“Da Castellamare di Stabia a Firenze: Giovanni Santarpia ha portato nella città toscana colori e sapori della tradizione gastronomica napoletana”, leggiamo nella scheda a lui dedicata sul sito di Petra. Bella la storia, quella di questo classe 1973 che il forno ha tolto dalla strada, «nel 1988, dunque da adolescente, i miei genitori (padre bidello, madre casalinga) vollero che mi trovassi un’occupazione, ero un po’ uno scugnizzo. Così andai a fare il ragazzo di bottega in una pizzeria, mi occupavo della friggitrice, degli arancini, dei crocchè…». Fatale fu qui l’incontro con Espedito Raffone, «era anziano, aveva 83 anni, veniva a mangiare con la stampella, ben presto divenne un habitué e un amico, era sempre con noi. Lui era stato panettiere e pizzaiolo. Un giorno propose: ma perché non mettete un forno a legna? E si mise a darci delle dritte sugli impasti».
La passione nasce dunque per caso, ma poi viene supportata da dedizione e sacrifici: «Faci delle stagioni estive a Capri, poi a Firenze. La città mi piacque. Nel 2006 provai a mettermi in proprio, con la mia Palazzo Pretorio a San Donato in Poggio», una frazione di Tavarnelle Val di Pesa, 40 minuti abbondanti dal capoluogo toscano, così Giovanni divenne un po’ l’ufficio turistico locale, «stampavo brochure per far conoscere il paesello» così da spingere i fiorentini alla gita fuoriporta: «Se li convincevo a visitare quel borgo, poi si sarebbero fermati a mangiare da me».
Il metodo funzionò: tra coloro che si accomodarono a
Palazzo Pretorio, anche
Sabino Berardino ed
Elena Farinelli, che poi scrissero la prima recensione sul locale. E fu l’inizio del successo.
Ma cosa convinse i due, e i tanti altri disposti ad andare fino a San Donato per assaggiare le creazioni di Santarpia? Quello che oggi determina anche l’ottima riuscita del suo nuovo indirizzo, denominato proprio Santarpia e inaugurato nel dicembre scorso in largo Pietro Annigoni 9/C, a Firenze (tel. +39.055.24.58.29. Aperto solo la sera, chiuso il martedì): impasto con un blend di farina 0 Special e Unica di Molino Quaglia, doppia lievitazione dalle 30 alle 48 ore, impasto molto idratato, stesura a mano, «è un modo per avere un disco non duro, con alveoli». La pizza è di tipo campano doc, ma non partenopeo classico, «invece dei 50 secondi di cottura (in forno a legna) prediligo tempi più lenti, diciamo un minuto e mezzo, come si fa a Tramonti o Gragnano». In questo modo il cornicione alto è croccante fuori e tenero dentro, «evito l’effetto gommoso che amano molto a Napoli, ma qui a Firenze è poco popolare perché considerato di difficile digestione».
Per il topping
Santarpia sceglie la strada delle poche varianti (in menu le pizze sono una dozzina, ma cambiano spesso a seconda della stagionalità e ci sono sempre un paio di proposte del giorno), per avere sempre prodotti freschi e d’eccellenza, «punto sulla qualità e l’equilibrio». Tra i best seller, oltre alle pizze più tradizionali, quella con crema di zucca e guanciale, abbinamento dolce-sapido con il salume che, coperto dalla mozzarella, non brucia ed esprime così al meglio il proprio aroma. Poi da segnalare anche un’altra specialità, con provola affumicata, ricotta salata e pomodorini gialli.
Santarpia propone anche un impasto senza glutine: cotto a parte nel forno elettrico, è molto richiesto.