25-03-2017
La margherita della pizzeria/ristorante Piccola Piedigrotta di Giovanni Mandara da Tramonti (Salerno). Gli impasti hanno lievitazioni lunghissime e sono lavorati con l'acqua di mare
Da bambina era il rito della domenica in famiglia. A pranzo si mangiavano i tortellini in brodo, e a cena la pizza, rigorosamente fatta in casa: la mamma preparava l’impasto e lo lasciava crescere tutto il pomeriggio sul termosifone, mentre la farcitura era compito del babbo che, prima di infornare, stendeva la pasta con certosina pazienza e la sommergeva di condimenti. Per molti anni, dunque, la pizza è stata questa: un rettangolo soffice, con la base croccante e i condimenti straripanti. Ancor più buona il giorno dopo, meglio se fredda. Poi è arrivata l’epoca delle pizze con gli amici, da adolescente. Andare in pizzeria significava mangiare fuori spendendo il meno possibile. E poco importavano le lievitazioni, le materie prime e le cotture: le pizze dovevano essere golose e costare pochissimo. Infine è arrivata l’età adulta, e con essa, la cattiva digestione: acidità di stomaco, pesantezza e gonfiore sono diventati i fedeli compagni di tanti dopo cena in pizzeria, regalando notti insonni e infinite arsure.
Così, la pizza è diventata un tabu. Ma col passare degli anni è cresciuta l'informazione, l'attenzione si è spostata sulla qualità degli ingredienti e sull’arte di saper trattare il cibo. Da qui, la decisione di dare alla pizza una seconda chance.
La pizzeria è in piazza XXV Aprile 1 a Reggio Emilia, telefono +39.0522.434922
Giovanni Mandara con Gualtiero Marchesi
Tutte le notizie sul piatto italiano più copiato e mangiato nel pianeta
a cura di
bolognese, classe 1978, un tempo ingegnere civile, cantante lirica e ballerina di tango, oggi sommelier e donna di sala a Bologna. Di indole aperta e curiosa, ama il vino tanto quanto l'arte. L'ironia e il sorriso sono le sue armi