12-04-2012
La tavola spartana del Totoraku di Los Angeles di Kaz Oyama. Meta ambita di tanti, il ristorante non ha un numero di telefono perché si può accedere solo su invito. Sarà il cuoco stesso, alla fine del pasto, a decidere se il cliente può tornare (foto del servizio Kevin Eats)
Di quel che si muove sulla scena gastronomica di Los Angeles, tra steakhouse, insegne di cucina italiana o messicana, vi abbiamo parlato qualche giorno fa. Abbiamo volutamente omesso, però, l’esperienza più particolare del nostro viaggio perché merita un racconto a sé: la cena dallo chef giapponese Kaz Oyama (si legge "Kas") al Totoraku, al 10610 di West Pico Boulevard, zona West Los Angeles. L’insegna di questo celebre chef, meta del pellegrinaggio di tante star hollywoodiane, è in realtà chiusa al pubblico. Sì, avete capito bene, non si può prenotare e il numero di telefono scritto all’esterno del locale è volutamente sbagliato: si può cenare solo su invito. Per fortuna un “gancio” ci ha consentito di varcarne la soglia.
In "carta" trionfa il manzo, grigliato sul posto in diversi tagli
Non esiste un menu e tutto il locale si compone di una ventina di coperti seguiti da due camerieri e da Kaz stesso che si alterna fra sala e cucina, dove officia da solo. Dopo aver bussato alla porta, rigorosamente chiusa a chiave, ci fanno accomodare al tavolo e ci servono una serie di antipasti di pesce crudo preparati espressi dallo chef. Mentre fotografavamo il piatto è arrivato Kaz il quale, scoprendo le nostre abitudini di reporter, è andato su tutte le furie, invitandoci ad andarcene. Abbiamo cercato in qualche modo di spiegargli che da lì in poi non avremmo fatto più foto e che avremmo avuto piacere a cenare nel suo locale per puro piacere personale.
Il cuoco ha sottolineato che nel suo ristorante non è mai entrato nessun giornalista: nessuno ha mai potuto scrivere nulla su di lui anche perché, da buon giapponese, ci ha spiegato che è inutile raccontare al pubblico di un luogo in cui non si può andare (in realtà, su Internet si trovano anche approfonditi reportage). È stata una delle poche volte in cui abbiamo sentito un giapponese alzare la voce e vi assicuriamo che ci è voluta tanta pazienza. Ma la voglia di raccontarvi l’esperienza era troppo forte. Siamo riusciti a fare altre due foto di straforo ma non è stato semplice: ci è stato espressamente vietato di farne e per sicurezza siamo stato controllati a vista.
L'ingresso anonimo del Totoraku: indovina dov'è
Per dessert, scelta basica con qualche gelato artigianale. Conto sui 140 dollari a testa, bevande escluse. A fine cena il cuoco è venuto a salutarci e ci ha consegnato il suo ambitissimo biglietto da visita per prenotare. Ora possiamo andare a cena al Totoraku senza per forza ricorrere all’invito di terzi. Qui funziona così. Un ristorante che non si può giudicare o classificare. Un’esperienza a sé che non può mancare nel bagaglio di un curioso.
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Cultore del bien vivre, lavorando nella moda ha sviluppato una grande passione per i viaggi e per la cucina
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