Un infarto nella sua casa di Roma è stato fatale, domenica sera, domenica 3 agosto, a Stefano Bonilli. Il suo nome rimarrà legato in maniera indissolubile al Gambero Rosso, prima il supplemento di otto pagine del Manifesto, debutto in edicola il 16 dicembre 1986, e poi la casa editrice, realtà dai cento volti vincenti che avrebbe dovuto lasciare nel 2008, estromesso dalla nuova proprietà con la quale era in causa, una causa che stava vincendo.
Come disse Marcello Marchesi con una battuta fulminante, “l’importante è che la morte ci trovi vivi”. E vivo, di testa, Bonilli lo era di certo. Lo ha tradito il cuore, all’improvviso, e a nulla è servito l’intervento, velocissimo, dei soccorsi. Questo a conferma che quando la livella arriva, non puoi far altro che prendere nota della tua data di scadenza. Tutti l’abbiamo, la fortuna è di non conoscerla.
Il direttore era nato a Bosco Chiesanuova vicino Verona il 13 febbraio 1945, dunque quando l’Italia era ancora in guerra. La famiglia si sarebbe poi trasferita a Bologna, dove ha studiato, per poi approdare a Roma passando per alcuni anni a Milano. Giornalista del Manifesto dal 1971 all’82, con l’uscita dell’inserto del Gambero Rosso all’interno del Manifesto, dicembre ’86, lo scandalo a sinistra fu superiore al piacere di vedere affrontato il pianeta gola con fresca intelligenza. Per il mondo falce e martello la gola era un peccato capitale esattamente come per la chiesa cattolica.

Daniele Cernilli e Carlo Petrini in un collage tratto dal blog del Papero Giallo
Ma quella novità aveva basi solide e gambe robuste e non ha ancora smesso di camminare. Il 1986 vede la nascita a Bra (Cuneo) dell’
Arcigola, diventata poi
Slow Food nell’89 (la firma a Parigi l’11 dicembre). Mentre la casa editrice del
Gambero Rosso vedrà la luce nell’1987. Tre nomi per tutti:
Stefano Bonilli,
Daniele Cernilli e
Carlo Petrini ovvero sia la ristorazione, il vino e l’universo cibo. Tre visioni che avrebbero riversato nella guida ai ristoranti d’Italia (1990), in quella al vino (1987) e in quella alle osterie (1990), più millanta altre iniziative in ogni direzione.
Il Bonilli del dopo-Gambero, un nome scelto perché troneggiava sull’osteria dove il Gatto e la Volpe portarono Pinocchio a cena ma anche perché il luogo magico di Fulvio Pierangelini a San Vincenzo sulla costa maremmana, era legato a un blog, quello del Papero Giallo, e a un sito, la Gazzetta Gastronomica. E in testa un grande progetto che avrebbe dovuto prendere il via a metà settembre a Bologna, una sorta di stati generali della critica enogastronomica, da rifondare perché ubriaca di troppa approssimazione e superficialità.
Il grande merito di Bonilli e del suo Gambero è stato quello di avere tolto polvere al mondo della critica e della conoscenza gastronomica, guardando oltre il grande raccordo anulare della capitale. Gambero per un verso e Slow Food per un altro sono usciti dall’Italia e il lungo rapporto, sia di Bonilli sia di Petrini, con Ferran Adrià ne è la testimonianza concreta, un esempio tra mille e mille.
Non esiste un’età giusta per lasciare questa terra. Così all’improvviso poi dà un senso di vertigine e di sbigottimento ancora più forti. Stefano progettava l’ennesimo suo futuro, ma ora chi sarà in grado di raccoglierne l'eredità?