13-05-2012
Tutti al lavoro a Eataly Roma. All'inaugurazione del più grande di tutti i progetti curati da Oscar Farinetti manca poco più di un mese. Dall'apertura del primissimo a Torino sono già passati più di cinque anni
(…) Non che al piano terra si scherzi, ma bisogna pensare a una piramide. Questo al di là della forma reale ben diversa, un parallelepipedo con due immense vetrate racchiuse in un semicerchio sul lato lungo dall’altra parte rispetto ai binari e alle pensiline. Uno entrerà e troverà frutta e verdura, più il mondo del gelato ma anche una piadineria con i dischi di pane cotti al momento partendo dalla massa, non dalla piadina già pronta per essere riscaldata e imbottita.
Tutto sotto gli occhi di tutti, nulla di nascosto e da nascondere. Del resto che senso avrebbe portare lì da Firenze il clone di Ino alias Alessandro Frassica, sommo sacerdote del panino, se poi lo celi agli occhi della gente?
Al piano di sopra pasta e pizza, il mondo del formaggio e quello della mozzarella ma anche il risto-bancone che cinge le postazioni con le friggitrici che verranno affidate a Pasquale Torrente, cuoco di Cetara sulla costiera amalfitana. In tutto, da terra al cielo, saranno 18 ristoranti (termine da intendere con elasticità) e una quarantina di aree didattiche, presenti a ogni livello, soprattutto al terzo e al quarto.
Farinetti parla e sogna, spiega e spazia con i pensieri a 360°: “Questa scuola sarà intitolata a Pellegrino Artusi, un’altra a Renato Dominici… Qui verranno quelli di Ricci e di Bibenda ma anche Bonilli. No, Slow Food sarà sopra, all’ultimo. Ci arriveremo, ma dopo”. Il terzo merita una sosta: pesce su un lato e carne sull’altro con tanto di Osteria Romana che è una sorta di temporary bistrot, con lo chef che arriverà da fuori perché ogni due settimane il menù sarà curato da un oste diverso che raddoppierà dividendosi tra la sua cucina e quella a vista di Eataly.
Lì al terzo domina in una metà il vino. “Guarda, qui l’angolo dell’aperitivo: cento bottiglie diverse, rigorosamente vino naturale, vino libero dai concimi chimici. I produttori non dovranno avere usato diserbanti e i solfiti saranno ammessi nella misura del 50% rispetto a quanto segnato nei vari disciplinari. Noi di Fontanafredda presenteremo due vini a 0 solfiti: buonissimi”.
Eataly Roma è un inno alla bellezza del nostro Paese, la bellezza della nostra straordinaria biodiversità, quella dell’arte e della musica fino a quella dell’anima. Qui all’Ostiense chi entra dovrà indossare un sorriso e non toglierselo mai.
Farinetti fa politica attraverso precise scelte commerciali che sono espressione di ideologia. La sua Italia è viva e concreta, lavora alla luce del sole, produce nel rispetto altrui, chiede che tutti si assumano le loro responsabilità.
La sede del suo partito è ben lontana da ogni stereotipo, è il ristorante Italia al quarto piano, quello diviso tra parte congressuale e parte didattico-ristorativa, con all’estremità opposta la sala congressi da circa 300 posti che può diventare un salone addobbato a festa anche con 500 persone sedute a pranzo o cena.
Il ristorante Italia è affidato alle cure dello chef Gianluca Esposito, già a Eataly Bologna. Lui comanda sul piano più alto, sotto invece riecco in prima fila Massimo Sola, ex chef stellato a Varese, poi a Villa del Quar a Verona, il primo dopo l’addio di Bruno Barbieri, quindi chissà dove. Per entrambi una grande occasione.
Prima dell’ingresso dell’Italia, sulla destra i ritratti dei 20 uomini che hanno fatto grande il Buon Paese, da Giulio Cesare e Ottaviano a Adriano Olivetti. A sinistra idem, le 15 superdonne, da Agrippina, la grande madre di Nerone, a Rita Levi Montalcini. Una volta superata la porta, a destra le cucine e a sinistra, incastonate nella parete, venti pietre, una per ogni Regione italiana con al centro una bandiera italiana realizzata da Giorgio Faletti che sapevo attore e scrittore, ma non artista. Farinetti: “Questo è un posto che unisce, non divide. Unisce in un felice tutt’uno le mille biodiversità della Penisola”.
E nella sala da pranzo, una sessantina di coperti che con le sale attorno possono salire a 150, tre opere di Modigliani, originali, non sassi di Livorno, due dipinti e una scultura: “Saranno assicurati per 164 milioni di euro. Ho scelto Modigliani perché quando un secolo fa tutti facevano gli astratti lui disegnava linee evidenti, precise e nette. Le sue donne erano chiaramente delle donne”. Traduzione: tra Picasso e Modì, il livornese for ever.
2. Fine
Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito
a cura di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi