Dieci anni di Luca Fantin a Il Ristorante - Luca Fantin del Bulgari Ginza Tower a Tokyo, dove è atterrato il 19 settembre 2009 e ora ha anche messo su famiglia... Domanda a bruciapelo: cosa hai insegnato tu al Giappone, e cosa il Giappone a te? «Parto dalla seconda: mi ha aiutato a migliorare le tecniche e a focalizzare la mia attenzione sui piatti, perché qui deve essere tutto perfetto. Viceversa, io credo di aver apportato l'attitudine a vedere le cose sotto un altro punto di vista. Loro cercano sempre la perfezione, ma perdono a volte il senso generale. Credo che ogni piatto possa nascondere anche un errore (cosa che loro aborrono), ma debba comunque conservare un'anima. È quello che provo a far capire: è importante la tecnica, ma di più l'identità, il gusto».

Luca Fantin a Identità Milano 2017
Dieci anni sono lunghi. «Simboleggiano un viaggio, non solo dall’Italia verso il Giappone, ma soprattutto dalle ricette tradizionali a un’interpretazione contemporanea della cucina tricolore», che è quella che
Luca esprime al meglio ora. Ci aveva raccontato, nel lontano 2014 (leggi
L'italiano che cerca funghi sul Fuji): «Quando sono arrivato a Tokyo ero pieno di idee, ma non ancora ben sedimentate. Volevo stupire. Dopo due anni ho capito che commettevo un errore: mancavo di rispetto nei confronti del prodotto. E ho cambiato. All’inizio facevo arrivare dall’Italia un sacco di ingredienti. Ora invece mi concentro sulle straordinarie materie prime nipponiche. Uniche eccezioni: il riso Carnaroli, l’olio extravergine e il Grana padano. Ho scoperto perfino ottimi funghi porcini, sul monte Fuji». Dunque: prodotti giapponesi e stagionali, di altissima qualità, elaborati attraverso tecniche sofisticate e grande creatività. Il tutto, con lo stile italianissimo di questo classe 1979 trevisano di Silea, figlio di un ferroviere e di una casalinga. Ormai assurto a chef celebrato: numero 107 della
50Best mondiale, numero 18 di quella asiatica. Stella Michelin dal 2011,
Miglior chef per la
Guida Identità Golose nel 2015.

Fantin premiato da Paolo Marchi e Nicola Cesare Baldrighi - presidente del Consorzio Tutela Grana Padano - come Miglior chef per la Guida Identità Golose 2015
Tanta roba, per uno dal curriculum peraltro prestigiosissimo.
Fantin prima dell'avventura asiatica era stato sous chef presso
La Pergola a Roma, «mi presero perché apportassi aria nuova. Ero chiamato a creare, a sperimentare. L’obiettivo era quello di migliorare sempre. Credo di aver contribuito a rinnovare la cucina di
Heinz Beck. Il suo insegnamento principale? La centralità del gusto. “Non cucini per gli altri cuochi, ma per i clienti”, mi diceva».
Prima ancora aveva lavorato in altri ristoranti di altissimo livello come Cracco a Milano («Lì ho appreso l’importanza dell’organizzazione. In lui ho visto non lo chef-artigiano ma l’uomo che sa pianificare. Precisione, severità»), l’Hostaria dell’Orso di Gualtiero Marchesi a Roma, Akelarre e Mugaritz in Spagna («Vi ho imparato che l’eccellenza la si ottiene solo se si ragiona puntando in alto ancor prima di entrare in cucina. A Errenteria è fondamentale presentarsi al lavoro puntuali, rasati, ben pettinati. E darsi da fare. Dalle cinque del mattino a mezzogiorno, nelle ore di tempo libero, si finiva spesso per passeggiare tra i boschi alla ricerca delle erbe: bacche silvestri, aglio orsino, trifoglio, fiori di zafferano… La cucina ha un’anima che va colta, letteralmente»), e RyuGin a Tokyo.
Ma
Luca Fantin non pensa di tornare in Italia? «Difficile a dirsi. Non è nei programmi. Questa mia esperienza giapponese continua a emozionarmi, faccio tante cose, ora che seguo anche il
Bulgari di Bali viaggio ancora più spesso... Non credo sia finito il mio ciclo qui».
Per festeggiare il decennale, lo chef ha riunito i piatti più iconici di questi dieci anni - selezionati fra le oltre 400 ricette che ha creato - in un menu speciale, chiamato Epocale, che sarà disponibile fino a fine ottobre: «Sono le preparazioni che rappresentano le tappe principali della mia carriera e richiamano i ricordi più belli. Rappresenta una motivazione per continuare a espandere sia la mia creatività che il mio potenziale, ed è anche la fonte per le mie creazioni future».
Il menu si compone dei seguenti piatti:
Minestrone (2012) - Un piatto che spiega come
Fantin interpreti la cucina italiana tradizionale. «Volevo avere una connessione col sapore, con un linguaggio semplice da capire. Mi sono chiesto: come posso portare una ricetta di casa in un ristorante d'alta cucina? Abbiamo lavorato sui brodi: un'essenza di tre carni cotte a vapore per 24 ore, con le verdure. Poi, nel piatto, verdure cotte e crude, in diverse consistenze, cui si unisce questo brodo».
L’essenza della carota (2015) - Il piatto rappresenta il talento di
Fantin nell’utilizzare le più svariate tecniche di cottura. «È stata una grande scoperta: come cambiare la consistenza di una carota, ortaggio poco eccitante nell'alta cucina? Lo abbiamo trasformato facendogli assumere la consistenza di una proteina, o quasi. La carota viene cotta a vapore, poi disidratata completamente e reidratata con succo di carota. Cambia la percezione organolettica, che risulta rinforzata: è un'esplosione in bocca di carota al 100%».
Aoriika e cavolfiore (2010) - Il primo incontro tra
Luca Fantin e l’
aoriika (o
calamaro di Lesson, tipico della barriera corallina) risale al 2010, ed è da quel momento che lo chef ha iniziato a esplorare la varietà di tecniche della cucina giapponese per la preparazione e pulitura del calamaro stesso. «È stato uno dei primi cefalopodi che mi ha emozionato, qui in Giappone. Ho imparato la tecnica nipponica del taglio, per rendere estremamente morbido l'
aoriika, abbinato a un agrodolce di cavolfiore e alla salsa al nero. Ne ho ottenuto anche un gioco di colori, che riprende quello originale dell'
aoriika, che è bianca e nera ma cambia tinta quando la tocchi. È forse il piatto più giapponese tra questi dieci, per la tecnica, ma il gusto è molto italiano: se chiudi gli occhi ricorda la seppia al nero, preparazione tipica veneta. Solo che questa è cruda».

Spaghetti ai ricci di mare
Spaghetti ai ricci di mare (2009) - Una ricetta resa possibile grazie al sapore unico dei ricci di mare giapponesi. «È diventato un classico qui al
Bulgari, sempre richiesto e amato. Una bomba di sapore, di dolcezza: la forza dei ricci, il dolce del pomodoro, il limone... C'è tutto il mare, la freschezza, con la pasta che ci rappresenta come italiani. È un assaggio che dà proprio soddisfazione. Come uno spaghetto al pomodoro ben fatto: c'è poco da dire»

Ravioli di burrata con acciuga e crema di broccoli
Ravioli di burrata con acciuga e crema di broccoli (2011) - Il segreto di questo piatto è la capacità di
Fantin di padroneggiare diversi metodi di cottura e di riuscire a combinare una molteplicità di sapori e ingredienti. «Qui siamo in pieno Mediterraneo. L'idea è stata quella di preparare un ripieno come se fosse una burrata appena fatta, sugosa, che si sfilaccia un po', calda, con quella gommosità che si apprezza al morso. Il mio obiettivo, raggiunto, era questo: ricreare una burrata dentro al raviolo. Utilizzo prodotto giapponese, buonissimo».

Risotto alle castagne e tartufo bianco d’Alba
Risotto alle castagne e tartufo bianco d’Alba (2015) - «La prima volta che sono stato a Kyoto mi hanno servito, in un ristorante kaiseki, il riso bianco giapponese con le castagne. A me l'idea non piaceva per nulla, non lo consideravo un accostamento valido... Invece lo assaggiai, mi ricredetti e lo trovai interessante. Appena tornato al
Bulgari ci lavorai sopra: brodo di pollo e brodo vegetale, la dolcezza delle castagne, infine l'abbinamento col tartufo bianco, ricordo dell'Italia. È un prodotto esclusivamente nostro, i clienti sono molto contenti di mangiarlo, ne facciamo fuori 20 chili a stagione».
Caviale e pesce (2019) - Una ricetta che prende ispirazione da una tecnica giapponese chiamata
kobujime. «Una novità di quest'anno, secondo me un grande piatto. Sfrutto tecniche giapponesi come appunto il kobujime, che si solito è una marinatura di alghe, ma qui da noi diventa marinatura di lattuga. Il fondo è una salsa alla pescatora in bianco, con vari molluschi, quindi olio di lattuga. L'esito è una concentrazione di sapore, un gusto intenso, una spremuta di umami, con il tocco finale del caviale di storione».
Tartufo nero e cipolla (2016) - «Basta una visione più ampia, un’idea, e soprattutto, il rispetto per gli ingredienti di stagione per trasformare qualsiasi verdura in un grande piatto».
Fantin continua: «È una memoria d'infanzia. Mia nonna mi preparava una zuppa di cipolla che ricordo meravigliosa, chissà se era davvero così come la serbo nella mia mente! Volevo fare della cipolla la protagonista di un piatto, cosa non semplice nel
fine dining. Abbiamo allora ricercato le tecniche giuste per ottenere un'esplosione di dolcezza e di bontà: la cipolla viene fritta intera con la buccia per un'ora in olio a 160°, poi pulita, messa sottovuoto e quindi in forno per due ore con altro olio. Le parti esterne vengono recuperate per ottenere una tartare e un succo. Abbiniamo il tutto al tartufo: può sembrare banale, ma mi serve per "nobilitare" una preparazione povera».
Cervo con fico (2017) - «La questione era: come lavorare la cacciagione per farla apprezzare anche a palati delicati come sono quelli giapponesi? Loro non amano i sapori di terra, di sangue... Mi sono adattato per trovare la strada più giusta, per attenuare il sapore di salvatico. Quindi: marinatura della carne - l'intero carré - con foglie di fico, spezie e miele, per due o tre settimane. Poi, la cuociamo e serviamo nel piatto con i fichi cotti come in un vin brulée (vino rosso con cannela, mela e pepe nero), che ci fa anche da salsa. Infine, un po' di crema di rafano».
Latte bianco (2014) - È un viaggio indietro nel tempo fino alla nostra infanzia. «Il latte è il primo ingrediente della nostra vita. Ho pensato a questo dessert quando mi è nato il primogenito. Si tratta di latte lavorato in diverse consistenze: semifreddo, crema, granita, gelato. È uno dei dolci che è piaciuto di più, in tutto il mondo, da Bangkok, a Singapore, dall'italia a Tokyo. Il latte accomuna la gente, è facile da capire. Io uso quello non pastorizzato di Hokkaido, che è fantastico».