21-04-2017
Lo chef francese di stanza a Shanghai Paul Pairet: è stato uno dei molti ospiti stranieri dell'edizione 2017 del Congresso milanese di Identità Golose (tutte le foto Brambilla / Serrani)
«In cucina devi aspettare, ha i suoi tempi. Da Ultraviolet abbiamo noi il controllo del tempo, non i clienti: serviamo i piatti del menu degustazione al momento giusto, nè prima nè dopo, stabiliamo noi il ritmo della cena e la sequenza, questo fa la differenza con un posto, diciamo, dove hai solo il menu a la carte. In un certo senso è più vicino alla realtà della cucina, è una versione moderna della table d’hote, un omaggio alla cucina familiare. Un'idea che ho avuto per la prima volta in Australia nel 1996, era una semplice tavola per 12 persone, si chiamava La Cene, e che ho potuto concretizzare solo nel 2012 con l’apertura di Ultraviolet. Ora proseguo, con il mio nuovo locale The Chop Chop Club. E’ come quando sei in famiglia: si va a tavola quando è pronto, perchè non farlo anche in un ristorante?». Detta le sue regole Paul Pairet. Al suo esordio in Italia, sul palco di Identità Golose Milano, questo chef francese con il cuore in Asia e ormai nel mondo, ha raccontato la sua filosofia e con il consueto carisma ha preparato tre piatti del suo ristorante Ultraviolet a Shanghai, dal menu UVB. Musica e immagini sugli schermi hanno richiamato per un’ora l’atmosfera immersive che vivono i dieci commensali del locale super esclusivo: un unico tavolo, 22 portate e una unica regia dall’inizio alla fine, la sua.
Paolo Marchi fotografa Pairet
Proprio come nella esperienza totalizzante che offre Ultraviolet, Pairet ha guidato e sorpreso il pubblico italiano con tre piatti, che esprimono le sue idee. Innanzitutto il picnic di pesce, il Black Cod Tupperware, servito come in un pranzo al sacco in famiglia, con tanto di cestino di vimini. «Questo piatto nasce dai ricordi, anche se usa tecniche non tradizionali. Ogni ricetta e preparazione può scaturire da diversi contesti, non c’è un unico percorso nel menù, questo anche per i locali più sperimentali come Ultraviolet». Quando ha proposto le ostriche lo chef ha fatto alzare il volume dell’audio in sala, «per sentire meglio il rumore delle onde del mare come fanno i nostri ospiti e vivere appieno il piatto», ha spiegato. L’effetto sorpresa è assicurato, ti senti al mare anche se sei al centro di Milano, oppure ti catapulti in una stradina tra i grattacieli di Shanghai, dove è la location segreta del suo locale (chi cena da lui si dà appuntamento davanti al suo bistrot Mr & Mrs Bund e da lì viene portato direttamente sul posto). Da non lasciarsi confondere dalla scenografia, la preparazione e la scelta degli ingredienti non rimane indietro: «La priorità è al piatto, deve essere buono», ha ribadito Pairet. A conclusione lo chef ha portato in Italia il curioso doppio piatto Tomato Mozza and Again, diventato un condensato della sua cucina sorprendente: stessi ingredienti di base come pomodoro e mozzarella, serviti insieme e proposti in due versioni, salata e dolce.
Black Cod Tupperware
«Questi che ho portato in Italia sono miei classici piatti, dallo scorso dicembre nel locale serviamo l’UVC, un nuovo menu di 20 portate che trae ispirazione da un lavoro fatto in questi mesi ma anche da idee che coltivo da anni e stanno trovando finalmente la loro strada», ha spiegato Pairet. Non rivela nulla su ingredienti e preparazioni ma il processo è stato complesso: «Per averne 20, parto da almeno 40 diversi piatti, li provo, li studio, molti sono appunti che ho lì da tempo ma non ancora realizzati. Fare un nuovo menu non è una performance, ma un processo di scelta e un percorso che per me deve avere un valore nel suo insieme, arrivi alla fine e ne sei soddisfatto, è un pasto completo, non un insieme di idee o di singoli piatti in fila». Certo è che da qui potrebbe passare l’eventuale terza stella Michelin tanto attesa entro fine 2017: «Ci sono state molte discussioni e controversie sulla Guida Michelin a Shanghai. E’ importante che la Michelin si diffonda nel mondo, ha aspettato molto a farlo e ora è normale che ci siano delle criticità. E’ percepita come una bibbia ma dietro ci sono degli uomini e questi possono sbagliare. A Shanghai alcune stelle sono state negate: è chiaro che vorrei la terza stella, penso che forse quello che faccio non sia stato capito del tutto, certo il menu è lungo e ci può stare che qualche piatto non sia da tre ma bisogna guardare l’insieme della mia proposta, il concept e il lavoro in cucina di un team che lavora con me da molti anni». Sulla List lanciata dai francesi è invece critico: «Un errore, capisco la buona intenzione ma è stato uno sbaglio di cui non si sono resi conto».
Se il nuovo menu rinnova la proposta di Ultraviolet, sul concetto della table d’hote e la cucina “cotta a puntino”, Pairet è andato oltre con un nuovo locale non sperimentale, con taglio più rassicurante, sempre a Shanghai. The Chop Chop Club, aperto a inizio febbraio insieme a Unico Shanghai, è informale e ha un’atmosfera familiare e divertente. Grande attenzione è data al bar e i cocktail, proposti anche in bottiglia: «Una tendenza sempre più presente a Shanghai». Al Chop Chop Club si sceglie dal menu e poi si attende che il piatto principale sia pronto: ogni 15 minuti ne esce uno e a quel punto si mangia. Carne e pesce, arrivano da Cina, Giappone e Corea, «ma selezioniamo la materia prima migliore e più giusta per il nostro menu, non per forza locale», ha detto. Manca solo la mamma che chiama...«è pronto, a tavola…».
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Giornalista e scrittrice di viaggio. Ha visitato quasi cento Paesi e ne parla sulle maggiori testate nazionali. Collabora con le riviste Marco Polo e Bell’Europa e per le pagine viaggi de Il Giornale. Online la si trova anche sul portale The Travel News e sul suo blog Viaggiale
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