Quando cala la sera, Matera vista dalla magnifica terrazza di Dimora Ulmo è esattamente come ci si aspetterebbe: un cielo caduto in terra, fatto di pietra e luci, bello da osservare dall'alto, abbracciando con lo sguardo il sasso Caveoso, in fondo il Monterrone - la grossa rupe calcarea che nasconde nelle sue viscere la chiesa rupestre di Santa Maria di Idris - che fa da sfondo a uno spettacolo mozzafiato.

Tavolo con vista mozzafiato
Ha aperto esattamente un anno fa, il 4 settembre 2017,
Dimora Ulmo. Tempo dunque di candeline e brindisi in un indirizzo che 365 giorni or sono ha avviato quella rinascita dell'alta ristorazione materana poi proseguita con l'arrivo in città di
Vitantonio Lombardo, ne parleremo nei prossimi giorni, e con il consolidarsi di
Ego, altra insegna del buon gusto in una città sempre più lanciata verso il grande appuntamento del 2019, quando sarà
Capitale Europea della Cultura (un quadro di Matera golosa e della prospettiva in vista del prossimo anno lo aveva tracciato
Niccolò Vecchia qui:
Matera bella, Matera buona).
Godendoci il panorama, qualche giorno fa noi ci siamo accomodati ai tavoli di
Dimora Ulmo, quelli in terrazza, le belle sale dell'interno sono riservate ai mesi più freddi. E se di tutto il progetto aveva già parlato su
Identità Golose il nostro
Rocco Catalano (leggi:
Dimora Ulmo, nobile golosità a Matera) a noi non resta che raccontarvi di una cena già convincente, in attesa di ulteriori sviluppi perché, come ci spiegano
Michele Castelli e
Virginia Caravita - rispettivamente lui chef (materano, classe 1985: attento e taciturno) e lei sous chef (ferrarese, classe 1989: solare e loquace), ma anche coppia nella vita, oltre che sul lavoro - siamo solo all'inizio: «Vogliamo spingere maggiormente, salire di tono, proporre un menu ancora più tecnico. Per ora ci siamo limitati, si trattava di avviare l'impresa, abbiamo scelto un approccio soft, per così dire. Ora che ci siamo consolidati, si accelera!».

Michele Castelli e Virginia Caravita
I due ne hanno le capacità e lo spirito. Si sono conosciuti
chez Massimo Bottura, entrambi sono reduci dall'
Osteria Francescana, lui per 12 anni nello staff del numero uno del mondo, dei quali un paio trascorsi al
Ristorante Italia che il modenese aveva aperto all'interno di
Eataly a Istanbul. Tappa che è entrata anche nel curriculum di lei, oltre a via Stella a Modena, e prima ancora la
Locanda della Tamerice con
Igles Corelli, il
Sole con
Marcello Leoni e l'
Erba del Re con
Luca Marchini.

I due con Bottura, in una foto di qualche tempo fa
Ora Dimora Ulmo, con
Francesco Russo - a sua volta già alla
Francescana - a gestire la sala e una cantina forte già di oltre 800 etichette, e l'altro socio
Nico Andrisani a curare gli interni, traccia la strada della loro carriera. D seguito la nostra cena, con gli scatti di
Tanio Liotta.

Si parte con una rivisitazione (fredda) della tradizionale cialledda: gazpacho di pomodori e peperoni, carosello (il "cetriolo" pugliese), crema di pane, spuma all'origano

Chips di riso, alici del Cantabrico, burro bianco e gel di lime

Gamberi, crema di bufala, alga croccante, polvere di rapa rossa, gel al limone, pesto di basilico

Baccalà, acqua di ceci, pomodoro e oli essenziali, pesto di ceci e pomodoro, pane e peperone crusco. Convincente

Molto buono il Risotto all'ostrica, zenzero candito, salsa al burro bianco. Per usare le parole della nostra Sonia Gioia, "la dolcezza, in questi tempi dominati da amarezze e acidità, richiede coraggio. Ed è dolce la nota lunga in fondo al questo risotto di Michele Castelli. Con retrogusto di coraggio, quello di essere se stesso, dote affinata in dieci anni (dieci) di esercizio quotidiano alla corte di Massimo Bottura. C’è un tempo per rimanere a proteggere chi ami e un tempo in cui andare e lasciare che accada quel che deve accadere, come Dimora Ulmo"

Un po' "facile" il Polpo scottato, crema di pollo alla cacciatora, capperi, polvere di olive nere

A noi sono piaciuti moltissimo gli Spaghetti di daikon marinati alla rapa rossa, mousse di ricotta vaccina, acetosella, tartufo nero scorzone. È il piatto che a nostro giudizio dà meglio di tutti la misura della potenzialità in cucina, tra territorio e ricerca

Il Diaframma di cavallo, stracciatella, aceto balsamico stravecchio e fichi ha diviso il nostro tavolo, specie per la temperatura della carne. A noi è parso piatto molto elegante

Si torna nel comfort food con i Conchiglioni ripieni di pezzente, spuma di caciocavallo e gel di pera. Si può osare di più

Molto buono il Petto d'anatra, crema di patate alla rapa rossa, rafano, bietole, salsa di ananas e cacao

Chiusura cioccolatosa targata Valrhona: molto fine. Brownie al cioccolato, granella di lampne, crema di 'nduja, gelato alla Nutella. La 'nduja è la marcia in più, bellissima complessità