E’ come se lava, ceneri e lapilli irradiati dall’Etna tutt’attorno, nell’area circostante e nei secoli, poco a poco, avessero delimitato una specie di zona franca – un’isola nell’isola – un perimetro vasto chilometri che ha regole sue proprie: più tranquillo del resto della Sicilia, più verde – pur essendo colorato di pietra bruna -, più operoso, legato alla terra, ai suoi frutti. In cui la vita scaturisce dal vulcano-Madre, genitrice maestosa e incombente, benigna e terribile. Lo sanno bene i viticoltori eroici che dissodano zolle difficili, terrazzano pendii impervi, impiantano vitigni autoctoni, di tempra inconfondibile: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Carricante, Catarratto.
Sono nomi importanti: Enzo Cambria, Ciro Biondi, Giovanni Valenti, Frank Cornelissen, Antonino Destro, Salvo Foti... Il sudore di queste persone laboriose ha bagnato quel suolo così particolare, rendendolo sempre più fertile: il vino ha portato l’enoturismo, che ha permesso lo sviluppo di strutture ricettive, che stanno a loro volta germogliando ristoranti di alta qualità. Pensiamo a una specie di matrioska in salsa etnea: una grande impresa vivaista - Piante Faro – che genera una bella azienda vitivinicola - Pietradolce - che dà vita a una struttura destinata all'accoglienza di charme – DonnaCarmela - e, al proprio interno, un ristorante di qualità affidato alla consulenza di Ciccio Sultano, lesto a insediarvi un proprio discepolo 31enne, Andrea Macca.

Lo chef Andrea Macca de La Cucina di DonnaCarmela. E' un discepolo di Ciccio Sultano
Si desina in una specie di eden vegetale, circondati da agave, ficus e agrumi, sotto l'occhio premuroso della vera
Carmela, gran padrona di casa, che poi è la consorte di
Venerando Faro, fondatore del piccolo impero. Ma, al di là del contesto - il mare a un passo, l'Etna pure, siamo a Riposto, il porto del vulcano - proprio della cucina conviene parlare: matura, assestata, com'è lecito attendersi dal fortunato connubio tra un mostro sacro della ristorazione isolana e un proprio promettente allievo.
Qui si mangia la Sicilia e la sicilianità pure, con i dovuti update ma attenti a non perdere di vista le radici. Tanto mare: nella Triglia maggiore di scoglio, scarpetta di pane, olive nere e zuppetta della stessa, o nella squisita Cernia in guazzetto di vongole al cartoccio con cuore di finocchio - noi avremmo cotto il pesce qualche istante di meno e sarebbe stato un piatto senza appunti. Dolci sontuosi: intermezzo-metà-salato nel Gelato al cardamomo con scaglie di ragusano ed extravergine, buonissimo, e poi la loro declinazione più classica ma esplosiva, Cannolo di ricotta, gelato al torrone e acqua di cannella.
Indirizzo gourmand già importante, questo, consolidato. Però anche altro conviene segnalare, magari dopo un pranzo al Cave-Ox a Solicchiata, frazione di Castiglione di Sicilia, osteria del buon vino, patron è Sandro Dibella. La sera vien voglia di addormentarsi in una delle splendide stanze del Shalai resort di Linguaglossa, siam sempre in un fazzoletto di terra tra lava e onde.

Giovanni Santoro in azione: è il 30enne chef del Shalai Resort di Linguaglossa (Ct)
E qui, nella struttura raffinata, scopriamo un altro fornello di qualità: lo padroneggia
Giovanni Santoro, 30 anni giusti giusti, profeta in patria. Il suo stile appare meno strutturato rispetto a quello di
Macca; eppure ci è sembrato di scorgere un estro perlomeno simile, un talento intenso, ancora non ben irreggimentato, che sferza il palato coll’ottimo
Tortino di ricotta e spinaci, crema di sedano e mollica di finocchietto selvatico, lo seduce nella
Tartara di manzo e carciofi, bacche di ginepro e fonduta di maiorchino affumicato, prima di prevaricarlo con certi eccessi da smussare. Conviene evitare d’essere sin troppo focosi, nella terra dell’Etna.