08-11-2017
In primo piano, Jiro Ono, 92 anni, sushiman da quando ne aveva 8, patron di Sukiyabashi Jiro, nel quartiere di Ginza, tre stelle Michelin. Alla sua destra, il figlio Yoshihiro, 54 anni. Yoshi ha un fratello, Takashi, alla guida di Sushi Jiro a Roppongi, due stelle Michelin (foto Zanatta)
Segue dalla prima parte Il prologo dovrebbe già essere familiare al lettore: in una giornata di tepore primaverile troviamo posto con Massimo Bottura da Sukyiabashi Jiro, il bancone di sushi più famoso del mondo. Dalle 17.16 alle 17.38, il 92enne Jiro Ono plasma e poggia al desco 20 pezzi di riso e pesce – quelli che prevede il menu degustazione, obbligatorio per tutti i commensali – più 3 fuori carta e altri 2 bis a nostra scelta. Questa è la sequenza del degustazione da 20: preludio con sogliola (hirame); seppia (sumi-ika) e dentice (shima-aji). Un trittico di tonno, servito in ordine di grassezza: delicato (akami), ventresca semi-grassa (chu-toro) e molto grassa, ricavata nella parte del ventre più vicina alle branchie (oo-toro). Poi sardina (kohada); abalone (awabi); sugarello (aji); scampo bollito (kurumaebi); ancora sardina, questa volta marinata (iwashi); vongola rossa (akagai); tonno bonito (katsuo); vongola giapponese (hamaguri), lo stesso sgombro del nono passaggio, questa volta marinato (aji-su); riccio di mare (uni); capasanta mignon (kobashira); uova di salmone (ikura); grongo, ossia anguilla di mare (anago) e uovo fritto (tamago). Uno knock out da 25 pezzi, consumati in 22 minuti. Uppercut e jab travestiti da una furiosa acidità che, nei primi 3 pezzi, violentava un palato del tutto indifeso davanti ai colpi. «Succede perché, quando siedi da Jiro», ha commentato bene Bottura 72 ore dopo, «ci vogliono sempre tre bocconi: il primo è per connettere il palato mentale, il secondo per prendere familiarità col sapore, il terzo per iniziare ad apprezzare». Una legge che il modenese ha imparato coi travasi dell’Aceto Balsamico Tradizionale: «E’ solo al terzo assaggio che il palato comincia ad avvertire i sapori terziari». In effetti, dal quarto pezzo in poi è sceso un caos calmo, spianato da quella stessa acidità frastornante sulle prime.
Sardina (kohada)
Scampo bollito (kurumaebi)
Tonno bonito (katsuo)
Vongola giapponese (hamaguri)
Un’altra grande differenza che salta all’occhio col sushi di serie B è la formula del degustazione. «I pezzi», torna Jiro, «vanno degustati, aprezzati uno per volta. Non sono studiati per sfamare o riempire lo stomaco». Tanti ristoratori servono uno o due antipasti e subito dopo il sushi: «E’ sbagliatissimo: così il palato capisce poco». È saggezza costruita in 84 anni di mestiere, la stessa che 17 anni fa gli fece abbandonare la formula à la carte a favore del menu degustazione unico, da 20 pezzi. Una sequenza che procede in ordine di grassezza, lasciando i pesi massimi in fondo. «E’ la rivoluzione più influente di sempre nel mondo del sushi», spiega il critico e amico Matsuhiro Yamamoto, «Oggi a Tokyo lo fanno quasi tutti». Chissà quanto tempo impiegherà ad affermarsi anche da noi.
Ricci di mare (uni). Cremosissimo, dolce, scioglievole. Abbiamo chiesto il bis. Il costo del menu è di 30.000 yen più tasse (circa 250 euro). In accompagnamento si beve tè o acqua
La mano sinistra di Jiro, mancino
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Insegne, cuochi e ghiotti orientamenti: a narrarceli è Gabriele Zanatta, laureato in Filosofia, nonché coordinatore della Guida ai Ristoranti di Identità Golose. Il suo punto di vista va ben oltre la superficie, per esplorare profondità e ampiezza della tavola, di tutto quello che è Zanattamente Buono.