Che il distacco rigeneri è possibile, che la potatura faccia bene alla pianta è certo. La degustazione di lunedì al Magna Pars Hotel di Milano, organizzata da AIS, ne è un buon esempio e un altro segnale forte e chiaro che Bibenda – editore e filosofia imprenditoriale – sia il passato. Gli è che la Guida Vitae 2015 è il compendio di un anno di assaggi pari a 28.000 bottiglie e a una magnum di peso. Vitae, come il “pettinatissimo” trimestrale AIS.
L’unica cosa ancora senza vita nuova è il sito ufficiale dell’associazione, mummificato in un mondo estinto e poco comunicativo. Il Presidente Ais Antonello Maietta è il primo a esserne cosciente e a rassicurarci che anche il dominio aisitalia.it avrà presto una veste e una struttura nuova. Noi confidiamo nella reincarnazione virtuale, e azzardiamo il suggerimento di scegliere l’informalità e fruizione non da bibliotecari del vino. Intanto, in mezzo alle oltre 2000 persone che hanno risposto sì al richiamo delle eccellenze vinicole, ci siamo goduti quante più etichette possibili tre le oltre 400 presenti. Non erano semplici vini segnalati in guida. Ma tutti pezzi da 90 e più. Punteggi che, alla cieca, i degustatori delle 22 regioni Ais hanno assegnato alla singola etichetta.
Profondo imbarazzo. Come se arrivassi in una classe in cui ci sono solo le ragazze più belle della scuola. Vorresti conoscerle tutte, ma in 4 ore neanche Zuckerberg. Hai una sola possibilità, svegliare il chirurgo nascosto dentro di te, zittire il casanova e tagliare. L’anno scorso a Merano l’azienda Duemani era entrata nelle nostre grazie alcoliche. Perché allora non partire da loro e fare il filotto di tutti i Cabernet Franc presenti in degustazione?

Il Foglio 38 2011 di Fornacelle
Detto, versato. Il primo dei 5 è stato il
100% Cabernet Franc 2011 di
Vignamaggio; nel nucleo storico di questo centro a Greve in Chianti nacque una delle donne più ammirate della storia, la Monna Lisa. Il vino è di un bel rosso rubino lucente. Pur lasciandosi ammirare non si presenta giocondo, semmai maturo ed elegante. Il secondo è il
Foglio 38 2011 di
Fornacelle. Siamo a Castagneto Carducci. Se prima c’era rigore, ora prevale la ricchezza, quasi opulenza. Polpa, polpa, polpa. Al naso sembra già di mangiarlo, sotto forma di peperone dolce e pomodoro confit. Chiude sanguigno.
Il
Filare 18 2012 di
Casedei è un vino avvolgente, con la tendenza a essere constrictor. Ancora un ragazzo. Il
Poggio de’ Colli 2012 di
Piaggia ci ha colpito per i rimandi di china e per un happy ending sapido che non abbiamo riscontrato nei suoi cugini. Il quinto elemento è il
Paleo Rosso 2011 di
Le Macchiole, vinificato in acciaio e cemento, si esprime prima con il cassis che cede il testimone agli aghi di pino che lanciano la volata a una bocca speziata.
Il
Cabernet Franc 2011 Duemani lo raccontiamo per ultimo perché, sebbene abbia ispirato questo piano sequenza, è quello che è risultato meno intrigante, ancora un po’ polveroso. Le premesse ci sono tutte, ma lo svolgimento che passa per i frutti di bosco, la marasca sotto spirito e il cioccolato fondente non è ancora compiuto. Pazienza.

La magnum di Barolo Bussia Riserva 2004 di Parusso
Lasciando la Toscana per il Piemonte non possiamo non parlare di due mostri sacri. 30 mesi di botte grande più 7 anni di bottiglia e 800 esemplari unici in sola veste magnum. Sono questi i numeri del
Barolo Bussia Riserva 2004 di
Parusso. Il naso è ricco di confettura, quasi una jelly alla frutta, surclassata poi da anice e ginepro. In bocca i tannini sono una ragnatela in cui cadere è un privilegio. Sempre della vocata zona di Bussia è il
Granbussia Riserva 2006 di
Aldo Conterno. Qui il naso è una carezza al mentolo, un velo di seta all’essenza viola. Il palato è lungo e superbo.
Ci piace chiudere con due vitigni autoctoni che ci hanno messo al tappeto per la loro identità. Il primo è l’imperatore molisano
Tintilia Embratur Riserva 2007 di
Valtappino, un rosso da vitigno Tintilia vendemmiato i primi di novembre solo nelle meritevoli annate, che se chiudi gli occhi senti la liquerizia e se apri la bocca il rosmarino. La stoccata finale è dolce, anzi secca. Una freccia affilata alla mandorla: la
Vernaccia di Oristano Riserva 1990 di
Attilio Contini. Piacere nostro.