06-11-2012

LoprioRE

Il cuoco del Canto di Siena è in uno stato di grazia superbo.Cronaca appassionata di un pasto

L'Insalata di alghe, erbe, aromatiche e radici con

L'Insalata di alghe, erbe, aromatiche e radici con cui Paolo Lopriore apre il pasto al Canto nella Certosa di Maggiano (Siena), telefono +39.0577.288180. I vegetali del suo orto sono la vera passione del cuoco di natali comaschi, 40 anni nel marzo 2013 (foto Passera)

Siena, freddo alle porte ma quella sera l'aria era ancora piacevole: e allora da piazza del Campo perché non raggiungere la Certosa di Maggiano a piedi? In fondo sono poco più di tre chilometri e il percorso è affascinante: ci si immerge nella città vera, si passa per Torre e Leocorno fino a Valdimontone, sfiorando anche il Nicchio, ossia per alcune delle contrade più popolari e vivide. Poi c'è anche un assaggio di campagna senese, una stradicciola non troppo illuminata ma tutt'intorno la natura è rasserenante e le ville si susseguono, raccontandoci tra le righe la realtà di questa Toscana profonda che sembra avere ancora tanti punti di contatto con la propria storia.

Dopo questo percorso l'approdo può essere straniante. Certo: pochi, forse nessuno è giunto a Il Canto on foot, come noi. Eppure in tanti lamentano nella cucina di Paolo Lopriore un certo prescindere dal luogo in cui è collocata, e ci si riferisce anche a questa certosa del XIV secolo divenuta Relais & Chateaux dal lusso sobrio, se ci è permesso il mezzo ossimoro: non ostentato, tutt'altro che pacchiano. Oppure dovremmo, al contrario, levare un applauso a uno chef che, un po' sradicato di suo – origini del Sud Italia, natali nel Nord Italia, lavora nel Centro… - ha il coraggio di seguire coerentemente il proprio percorso senza farsi rinchiudere in recinti né ideologici né tanto meno geografici? A voi la scelta.

Te Yé su xin, tartufi di mare & aceto di moscato

Te Yé su xin, tartufi di mare & aceto di moscato

D'altra parte, lui è uno destinato a dividere. Non ottiene applausi unanimi e anche qui ci sarebbe da chiedersi se si tratta di un male o un bene (più probabilmente la seconda che ho detto). E poi, premesso che il chilometro zero non è un dogma, nel nostro menu erbe aromatiche, corbezzoli, pomodori, cavolo nero e chissà cos'altro erano persino ettometro zero, venivano dagli orti persi tra i sei ettari di campagna e giardini tutt’intorno alla certosa stessa... ma è di questo, infine, che dobbiamo parlare?

Ci sembra che la cucina di Lopriore prescinda da tali myricae, la si puo' anche detestare, ma almeno con argomenti più solidi. Che non sono i nostri perché – così è subito chiaro il punto di vista, lungi dall'essere super partes – a giudizio di chi scrive lui riesce a raggiungere, nel suo essere assolutamente shocking, straniante nell'accostamento aromatico strong e del tutto a-ruffiano, vette di eleganza e assolutezza che raramente abbiamo riscontrato, in Italia e oltre. Apparentemente minimal, la sua cucina è in realtà poderosa: non risparmia le papille gustative, anzi le squassa con lucida follia e parossistica consapevolezza. E ha coraggio, certo, anzi innanzi tutto, anche i detrattori debbono riconoscerlo: in un posto così, con un ambiente così, in un simile contesto, sarebbe più semplice e comoda una proposta rassicurante e piaciona.

Lopriore è innanzitutto onesto, con sé stesso e gli altri. Non si deterge il sudore dalla fronte né la sua parannanza appare granché immacolata, i suoi capelli sono arruffati e la dialettica non irresistibile. Si presenta con pochi salamelecchi, ma con una sincera dichiarazione d'intenti; l'iniziale Insalata di alghe, erbe aromatiche e radici, da mangiare rigorosamente senza posate, è un modo per mettere le carte in chiaro anche al cospetto di commensali ignari: «Ehi, io sono proprio questa cosa qui». Prendere o lasciare, siete avvertiti: chi si trovasse a disagio, fa ancora in tempo a chiedere una pasta alla pummarola, una bistecca e/o a fuggire a gambe levate, siam sicuri che nessuno slegherebbe i cani.

Triglia in civet

Triglia in civet

Noi abbiamo invece voluto proseguire. E, lasciando carta bianca allo chef, gli abbiamo consentito di stupirci con alcuni dei piatti più ricchi di personalità che si sia potuto assaggiare da millenni a questa parte. Alcuni sono persino troppo invadenti, per chi cerca l'equilibrio gustativo come fosse una pepita d'oro: e il Klondike è forse distante da una proposta – infatti iper-discussa – come Yé su xin, tartufi di mare & aceto di moscato, sorta di match all'ultimo sangue ricco di uppercut degni di ko fin dalla prima ripresa. Ed è poi curioso notare come – noi arbitri di tal tenzone gustativa senza se e senza ma – si sia alla fine dichiarata la vittoria sbaragliante della soave componente aromatica del Yé su xin (un té bianco cinese in cui i profumi fruttati si sfumano nella presenza del gelsomino), là dove poco prima sembravano rompere ogni argine, piuttosto, elementi in apparenza ben più muscolosi, l'acidità acetica e la iodicità dei molluschi. «L'elemento animale sembra prestare la sua forza a quello gentile fino a esserne battuto», ha scritto Alessandra Meldolesi, e non riusciremmo a trovare parole migliori.

D'altra parte, è un esito annunciato (la forza straordinaria dell'Insalata iniziale insegna) e che si ripete – sorta di chiara cifra stilistica nient'affatto contingente - in una proposta di sublime violenza gustativa come Triglia in civet, con gocce di salsa del fegato della triglia stessa e soprattutto un bombastico tempura di semi di finocchio freschi, esplosione aromatica che ribalta i valori sul piatto (è il contorno, la periferia a divenire centro) e decreta nuovamente il trionfo del regno vegetale.

Zolla in Certosa

Zolla in Certosa

Lo stesso accade nello stratosferico Pomodoro, liquerizia e bottarga, che svela le inaspettate potenzialità di un banalizzato protagonista della nostra quotidianità a tavola (ricordo di aver provato una sensazione simile al cospetto di un memorabile Tomates en salsa di Josean Martínez Alija, al Nerua di Bilbao), in questo caso coltivato da mamma Lopriore in un vicino orto delle meraviglie. E in Zolla di Certosa, sorta di pennellata tridimensionale che omaggia la tradizione locale in un eccesso controllato, in una sintesi feroce (la spugna di pane imbevuta di un concentrato al cavolo nero che è pura forza, assoluta, ed evoca la ribollita mandandola nel contempo in frantumi con il proprio magnetismo prorompente). O ancora in Riso, capperi, pinoli, olive.

Chiusura sullo stesso filone con Mela rossa, mela verde, verbena e té verde. E un pensiero che gironzola in testa: Gualtiero Marchesi diceva che Lopriore era il suo miglior allievo, «quello che sbaglia di più perché rischia di più». Ecco: ora rischia sempre, ma ha anche smesso di sbagliare?

Il Canto della Certosa di Maggiano
Strada di Certosa, 86
Siena
+39.0577.288182
Menu degustazione: 80, 100 e 130 euro
Chiusura: Martedì e a pranzo da marzo a ottobre; da novembre a pranzo aperto anche a pranzo da giovedì a domenica


Carlo Mangio

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Carlo Passera

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Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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