10-03-2024

Cinema e cucina: così lontani, così vicini. Ce lo spiega Gianni Canova a Identità Milano

Due mondi solo apparentemente distanti, legati da tratti incisivi che li accomunano: il cibo, infatti, entra a far parte della cinematografia e diventa vettore di innumerevoli significati, illustrati dallo storico del cinema e rettore IULM

Da sinistra, Paolo Marchi, Giuseppe Carrieri, pro

Da sinistra, Paolo MarchiGiuseppe Carrieri, produttore cinematografico, Gianni Canova, storico del cinema e rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM e Claudio Ceroni, sul palco dell'Auditorium dell'Allienz MiCo a Identità Milano 2024. Foto Brambilla-Serrani

«Cinema e cibo sono mondi solo apparentemente lontani o diversi perchè, in realtà, esattamente come un cuoco prepara del cibo per il corpo, così il cinema nutre gli occhi e nutre i sogni della notte». È questo l’esordio di Gianni Canova, storico del cinema e rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM, accompagnato sul palco di Identità Milano 2024 da Giuseppe Carrieri, produttore cinematografico.

Insieme ci guidano in un viaggio fatto di pellicola e parole, scene di capolavori cinematografici e pensieri di due arti per natura corali dove il lavoro di squadra è indispensabile ed è nel dettaglio che si esprime la più alta qualità del prodotto finale, vuoi un film, vuoi il piatto di un grande ristorante.

Senza contare che, spesso, questi universi hanno la possibilità di incontrarsi e convivere divenendo protagonisti l'uno nell'altro, come accade, per esempio, nel cartone animato Ratatouille o nel film Il sapore del successo. Non solo, nella scelta del nome di alcuni tra i generi cinematografici più amati dagli italiani - gli spaghetti western o il cinepanettone - si attinge proprio dal vocabolario gastronomico. E ancora, il cibo nel cinema diventa il veicolo ideale per esprimere tappe fondamentali nella narrazione o nell’esistenza di un protagonista: lo abbiamo visto di recente in C'è ancora domani, l'ultimo successo di Paola Cortellesi (nel doppio ruolo di regista e protagonista) nei panni di Delia, che vive al banco del mercato, tra frutta e verdura, un respiro di libertà; la stessa che ritroviamo nel gesto di un soldato, pronto a offrirle un pezzo di cioccolato, un cibo prezioso in quel dato momento storico, che evolve in simbolo di relazione.

Il cibo, inoltre, ha la forza di connotare i personaggi. D’altronde, «Cosa sarebbe Fantozzi senza la frittatona di cipolla o una Peroni ghiacciata?» commenta Canova, «Totò senza i suoi spaghetti in tasca in Miseria e Nobiltà? Ecco che il cinema si impegna anche a raccontare il grande spettro dell’Italia del Dopoguerra - la fame», metafore e narrazioni che altrimenti andrebbero disperse.

«In ultimo - aggiunge Carrieri - il cinema, esattamente come la cucina rende familiari dei perfetti estranei; prima di mangiare un piatto, non conosci ancora lo chef, ma assaporando il gusto di una pietanza, vivendo un'esperienza al ristorante, riesci a tracciare il profilo del cuoco, che è un po' quel che succede al cinema; è guardando il film che incontri il regista».

Al netto dell’innovazione, la disobbedienza ci ricorda quello che possiamo scorpire andando oltre noi stessi. E assaggiando, osservando, raggiungere la poesia.


IG2024: la disobbedienza

Tutti i contenuti di Identità Milano 2024, edizione numero 19 del nostro congresso internazionale.

a cura di

Identità Golose