In sé, 500 chilometri in auto non sono né tanti né pochi, dipende dalla strada e da quanto tempo impieghi a percorrerla. E quella che da Milano porta all’Argentario tende al tormentato anche perché più strada fai e peggiore diventa, ti consola giusto il pensiero che al ritorno passerai dall’inferno al purgatorio. Prima l’Autocamionale della Cisa tra Parma e la Versilia, poi l’Aurelia oltre Livorno e Rosignano, di notte tollerabile fino a Piombino, con l’Elba lì davanti, dove il Mar Ligure lascia spazio al Tirreno. Quel tratto di Aurelia, fino a Grosseto e pure oltre, anche nel Lazio, è una statale pessima, sole o luna che sia, la parodia di una moderna arteria a scorrimento veloce.

Le animelle steccata alla vaniglia di Antonio Guida
Oltre Piombino si entra nella zona di influenza di Roma, influenza psicologica nelle teste dei viaggiatori. Noi milanesi ci spingiamo come fosse il giardino di casa nostra fino a Mentone e a Courmayeur, al Brennero, Tarvisio e Trieste, alle spiagge romagnole e a quelle marchigiane (ma la costruzione della terza corsia sulla linea adriatica ci ha “allontanato” da Senigallia, Civitanova e San Benedetto), al relax delle riviere liguri e toscane, non tutte quest’ultime però. Piombino e l’Elba sono Colonne d’Ercole oltre le quali il viaggio per un milanese diventa lungo, fastidiosamente impegnativo. Schematizzo, ma “noi” andiamo a Santa (Margherita Ligure) e al Forte (dei Marmi), i romani a Capalbio e all’Argentario. Portofino è nord, Porto Ercole sud, un milanese va a mangiare il pesce da
Romano a Viareggio, punta su
Zazzeri a Bibbona, rimpiange
Pierangelini a San Vincenzo, un drago buono ai confini del suo mondo goloso, cerniera con le frontiere del mondo romano. Il superbo, elegante e rasserenante
Pellicano,
Antonio Guida chef,
Nicola Di Lena pasticciere e
Costantino Russo manager, appartiene già agli orizzonti della capitale, come le perle di Abruzzo e Campania del resto. Purtroppo perché, in base alla legge del piacere e della soddisfazione terrene, io vorrei fortemente avere il 5 stelle lusso della famiglia
Sciò ben più vicino a casa. Lo vorrei perché, a parte i piaceri della tavola, compresa quella della prima colazione, ha come cifra un lusso per nulla ostentato, niente che possa interessare a Corona e Belen, ai miliardari russi e ai burini di casa nostra. Se uno vuole mostrarsi, deve andare altrove. Qui bisogna rimanere sottotraccia.
Centottanta giorni di apertura e quasi gli stessi di chiusura. Il Pellicano è vivo da metà aprile a metà ottobre, non importa quando cade la domenica di Pasqua, con il pienone di un fine-settimana gli altri giorni non paghi stipendi e tasse e vai in rosso. Il Pellicano inteso come ristorante è la tavolozza su cui dispone i suoi colori il salentino Antonio Guida. Una singolarità: è di Depressa, una frazione di Tricase, esattamente come i fratelli Pantaleo del Bolina, la miglior insegna tra Lecce e Leuca, a Tricase Porto per la precisione.
La sua carta, quella di Guida, trasuda ricchezza di sapori. La mano ha una impostazione francese, uno stile pulito e sicuro, un tocco che è morbido ma deciso, non tentenna affatto. Piatti ricchi, ma mai “sporchi” e inutilmente ridondanti. Ogni preparazione appare in carta con il nome del suo ingrediente principale, Coniglio, Astice, Scampi, Risotto, Spaghettone, Ravioli… e poi la spiegazione. Dopo un via con un pensiero dominato dalle animelle alla vaniglia e crema di carote, il Coniglio spalla, costolette e filetto con crema di trippa e cozze, l’Astice arrosto al masala, cous cous all’olio di nocciola con bisque cremosa al moscato, il Risotto al nero di seppia con calamaretti spillo e cremo di riso alla curcuma, lo Spaghettone “Cavalieri” con crema di crostacei, scorfano e seppie nel quale il vigore della pasta si ritrova avvolto dal velluto brioso del mondo del mare.

Il parfait di liquirizia, tabacco e caffè di Nicola Di Lena
Quindi la
Triglia avvolta nel fiore di zucca con crema di riso venere e topinambur, l’Agnello al cardamomo e zafferano, il
Petto di piccione affogato con scaloppa di fegato grasso, il
Pollo Ficatum con crema di cannellini, alghe, limetta e garusoli fino al finale dolce pensato da
Nicola Di Lena, pasticciere che sublima il suo talento nel
Parfait alla liquirizia con cristalli di foglie di tabacco Kentucky, pera alle spezie e crema al caffè Chickmagalùr Karnataka. Dessert grandioso, dove gli ingredienti di partenza sono degni dell’inferno, dei cazzotti che
Nicola mette in relazione e equilibrio tra loro in un gioco nel quale liquirizia, tabacco e caffè rinunciano ognuno a qualcosa per raggiungere un armonico livello superiore di gradevolissima e sempre tosta armonia.
Da sola la colazione del mattino giustifica una sosta al Pellicano. C’è tutto quello che non può mancare in un albergo di simile livello e in più dei tocchi qua e là, delle sorprese a tavola come dei bomboloni ripieni di crema ricoperti di crema che ti vengono portati con un sorriso. Il mio oscar personale va però a sua maestà la <b>Mortadella Pasquini</b> “l’ultimo artigiano che la produce nel territorio comunale di Bologna”. Fresca e golosamente umida, trasuda piacere. La qualità dei pani completa la gioia di chi si abbandona alle sue fette e fettine.
Il Pellicano
località Lo Sbarcatello
Porto Ercole (Grosseto)
t. +39.0564.858111
Chiusura/ferie: da metà ottobre a metà aprile, aperto solo la sera
Prezzi medi: antipasti 45, primi 29, secondi 46 e dessert 22 euro
Coefficiente di difficoltà: buono, elegante cucina d’autore