorlo d’uovo d’anatra, birra montata (come fosse panna) e acqua d’uva secca. Gran chiusura con Aglio fermentato con zucchero, usanza coreana per cui si conserva il bulbo nelle caverne a una temperatura di 60°C fino a 45 giorni, con lo zucchero che pian piano si caramella, regalando all'assaggio un trionfo di umami.

Un concentrato di tecniche e nozioni, insomma, che di estremo ha anche il mal di testa che segue a chi cerca di entrare nelle pieghe di mondi così lontani. Un lavoro inesausto di ricerca di materie prime («il 75% del mio tempo lo dedico a trovare e parlare coi produttori», dice Björn Frantzén) che porta al parossismo la lezione del danese René Redzepi («cuoco fondamentale per ognuno di noi») su localismo, purezza, sostenibilità e stagionalità. Feticisti dell’ingrediente che venerano l’orto seguendo l’insegnamento di Alain Passard, maestro del nostro cuoco di Stoccolma, che spese proprio diverso tempo all’Arpege di Parigi, un retaggio ben evidente in quel certo timore per i fuochi eccessivi in cottura, nella sadica passione per i rosolamenti lenti, in certi cerebralismi vegetali spinti.

Un ragazzo che rincorre l’utopia di arrivare un giorno a cucinare ogni piatto senza salsa alcuna, «traguardo per cui lotto sostenuto dal lavoro dei nostri fornitori. Senza di loro, io e Daniel non saremmo», conclude ontologicamente. Un plotone di svedesi estremi che vedremo tutti idealmente accanto allo stesso Frantzén in Sala Blu 2 a Identità Milano martedì 7 febbraio, nella giornata dedicata a Identità di Carne.


Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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