10-12-2014

Energia calma All'Enoteca

Davide Palluda verso i 20 anni alla guida della insegna nel Roero, in coppia con la sorella Ivana

Lo chef Davide Palluda. Presto festeggerà i suoi

Lo chef Davide Palluda. Presto festeggerà i suoi (primi) venti anni All'Enoteca di Canale, all'interno dell'Enoteca Regionale del Roero

«Beh… Io corro!», spiega smagliante Davide Palluda per spiegare la sua linea invidiabile a 43 anni, gli ultimi venti dei quali passati a padroneggiare le cucine di un ristorante denominato All’Enoteca perché all’interno di un autentica enoteca, quella regionale del Roero, “l’ex cugino povero delle Langhe” ha scritto Paolo Marchi, sottolineando la crescita della zona.
 
Ma qui non ne facciamo una questione di jogging e calorie bruciate: la corsa è mentale, l’agilità nelle idee, e ben si sposa – per perfetta contrapposizione – alla pigra golosità di queste terre paciose, tranquille, feconde; lo chef invece adrenalinico e gioviale anche quando è tra i tavoli a salutare i clienti, lasciando di scatto - appunto - i fornelli per rubare un poco la scena alla sorella Ivana, i cui capelli mossi ben ne rappresentano il carattere spumeggiante, che poi è anche quello di lui: è domina della sala e respinge l’assalto, rivendica il suo ruolo pur in tempi di masterchef e cuochi divi. Che Davide torni pure in cucina!, gioco sorridente. E ricorda di essere una delle tre coppie fratello-sorella dell’alta ristorazione made in Italy: loro, gli Uliassi e i Romito, guarda caso Niko era seduto a quel tavolo lì qualche giorno fa, quasi a dar conferma personale, a sancire una sorta di apparentamento indiretto (ne abbiamo parlato qui).
 
Davide Palluda tra Niko Romito e Ugo Alciati al termine del pranzo tenutosi qualche giorno fa All'Enoteca per celebrare lo chef abruzzese (foto Bruno Murialdo)

Davide Palluda tra Niko Romito e Ugo Alciati al termine del pranzo tenutosi qualche giorno fa All'Enoteca per celebrare lo chef abruzzese (foto Bruno Murialdo)

Vent’anni e non sentirli, si diceva. Perché All’Enoteca nacque nell’aprile 1995 e presto sarà festa, praticamente i Palluda ci han passato metà della loro vita, calcolando anche il tempo in cui questo era un asilo e loro, bimbi, lo frequentavano, non si capisce bene se l’attuale sala ristorante – 9 tavoli, più altri 5 in uno spazio attiguo: numeri ragionevoli - fosse quella dei giochi per i piccoli o di meditazione per le carmelitane. Profeti in patria, insomma; Davide è affezionato al luogo, vi si trova a suo agio e ha il parziale rammarico che i muri non gli appartengano, così lo sentirebbe del tutto casa sua, ma è quasi solo questione di forma.
 
Animella e anguilla alla brace e limoni

Animella e anguilla alla brace e limoni

Perché lo chef vi è ben integrato e qui ha raggiunto piena maturità stilistica, come ricorda anche Nicola Perullo nella scheda sulla guida Identità Golose 2015, che riporta anche la seguente dichiarazione: «Ci stiamo concentrando su cose che rilassano», significative parole di Palluda a certificare l’attuale stagione della sua cucina. Che non è di corsa, men che meno seduta, ma beneficia l’odierna energia calma del suo artefice e risulta dunque, parallelamente, in gran forma. Sia che si vada sulla tradizione che si viri su una creatività senza orpelli spettacolari, contemporaneità meditata e filtrata attraverso le lenti del territorio. Penso all’ottima Animella e anguilla alla brace e limoni, piatto che va oltre al Roero e poggia però su una fine misticanza locale di foglie e petali («Cuoco è chi si alza alle 7 ogni mattina e cerca il pesce, la carne e le erbe. Dopo può entrare in cucina ed è pronto per cominciare», ebbe a dire lo chef); le due grassezze di mare e di terra lo rendono infinitamente succulento, smorzate appena dall’aromaticità dolce-acidula della composta d’agrume. il tutto all’odor di braci: proposta completa, intelligente, moderna, complessa.
 
Nel nostro menu, è stato l’esordio di un trittico delle meraviglie le cui altre due componenti hanno virato invece sull’identità. In primis con la classicissima Finanziera, per chi scrive una sorta di piatto-feticcio poche volte gustato di simile rotondità (ricordo quello di Maurilio Garola alla Ciau del Tornavento e quello dei Vivalda all’Antica Corona Reale); poi coi Semplici ravioli quadrati di fassona: un velo la pasta, un’esplosione il ripieno, ma il segreto sta nel sughetto che coccola il palato con una suadenza rivelatrice d’un ospite segreto, il Marsala.

Carlo Mangio

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a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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