29-04-2022

La sera in cui le sponde del Garda e l’Amazzonia si abbracciarono a Milano

Una cena a dir poco speciale quella firmata da Virgilio Martinez, Pia Leòn e Riccardo Camanini, insieme all’Hub di Via Romagnosi

A sinistra uno scatto di Paolo Marchi di Riccardo

A sinistra uno scatto di Paolo Marchi di Riccardo Camanini poco prima del servizio all'Hub; a destra, Virgilio Martinez e Pia Leòn, chef del ristorante Central, tre stelle Michelin a Lima. Tutte le foto sono a cura di Marialuisa Iannuzzi

Sognare. Sognare di viaggiare, di strofinarsi gli occhi e ritrovarsi in cima sulle Ande. Sonnecchiare, e tutto d’un tratto i piedi sprofondano nelle placide acque del Garda; il corpo rotola sui piccoli sussulti dell’acqua fino all’Amazzonia, in una giungla di profumi di cui ci dichiariamo prigionieri volontari. Sembra un sogno, ma il Perù e le sponde bresciane del Lago di Garda si sono congiunte, toccate, intrecciate per una sera all’Hub di Identità Golose Milano, per una cena che, a dirsi speciale, è ancora troppo poco: sei splendide mani quelle di Pia Leòn, Virgilio Martinez - i due chef del ristorante Central, a Lima, 3 stelle Michelin e 4° classificato nella chart dei 50 Best Restaurants - e Riccardo Camanini - chef del ristorante Lido 84, a Gardone Riviera (Brescia), 1 stella Michelin e in quindicesima posizione nella classifica dei 50 Best.

Sei mani, tre cuochi: ma cos’hanno in comune? La consapevolezza dell’ecosistema che li circonda e che riproducono all’interno di un piatto. Non c’è limite a quello che la tecnica può offrire, né a quello che l’uomo riesce a pensare rispetto alla tecnica, ma ancora più preziosa è la palpabilità della materia circostante, sovrastante e sottostante. Una materia viva, una curiosità sensata rispetto al creato, che non si ferma al noto, ma sente che, proprio quando tutto pare sia stato visto, afferrato, trasformato, c’è ancora qualcosa, c’è sempre qualcosa. Spingersi, spingersi oltre; codificare, evolvere e involvere, anche a costo di non essere pienamente compresi. Il pensiero in queste due cucine ha pari peso specifico del sapore, delle consistenze, e il senso del luogo, l’introspezione dell’uomo rispetto alla dimensione in cui è calato, carica ogni piatto di una forma di magia, che in realtà è più concreta e vera della stessa realtà.

Sei portate, tre per ciascuna sponda dell’universo. Da un lato il fondo del mare, l’esplosiva biodiversità peruviana, gli ingredienti quotidiani e le loro intensità, di quel paese che Virgilio ha iniziato a conoscere solo dopo averlo abbandonato. Dalla gabbia di una Lima complessa quando era ancora ragazzino, al viaggio, o meglio alla cucina come pretesto del viaggio; poi l’epifania. La cucina è un fulcro di energia, l’habitat naturale di Virgilio; non solo, gli basta un ritorno, la riscoperta della bellezza dei mercati locali, per comprendere che la sua cucina doveva esistere, prima che in qualunque altro luogo, in Perù. Ma Virgilio non è solo, c’è Pia al suo fianco, e non è una costola addizionale, ma integrata nel suo costato: in lui il sogno, in lei la costanza di realizzarlo ogni giorno, la concretezza, l’operosità. Sono, davvero una cosa sola.

Dall’altro, una delle menti più squisite della cucina italiana, il cuoco antropologo che, sul palco di Identità, ha parlato di evoluzione, ma anche di involuzione e di un riposizionamento della pasta (oltre che presentare una rivoluzione delle sue cotture) all’interno del pasto. Un contorno, e noi aggiungiamo anche un ripieno, perché ciascuna delle portate firmate da Riccardo Camanini contengono proprio e sempre l’ingrediente pasta.

E ora, che il viaggio abbia inizio.

 

Il fondo del mare | Gambero, patata dolce viola e cetriolo di Virgilio Martinez e Pia Leòn

Il fondo del mare | Gambero, patata dolce viola e cetriolo di Virgilio Martinez e Pia Leòn

Il mare è il gambero, con la sua grassezza marina, che non è dominante, ma parte integrante, voce nel coro di questo piatto in cui la patata dolce, sia gialla che viola, si presenta in più consistenze: sfogliata croccante, spumata, mentre il cetriolo è un caramello viola. L’acidità che raggiunge il palato è quasi lattica, la dolcezza della palata è morbida e il crostaceo diventa il sale “della terra”.

 

Nello scatto che segue, la spiegazione della tecnica utilizzata per la cottura della pasta 84 ore e 11 minuti.

Diamo invece voce al sapore di questo piatto: nei bocconi “in bianco” conosciamo il grano, la robustezza e la qualità della pasta; vengono fuori i toni sapori tostati, il profumo del grano al sole, siamo grati che sia scondita perché un solo fusillo è un assaggio completo.

Fusilloni 84 ore e 11 minuti, pistacchi, pomodori marinda, basilico di Riccardo Camanini

Fusilloni 84 ore e 11 minuti, pistacchi, pomodori marinda, basilico di Riccardo Camanini

Naturalmente, tutte queste sensazioni non si annullano nella pasta condita, ma si aggiunge un sorso di estate, la concentrazione di un’insalata di pomodori, le sue bucce resistenti, il succo e il basilico. Un grande piatto italiano.

 

Altitudine estrema | Mais. Pseudocereali andini di Virgilio Martinez e Pia Leòn

Altitudine estrema | Mais. Pseudocereali andini di Virgilio Martinez e Pia Leòn

Il mais come non lo abbiamo mai mangiato prima. "I" mais. Tre pannocchie in diverse consistenze, cremosa, ma anche callosa, un po’ come i chicchi di una spiga cotta alla brace, il sentore che avvolge il piatto. Prima tiepido, poi profondamente caldo sul palato, rallegrato da interludi di quinoa croccante. Abbiamo varcato il confine: siamo fuori dall’Italia.

 

Capù | Wrap di verza farcito con tagliolini, trippe di merluzzo, zuppa di pesce allo zafferano di Riccardo Camanini

Capù | Wrap di verza farcito con tagliolini, trippe di merluzzo, zuppa di pesce allo zafferano di Riccardo Camanini

Prima referenza bergamasca. Il capù, quest'involtino di verza tradizionalmente ripieno di carne macinata e erbe bianche, poi cosparse di sugo di pomodoro. L’involucro non cambia; il sugo,invece, non è in cima, ma alla base del piatto, una salsa densa di pomodoro ciliegino. Nello scrigno di verze però, la grassezza carnosa delle trippe di merluzzo che, elastiche, danno corpo ai tagliolini, non sono al dente, e non di certo per distrazione. Perché la pasta, alle volte, ha bisogno di minuti in più, a seconda del messaggio che vuole rilasciare per esprimersi al meglio, o con voce nuova; poi ristretto di zuppa di pesce allo zafferano. La verza resta lievemente amarognola, ma la nota più intrigante è la piccantezza fresca, quasi affumicata, di questo capù alla Camanini.

 

Sbernia in cera d’api, miele e polline di Riccardo Camanini

Sbernia in cera d’api, miele e polline di Riccardo Camanini

La sbernia, o bernia, una pecora gigante della Val Camonica, nel bergamasco - riferimento locale n.2. Una carne da pastore che, dopo essere stata immersa nel vino, secca per circa 3 settimane all’aria aperta, tra Bossico e Ceratello, per poi passare 3 giorni nel miele e, infine, riposa due settimane in una spessa camicia di cera d’api. La pecora secca, altrimenti troppo dura, intensa, sapida e animale, si addolcisce sotto l’azione del miele, e quest’ultimo risulta meno rotondo del solito, mentre estrae il gusto della carne, che torna morbida, come fresca, mentre si sprigiona dalla cera un'aria di  polline. A ultimarlo pera, e lumachine… di pasta, a contatto con liquido di mostarda di pere e carciofi (quando la pasta è contorno).

 

Giungla alta. Theobroma | Cacao, Macambo, Capoazù di Virgilio Martinez e Pia Leòn

Giungla alta. Theobroma | Cacao, Macambo, Capoazù di Virgilio Martinez e Pia Leòn

Su questo dessert c’è ben poco da dire: non il cioccolato, ma il cacao, come non lo abbiamo mai gustato prima, in diverse tonalità, consistenze varie. La polvere, le creme, una spugna che ricorda quasi un impasto crudo ma intensissimo, una fudge cake; che poi non è solo cacao, ma è anche i suoi fratelli, il capoazù e il macambo, tutti membri della stessa famiglia, tutti impiegati nella loro interezza senza sprechi e senza limiti. Tutti abitanti di quella giungla alta, di quell’Amazzonia di cui vogliamo essere prigionieri volontari. E saggi protettori. 


Identità Golose Milano

Racconti, storie e immagini dal primo Hub Internazionale della Gastronomia, in via Romagnosi 3 a Milano

a cura di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre.  Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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