13-04-2020

La Svezia, Are e un bacio al palombo

Le estati di Marchi lavapiatti vicino al Circolo Polare, nella culla dello sci alpino scandinavo. La cucina? A tutta panna

Una splendida foto di Are al tramonto. L'edifi

Una splendida foto di Are al tramonto. L'edificio grande e grigio sulla destra è il Tott Hotel, ampliato e ristrutturato a fondo rispetto agli anni Settanta quando Paolo Marchi vi trascorreva le estati come lavapiatti

XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita, scritto da Paolo Marchi assieme con Annalisa Cavaleri, è stato pubblicato da Mondadori Electa nell'ottobre 2014, la prefazione è firmata da Oscar Farinetti. Questo è il quarto di cinquanta racconti

Avevo un compagno di liceo, Stefano, biondo, occhi azzurri, che continuava a ripetermi quanto successo avesse con le ragazze svedesi e io a chiedermi cosa ci trovassero in lui, che era esattamente come la stragrande maggioranza dei ragazzi svedesi. Avrei capito di più se avesse avuto un aspetto più mediterraneo. A furia di sentirlo magnificare tutto quello che esisteva a nord di Copenaghen, alla fine gli proposi di fare una vacanza finita la maturità, estate 1974.

Era successo che ai mondiali di sci di St. Moritz del febbraio 1974 avevo conosciuto Bibbo Nordenskiöld, organizzatore sportivo e proprietario di un paio di alberghi ad Are, la Cortina innevata della Scandinavia. Ma Bibbo non era famoso tanto come albergatore, ma perché aveva rivoluzionato le regole delle partenze nelle gare di sci, inventando un nuovo sistema più equo, trovando il modo di avvantaggiare chi aveva ottenuto i tempi migliori nelle prime manche di slalom. Ma quando si trattò di pensare cosa fare quell'estate a me interessava il suo ruolo di patron degli hotel Tott e Granen.

Gli scrissi se potevo andare a fare il lavapiatti per almeno un mese e con i soldi guadagnati avrei poi girato per altri trenta giorni la Svezia.

Per me andare lassù, dopo essermi lasciato alle spalle il liceo, era una fuga assoluta dall’Italia, la possibilità di essere solo me stesso, senza che nessuno mi conoscesse come il figlio di Rolly Marchi. Avevo voglia di vivere le mie emozioni direttamente, senza preoccuparmi che qualcuno potesse andare a dire a mia madre che mi aveva visto mangiare tanto e con gusto, piuttosto che a mio padre quanto fossi rilassato al tavolino di un bar.

Una panoramica invernale di Are con i suoi monti e il suo lago. Foto David Castor

Una panoramica invernale di Are con i suoi monti e il suo lago. Foto David Castor

Non che non mi piacesse l’attività sportiva, ma volevo sceglierla io. E a ridosso del circolo polare artico - poco dopo Are inizia la Lapponia – potevo essere me stesso in totale libertà.

Bibbo mi invitò a raggiungerlo ed ero certo che le estati trascorse lassù mi avrebbero potuto cambiare la mia vita. Così non fu, ma mi hanno comunque segnato, nel bene.

Stefano e io raggiungemmo Are in treno grazie all'InterRail. Distanza da Milano 2600 chilometri. Ci presentammo al Tott che non era ancora l'ora di pranzo. Impiegai poche ore a capire il magnetismo che il mio amico esercitava sulla ragazze svedesi. Già la prima sera non dormì nell'appartamentino che ci era stato riservato. Trenta giorni là ed e io era come se vivessi in una singola, buon per lui.

Le nostre giornate erano scandite dal lavare pentole, piatti e bicchieri la mattina e poi liberi di fare quello che meglio credevamo fino all'indomani. E così potevo andare in canoa sul lago, piuttosto che camminare sui sentieri dell'Åreskutan, la montagna che domina la zona.

Adesso che scrivo questo racconto i ricordi di più estati si confondono, anche perché in seguito sarei tornato lassù con altri amici e ogni volta cresceva in me la voglia di fare il cuoco.

Il Granen in una foto d'epoca, l'altro hotel proprietà di Bibbo Nordenskjold

Il Granen in una foto d'epoca, l'altro hotel proprietà di Bibbo Nordenskjold

Le cucine del Tott erano il regno di Ernst, un tedesco di Ingolstadt, simpaticissimo come persona, mediocre come cuoco, popolarissimo tra le donne perché, beato lui, aveva la stessa dote che ha reso famoso Rocco Siffredi.

La prima volta che entrai in cucina mi disse che come italiano ero fortunato a essere arrivato quel giorno perché stava preparando risi e bisi. Purtroppo si trattava di riso bollito, saltato nel burro con pancetta e piselli in scatola sgocciolati. Dei risi e bisi aveva solo il nome.

Il risvolto per me più piacevole era che mi lasciava preparare la pasta al pomodoro per la moglie di Bibbo. Mi piaceva così tanto quel posto che nel 1978 mi venne l’idea di tornare all’Università per imparare lo svedese e poi trasferirmi per un inverno intero lassù e vedere se davvero potevo poi restarvi per sempre. Volevo fare l’esatto contrario di Ernst e cucinare con cura e passione.

Una ricetta per tutte del cuoco tedesco: filetti congelati di palombo con panna, cognac e scorzette. Il peggio di una pseudo-cucina francese. Ma Ernst era così simpatico che quel pasticcio piaceva a tutti.

In quei viaggi lassù capii che l’alta cucina è un privilegio per pochi, non solo per un fattore economico, ma proprio di cultura. Per i più bastava pasticciare un po' due ingredienti, farla strana insomma, e tutti erano contenti. E figuriamoci se qualcuno era interessato alla conoscenza di altre culture.

Are è uno dei santuari dello sci alpino, sede dei Mondiali 1954 e 2007, nonché di tanti appuntamenti della Coppa del mondo. In queste due immagini è fissata un pagina importante per lo sci italiano: è l’11 febbraio 1979, Gustavo Thoeni conclude lo slalom al terzo posto, dietro a Ingemar Stenmark e a Phil Mahre. L’azzurro, che avrebbe compiuto 28 anni a fine febbraio, salì sul podio per l’ultima volta in carriera

Are è uno dei santuari dello sci alpino, sede dei Mondiali 1954 e 2007, nonché di tanti appuntamenti della Coppa del mondo. In queste due immagini è fissata un pagina importante per lo sci italiano: è l’11 febbraio 1979, Gustavo Thoeni conclude lo slalom al terzo posto, dietro a Ingemar Stenmark e a Phil Mahre. L’azzurro, che avrebbe compiuto 28 anni a fine febbraio, salì sul podio per l’ultima volta in carriera

In tal senso un pomeriggio ero in camera con Gilla e stavo scrivendo una lettera a casa per chiedere a mia madre che, una volta tornato a Milano, mi preparasse coniglio con le olive e purè di patate. Gilla mi chiese cosa stessi mai scrivendo e quando pronunciai la parola “rabbit” mi guardò con lo stesso stupore che se le avessi detto che sognavo di papparmi due bambini alla brace. Il coniglio per loro era un animale di compagnia e null'altro.

Lei mi chiese anche se avessi nostalgia di casa e le confessai che più che Milano sognavo una baita con il fuoco acceso, un grande vino e una bella ragazza accanto. Mi rispose perché noi uomini per sentirci bene dobbiamo per forza avere una donna vicino. E forse aveva ragione lei, è un po' una condanna, però devo anche dire che quando lei partì da Are per tornare a Stoccolma mi diede il bacio più caldo, carnoso e sorprendente che ricordo.

La ricetta del Palombo alla panna.

Ingredienti: 800 gr di palombo tagliato a fette, 2 hg di panna fresca liquida, uno spicchio d’aglio fresco, 250 gr di funghi champignon puliti, il succo di un limone, un bicchiere di vino bianco secco, un bicchierino di brandy, origano, sale e pepe.

Si dice che in un hangar di Boeing a Seattle ci sia scritto, su un cartello appeso a un muro, che per peso, dimensioni e apertura alare, il calabrone non potrebbe volare, ma lui non lo sa e così vola lo stesso.

È un po' quello che successe a me con con la ricetta del palombo (o rombo, se preferite) alla panna di Ernst. A leggere è quanto di più lontano vi possa essere dalla pulizia di sapori della cucina mediterranea di casa nostra, ma il palombo e la panna non lo sanno e alla fine ne esce un piatto "buonissimo", perché la panna sarà sì pesante, ma è un capolavoro della natura, anche se, come il burro, da anni è stata demonizzata.

Filetti di palombo

Filetti di palombo

Non è colpa della panna o del burro in sé, ma di tutti quei bruciapadelle che con questi ingredienti nascondono incapacità di cucinare bene, rispettando materie prime e clienti, visto che fanno la spesa pensando a risparmiare sul conto. Altro che primizie e primi tagli, se si vuole solo salvaguardare il portafoglio in padella finiscono carni o pesci che non sanno di nulla. Da qui l'uso della panna e dei liquori e oggi delle spezie in quantità.

Ma tutto questo per Ernst non contava e il suo palombo alla fine piaceva ai clienti del Tott e tanto bastava, a lui e alla proprietà.

Si parte da un soffritto di cipolle e aglio per unirvi poi funghi (di qualsiasi tipo), regolando di sale e pepe e aggiungendo un limone spremuto. Solo a funghi avanti di cottura si uniscono i filetti di pesce.

In Svezia Ernst usava il palombo perché gli arrivava congelato, io a Milano preferivo il rombo e oggi, che vi ripenso, capisco che così sciupavo uno dei pesci più buoni che il mare ci regala. Ma allora era tutto un cinema. Per completare la preparazione si aggiungono anche origano e via via un bicchiere di vino bianco e la panna fresca (per me non esistono latte e panna a lunga conservazione). Tocco finale: una spruzzata di brandy.

A rileggerla ora, trent’anni dopo sul mio quadernetto di appunti, suona proprio come un'assoluta schifezza, ma io ero come un calabrone, non me ne rendevo conto. E godevo lo stesso, alla grande.


XXL Marchi

Piatti e momenti che hanno allargato la mia vita

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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