16-04-2006

Aimo, 60 a Milano

Milano Chi sente il desiderio di ritarare il palato sui sapori italiani deve pranzare da Aimo Moroni, 72 anni lo scorso 27 gennaio, toscano di Pescia in provincia di Pistoia, così come l’amore della sua vita, Nadia. Rimpiangere è spesso un esercizio di rimbambimento senile, da stanza a Villa Arzilla. In questo caso è diverso, abbiamo un cuoco che ancora sa fare la spesa secondo natura e che non si arrende alla massificazione dei gusti e dei prodotti alimentari. Se avete figli giovani, che non conoscono la campagna e gli orti, probabilmente credono che i pomodori siano dei derivati dell’industria della plastica e non capiranno i vostri sforzi nel descrivere profumi antichi, di quando i pomi erano davvero d’oro. Ecco, se andate al 6 di via Montecuccoli a Milano, i pomodori di Aimo, che arrivano da una cooperativa di Pachino in Sicilia, sanno di pomodoro. Detta così sembra di una banalità estrema, ma la ricerca che questo giovane entusiasta conduce rende i suoi piatti di una modernità incredibile, una storia quella di Aimo che merita di essere raccontata perché venerdì festeggerà 60 anni di vita e di fatica a Milano: «Arrivai in Centrale il 21 aprile ’46, accompagnato da uno zio e mi presentai subito da un amico di famiglia per fare i lavori più umili in cucina e cantina. Avevo 12 anni e andavo a bottega nel primo pomeriggio. Lui diceva che era per evitare i controlli dell’annona, ma era anche la scusa per non darmi da mangiare. Dovevo arrangiarmi con gli scarti di un salumaio e con una mensa per poveri in piazza Risorgimento». Quando aprì il suo primo posto? «Aprire non è il termine esatto. Allora si sfruttavano quei bar-tabacchi grandi, dove il titolare poteva subaffittare uno spazio per cucinare. Pagavi il fitto ogni sera, massimo ogni fine settimana. Io feci così con mia madre Annunziata e con Nadia a fine ’55 in via Copernico angolo Schiapparelli. Avevamo una cucina Triplex con i bordi in ottone, il nostro pentolame e sapevamo fare la spesa. Andò avanti per due anni e tutto finì per una questione di temperature del vino da conservare». E da lì si trasferì in...? «In via Montecuccoli perché nel ’57 era ancora Baggio e costava meno rispetto a Milano. C’erano ditte che garantivano il lavoro a pranzo e avevo messo gli occhi sulla trattoria che oggi è mia, così entrai con le mie cose in un tabacchino 200 metri più in là per lavorare e sorvegliare. Cinque anni dopo il trasloco definitivo». A chi deve la sensibilità di chef? «A mia madre, contadina e cuoca dai signori. Aveva fantasia e sapeva usare la testa. Andava nell’orto e nel pollaio e la frittata che portava a tavola non l’avresti scambiata con un filetto. Polli e conigli li portava al mercato per comperare sale e zucchero ma anche l’abbigliamento, altro che mangiarli noi. Quando arrivai a Milano, lavoravo carne brianzola e scoprii che ai vitelli davano da mangiare le uova con il latte. C’era così tanto benessere in campagna al nord che mangiavano come noi contadini toscani». Cosa cucinava mezzo secolo fa? «Pasta all’uovo con i funghi porcini, quelli veri, tirati con il fondo dell’arrosto e il formaggio padano piuttosto che Spaghetti alla boscaiola ossia un sugo di ventresca di tonno di Favignana in scatola, aglio fresco, porcini, un uovo e una grattata di pecorino toscano. Nodino di vitello al forno, più avanti il Bottaggio di reale di vitello con patate e peperoni». Hanno la stessa anima dei piatti di oggi. Quale incarna alla perfezione la sua filosofia? «Gli spaghetti al cipollotto con peperoncino fresco e parmigiano Bonati 5 anni e aggiungerei il Pane e pomodoro. Un grande cuoco un giorno disse: la cucina non è ricca o povera, è buona». La sua nasce al mercato. «Vero: si tratta di scegliere secondo stagione, natura e territorio». Chi è più lontano da lei: Adrià o McDonald’s? «Come idee di certo il fast-food però anche lì puoi trovare dei lati positivi perché i bambini sono a loro agio e si divertono e in generale chi ha pochi soldi si sfama. Non c’è il diavolo assoluto». E Adrià? «È un genialoide. A me piace la cucina che si fa masticare e le sifonate non mi fanno impazzire, però ha creato piatti da sballo. Davanti a uno come lui non puoi che inginocchiarti. Il problema è in quelli che si credono Adrià perché per essere creativi mettono l’aglio nel caffè». La cucina di Aimo invece è...? «Cucina italiana moderna, e buona. È una sfida continua con me stesso e con l’ambiente. Ho i miei clienti che arrivano da tutto il mondo per la Zuppa etrusca e ricordo la volta che un riccone ruppe ogni indugio e si gustò l’osso di una costoletta di vitello con tale intensità che alla fine era così pulito e asciutto da sembrare un fossile. Però tanti critici parlano di me come di un vecchietto che fa una cucina vecchia. Sul Corriere hanno pure scritto che la mia è una pizzeria di lusso. Mi ha amareggiato perché non penso sia la verità. Credo di avere idee e freschezza di esecuzione, mah». I giovani: qual è il nuovo Aimo? «Ne cito due: Gennaro Esposito e Ciccio Sultano. Hanno avuto la mia stessa fortuna: nascere nella natura, sanno cos’è un limone. E poi ammiro Fulvio Pierangelini e ringrazio Max Alajmo per avermi dedicato un piatto: Al Aimo». Un sogno? «Che noi cuochi italiani si riesca un giorno a formare un’orchestra, a collaborare smettendola di essere solo dei solisti». . Qui si mangia italiano: Il Luogo di Aimo e Nadia a Milano, 02. 416886. Gambero a Calvisano (Brescia), 030.968009. Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio (Mantova), 0376.723001. Le Calandre a Rubano (Padova), 049.630303. Antica Corona Reale-da Renzo a Cervere (Cuneo), 0172.474132. Locanda San Lorenzo a Puos d’Alpago (Belluno), 0437.454048. Symposium a Cartoceto (Pesaro Urbino), 0721. 898320. Caino a Montemerano (Grosseto), 0564.602817. Gambero Rosso a San Vincenzo (Livorno), 0565.701021. Colonna a Labico (Roma), 06.9510032. Don Alfonso a Sant’Agata sui Due Golfi (Napoli), 081. 8780026. Torre del Saracino a Vico Equense (Napoli), 081. 8028555. Duomo a Ragusa Ibla, 0932.651265. Già sotto l’arco a Carovigno (Brindisi), 0831.996286.

Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

Paolo Marchi

di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

Consulta tutti gli articoli dell'autore