Matteo Baronetto è oggi - senza alcun dubbio - uno dei maggiori chef italiani in assoluto: non solo perché cucina divinamente, ma anche perché propone una linea di sviluppo, un percorso, una prospettiva. Una propria prorompente personalità, nascosta da modi un po' timidi. Premessa: si moltiplicano i de profundis di maniera per l'alta cucina propriamente detta, "oggi bisogna essere più inclusivi, semplificare. Il futuro è nella trattoria" è la tesi che va per la maggiore; in questo, confondendo spesso cause ed effetti (se la base - vale a dire coloro che cercano cucina di qualità - si allarga molto, chiaro che l'offerta debba essere ugualmente più ampia e sfaccettata, dunque articolarsi su più livelli, elevando anche quelli inferiori a nuova nobiltà. Ma ciò non toglie che le punte di diamante rimangano tali e forniscano modelli di riferimento imprescindibili, che a cascata innervano d'idee ed energia tutto il resto, in uno scambio che peraltro - a volte - può anche essere reciproco. Ma con valori di fondo ben distinti).

Tutto questo per dire:
Baronetto, allo
chef's table de
Del Cambio di Torino, propone altissima cucina senza se né ma. Di un livello tanto illustre da averlo riscontrato raramente durante le nostre scorribande golose; di un'eccellenza, soavità, capacità di costruzione davvero rare, quasi uniche. Lavora,
Baronetto, nel contesto elitario che è proprio del suo locale, cosa accentuata al bancone esclusivo con vista sui fornelli: e proprio qui sta il bello - o meglio, la cosa ulteriormente interessante. Il suo percorso più recente, che traspare dai nuovi piatti che abbiamo assaggiato, si compone di elementi di puro virtuosismo che rimandano a concetti - il gioco, il minimalismo, la tecnicità solo sussurrata, la centralità del prodotto intesa con solo come rispetto, ma vera sua sublimazione - costituivi di una definizione possibile di alta cucina contemporanea. Eppure ben radicati nella sua evoluzione personale.
Semplifica, Baronetto, in questo seguendo una strada di tanti altri. Ma se, ad esempio, la semplificazione romitiana pare mettere l'accento sull'approccio tecnico - si parte dal laboratorio di ricerca, per andare all'indirizzo gastronomico e poi giù per li rami ai livelli via via sottostanti, con una modulazione precisa che consente la standardizzazione - il piemontese agisce più per intuizioni pure, trovate d'ingegno che lui, gran pensatore non tanto di modelli ma di suggestioni palatali, sviluppa in trovate meravigliosamente edibili.

Il ristorante Del Cambio di Torino
Può fare tutto ciò in virtù del retroterra del quale dispone.
Carlo Cracco, certo, quindi l'idea stessa di tavola creativa; e
Gualtiero Marchesi con tutto il patrimonio che ci ha donato e che rimanda all'essenza del prodotto.
Matteo sintetizza tale percorso, ci aggiunge il Piemonte, le radici, il territorio... Rielabora, studia, analizza. È cerebrale, quasi sofferto, ma solo nel metodo, non negli esiti: percepisce il piatto, gestisce il sapore, maneggia la materia. Poi - ecco il talento cristallino - se ne esce con piatti come
Zucchine bombetta e avocado.
Il genio è nell'accostamento semplice - e appunto intuitivo - di elementi. E qui sta il gioco, scorciatoia con la quale Baronetto si propone di destrutturare l'ampollosità dell'haute cuisine in straordinari ghiribizzi d'immediata fruizione, ma anche di raffinatezza senza pari. Sono idee, vogliamo dire, quasi di minimalismo ostentato: lì la zucchina, là l'avocado, stop. Più inclusività di così! Eppure traspare, a chi la sa cogliere, la loro natura profonda, che è pura raffinatezza. Insieme, cerebrale e didascalico: una rappresentazione dell'alta cucina contemporanea e, forse, prossima ventura.

Baronetto a Identità Milano 2019
L'altro elemento della quale quest'ultima si compone è il gioco.
Baronetto a proposito di
Zucchine bombetta e avocado, che appare quasi uno sberleffo: «Voglio lavorare su cose come queste, perché l'alta cucina non è più come vent'anni fa. Oggi in primo piano è il complesso dell'esperienza, l'attenzione diventa un obiettivo. Io la cerco ad esempio attraverso questi giochi di somiglianze». Sono
trompe-l'œil, rimandi, suggestioni. Olive e amarene (in
Pancia di branzino, maionese al sugo di vitello, olive e amarene) che superano la comune salamoia per ritrovarsi uguali (nell'aspetto) e diverse (nell'aroma), quasi una magia, «nulla di costruito, mi è venuto naturale», la similitudine non è solo
divertissement, ma perfezione al palato. Capperi e piselli, in
Merluzzo, piselli e capperi. Poi
Lardo e seppia. E zucchina e avocado, appunto: «Stesso mondo vegetale, cottura al vapore, olio e sale», non serve null'altro per essere clamorosi. Sono anche similitudini fra opposti, spiazzanti, come in
Alici marinate, tartare di rognone di coniglio, bietola, fiore di cipolla, burro morbido: rimanda a quel match tra mare e quinto quarto che era proprio del celebre
Rognone con i ricci.
Baronetto è un esploratore del gusto.
«L’esperienza complessiva (al ristorante) è diventata quasi più importante del contenuto gastronomico. Ma non è questo che mi preoccupa. Mi spaventa la tendenza a rincorrere la tradizione a tutti costi, come sempre dopo ogni scossa di assestamento. È tornato bello fare lo spaghetto al pomodoro. Nulla di male, per carità, ma la cucina è andata molto oltre, solo che manca la capacità di spiegarla. C’è bisogno di qualcuno che sappia codificare il momento attuale, il lavoro che stiamo facendo».
(Matteo Baronetto, intervista di Gabriele Zanatta, leggi qui)

Un classico di Baronetto fin dai tempi di Milano, le chips di riso: alla barbabietola, al nero di seppia, di riso venere, di polenta, poi fiori di zucca in pastella, foglie di erba San Pietro e lattughe di mare disidratate

Caramelle salate: Bonbon di brasato con cioccolato e ribes; Airbag di rose con granella di taggiasche; Americano in gel con arachidi

I pani: integrale, ai semi di lino, ai semi di girasole, al sesamo bianco, campagnolo, poi grissini stirati

Insalata di pomodori, olio e basilico. Un po' come in Ferran Adrià, la rielaborazione diventa migliore del prodotto stesso, perché ne concentra l'essenza e consente un'aromatizzazione più equilibrata e armonica. Dunque: un super-pomodoro dal gusto mozzafiato (è crema di pomodoro addensata nello stampino con agar agar e colla di pesce), condito con un olio al peperoncino. Sublime nella sua totale semplicità

Insalata piemontese, «ormai un must»: l'insieme è composto da foglie verdi, carote, peperoni all'aceto, salsa tonnata e colatura di alici («Ripercorriamo il territorio»), asparagi all'olio di vaniglia, gelsi bianchi, amarene, tuorlo d'uovo marinato, nocciole, amaretti, cipolline, rapa al vino rosso, rapanelli, savoiardi, wasabi... «Un concetto molto italiano di insalata, la cui composizione varia a ogni stagione, anzi microstagione. Ognuna ha la sua»

Ancora insalata: Insalata in sugo di carne alle olive nere, riduzione di barbabietola, uova di trota affumicate al rosmarino, pinoli e capperi salati. Una nuova idea, dal gusto molto carico, intensissimo, persino esplosivo; abbassando un poco i toni, si può raggiungere un equilibrio perfetto

Scampo crudo, pelle di pomodoro fritta, rapanelli al vapore, olio aromatizzato con foglie di fico. Chi è il grande chef? È anche colui che dà nuova vita a ingredienti buoni di loro, e dunque fin troppo presenti su tutti i menu, come appunto gli scampi. Ecco, Baronetto è un grandissimo cuoco e questo un grandissimo piatto. Di eleganza e delicatezza magistrali, raffinato all'inverosimile, puntuale, esatto, dal gusto pieno eppure quasi sussurrato. L'olio aromatizzato alle foglie di fico è semplicemente spettacolare; alla fine, l'elemento che rimane impresso, più che lo scampo, è questa straordinaria vegetalità

Lardo e seppia: si gioca con le somiglianze tra la seppia cruda tagliata al coltello e il salume. In più, il rosmarino

Nighiri di seppia, alga nori. Il ribaltamento delle prospettive: la seppia fa il riso, sotto, tagliata al coltello; il riso fa la seppia, sopra, cotto con aceto alla salvia

Zucchine bombetta e avocado. La prima a destra, l'altro a sinistra. Di disarmante bontà. Uno si chiede: ma, semplice com'è, perché ci ha pensato solo lui? Perché è un genio

Pancia di branzino, maionese al sugo di vitello, olive e amarene. Ancora un trompe-l'œil che è capolavoro

Merluzzo, piselli e capperi. Un piatto di pancia che diventa carezza

E arrivano le lasagne! Lasagne di lattuga di mare, besciamella, ragù di vitello. La besciamella è fatta con la maizena. Il piatto è ormai un classico del Del Cambio baronettiano, rimanda a Marchesi e al suo Raviolo aperto. Ma anche alla tradizione italiana, le lasagne son pur sempre le lasagne! il piatto è goloso

Tovaglia: su una finta tovaglia di pasta al vapore sono adagiati dei calamaretti. Sotto, bucando la sfoglia, delle zucchine trifolate. «Come se fosse una quiche»

Basilico saltato in padella, olive taggiasche in crosta di pasta di mandorle. Per chi scrive, è un dolce contemporaneo, d'infinito afflato, con la freschezza del basilico, l'aroma delle mandorle e l'untuosità del burro

Triglia al sale e lattuga di mare. Il sale è scaldato in padella con erbe

Una seconda interpretazione della triglia, questa volta su un letto fatto di caramello e sale grosso. Un petalo di rosa a frapporsi tra base e pesce

Alici marinate, tartare di rognone di coniglio, bietola, fiore di cipolla, burro morbido. Tutto giocato, come dice lo chef, sulla scioglievolezza

Filetto e testina di vitello, l'unione dei diversi. «Della testina teniamo solo la patrte grassa, la sezioniamo e la accostiamo al filetto». A condire, bagnetto rosso, salsa verde, melassa di rafano e di melanzana

Confronto: Scaloppina al limone classica e rivisitata. A destra la ricetta tradizionale, a sinistra la scaloppina diventa una foglia di insalata glacialis in tempura con sugo di carne e limone

Lungo pranzo, abbiamo chiesto un solo dolce. Ecco questa Mousse al cioccolato (un Abinao 85% Valrhona) con pan di Spagna al cacao (senza farina), caramello salato, quenelle di gelato al fiordilatte e alloro, cialda di polenta salata