«Come definirei la mia cucina? Domanda difficile, non ci ho mai pensato». Fra tanti chef più abili davanti a un microfono che tra le pentole, apprezziamo - perla rara! - questa candida risposta di Angelo Koyfalas, classe 1981, bergamasco con padre greco. Lui ha imparato l'arte del fornello prima per caso nella fredda Stoccolma (l'idea iniziale era di trovare un lavoretto qualsiasi, magari in pizzeria, per pagarsi la trasferta scandinava durata alla fine 4 anni) e poi tra i silenzi di Oaxen, isoletta di 108 abitanti a due ore di battello dalla capitale.

Risotto con crema di zucca arrostita, cardamomo e cedro candito
Qui uno chef immaginifico aveva dato vita a uno dei ristoranti più creativi del Paese, in pieno filone
Nordic cuisine: e davvero
Magnus Ek si dedicava alla miglior sperimentazione, tra samovar customizzati, distilliere, macchine per l'affumicatura a freddo o altre per la cottura sottovuoto, tecnica quest'ultima che Koyfalas avrebbe ritrovato più avanti durante i mesi trascorsi a spignattare per l'estro di
Enrico Bartolini, al
Devero di Cavenago. Strade apparentemente distanti che a un certo punto si incrociano, sembra un destino: proprio mentre lo chef era a far esperienza nel verde arcipelago a casa di Dio, nella testa di
Enrico Orlandelli, imprenditore nel campo dell'interior design ma da sempre appassionato di buona tavola, iniziava a frullare un'idea, anzi un concept come lo definisce lui che è molto più
up-to-date. Ossia creare un ristorante tutto dedicato alle alchimie
vacuum; e di nuovo il caso ha voluto che suo amico fosse
Andrea Colombo, pure lui bergamasco e industriale nel settore delle macchine sottovuoto per il confezionamento alimentare, con la
Valko di Bottanuco (Bg).
Nasce così, per felice congiunzione astrale, la storia di
Del Vuoto, che dal 21 maggio scorso propone all'inizio di Giambellino, a Milano, manicaretti ottimamente eseguiti con il fil rouge che avrete ben capito. Quasi tutto – salvo forse le sole pasta e riso – passa attraverso il macchinario (della Valko, ovviamente), per una cottura “dolce” che preserva la caratteristiche gustative degli alimenti e li rende persino più digeribili. Una tecnica perfetta per le materie prime proteiche, quindi carne e pesce, ma anche per verdura e frutta. Vien da pensare: trovata carina, innovativa, capace di far conoscere il sottovuoto anche a chi non è habitué di tristellati creativi... Ma non è un po' una prigione, un limite per chi sta in cucina e deve pensare il menu? Koyfalas smentisce: «Assolutamente no: io amo da sempre questa tecnica, la utilizzavo tantissimo anche prima e lo farei in qualsiasi caso. Trovo sia un modo molto efficace per cucinare, mi viene naturale, non ci sono forzature... Direi che l'adoro!».

Oddio, è legittimo infischiarsene di feticci e idiosincrasie del cuoco di turno, se queste non generano effetti apprezzabili al palato. Così non è nel caso: perché la nostra visita al
Del Vuoto ci ha rivelato una cucina moderna, godibile, precisa, intelligente, ambiziosa ma non arrogante. Capace di interpretare il concept senza finirne schiavo. Prendiamo il
Risotto con crema di zucca arrostita, cardamomo e cedro candito (quest'ultimo peraltro l'unico elemento cotto sottovuoto della proposta): è ricco, pieno in bocca, con i grani quasi perfetti, equilibrato tra dolcezza della zucca, sentori agrumati e la forte aromaticità della spezia, quasi un viaggio che da Mantova porta in terre esotiche, intelligente connubio tra territorio e km 10mila.
Sono caratteristiche che ritroviamo anche in altri piatti, a delineare una scelta stilistica che, quasi più della tecnica sottovuoto, sembra l'anima vera che alberga in via Giambellino 12: grande uso delle erbe aromatiche (un evidente lascito di
Ek: a proposito, non cercatelo più a
Oaxen, ha chiuso e partirà con un suo locale tutto nuovo a Stoccolma, in primavera), il piacere crescente – condiviso da certo giro gourmand – di addentrarsi nel mondo vegetale, un percorso consapevole che vuol andar oltre la maniera o le rigide standardizzazioni, rileggendo i territori – al plurale – con l'innesto di contaminazioni estrose ma di facile lettura, fusion:
Pastinaca con burro ai capperi iblei, erbe aromatiche e semi di girasole, antipasto strepitoso per chi ama la cucina naturale.
In generale il pasto ci ha ricordato la cucina di
Alice Delcourt, quasi un
case history dal recente successo col suo
Erba Brusca, sempre qui a Milano: auguriamo a
Koyfalas ugual fortuna. Se la merita:
Animella di vitello con sedano rapa, conserva di rabarbaro e grani di senape,
Rigatoni al burro d’alghe e gamberi rossi di Sicilia,
Rombo chiodato con rape, scalogni glassati e finferli,
Scamone di vitello con crema di carciofi, carote novelle e tarassaco... Tutto eseguito con mano sicura e idee chiare, oltre che cottura scientificamente perfetta: filetti e controfiletti “medium rare” a 56°C per 60 minuti, brasati a 82°C per 8 ore e così via. Dolci migliorabili, un gradino sotto il resto della carta, che viene rinnovata pressoché ogni mese e presenta poche proposte (alla nostra visita, 5 antipasti, 4 primi, 5 secondi, 4 dessert) anche per consentire di mantenere un conto abbastanza snello per la categoria: circa 50-55 euro per quattro portate, bevande escluse.
Del Vuoto
via Giambellino, 12
Milano
+39.02.94555592
Chiuso domenica
Prezzi medi: antipasti 13, primi 13, secondi 20, dolci 7 euro