«Da quando Maurizio Crozza ha lanciato la mia parodia, tale è il traffico di chiamate che sono costretto a ricaricare il cellulare già alle 10 del mattino. Se mi fa arrabbiare? Tutt’altro, muoio dal ridere. È una comicità molto elegante, mai volgare». L’ascesa di Simone Salvini fila che è un piacere: gli accessi alla biografia del cuoco vegano sul nostro sito sono esplosi. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono. Anche Fabio Fazio, che ha chiesto di dialogare con lui questa sera a “Che tempo che fa” (sintonizzatevi su Rai Tre dalle ore 20.10).
Naturalmente lo inseguono anche i giornalisti del sensazionalismo forzato, di fronte ai quali il nostro non perde il gentile aplomb: «All’Antoniano non c’è alcuna rivolta in corso», ci spiega al telefono, «solo un’ospite tra tantissimi ha chiesto di mangiare carne». L’antefatto: Simone Salvini e Alce Nero concepiscono da qualche tempo alla mensa dell’Antoniano di Bologna, ogni mercoledì, un menu vegetariano, «una variazione sana e corretta nell'alimentazione quotidiana», spiega, «Lo scopo è aprire le dispense, vedere quali alimenti ci sono stati donati, usarli al meglio tutti, accogliere i volontari e gli ospiti». Polemiche vade retro.

Tra i tanti progetti che Salvini segue, i mercoledì dell'Antoniano, cucina vegetariana per gli indigenti della mensa bolognese
Ecco, la serenità è il sentimento che avvolge da sempre il suo percorso, un'atarassia accelerata attraverso tanti viaggi in Asia, una bio che lui stesso ha ricapitolato in un lavoro autobiografico appena uscito per i tipi di Mondadori: “La mia vita in verde. Storia di un cuoco vegetariano felici”. È una lettura molto agevole di 200 pagine (con ricette), dai natali del 1969 («Era l’anno in cui i
Led Zeppelin, la mia band preferita, pubblicavano il loro primo album, i
Beatles si esibivano sul tetto della loro casa discografica e la stagione in cui l’uomo sbarcò sulla luna», spiega) alle esperienze recentissime di Expo e
Lord Bio, l'insegna biologica, vegana e vegetariana
aperta nel cuore di Macerata con
Federica Scolta, «La mia allieva di maggior successo, testarda come molti abruzzesi».
In mezzo c’è tutta l’epopea salviniana, parte della quale abbiamo osservato da vicino: dagli inizi nelle trattorie fiorentine («Cucinavo tanta carne rossa ma, per non offendere nessuno, facevo finta di assaggiarla, fingendo colpi di tosse per sputarla negli strappi di carta che tenevo in tasca») alle esperienze in Africa («In Burkina Faso ho cominciato a cucinare ‘senza’: al posto dell’olio l’acqua bollente, delle spezie e del sale le erbe spontanee») e in India («Un chiodo fisso, un’esperienza così illuminante che potrei scrivere un libro intero») al rapporto coi grandi maestri
Marco Ferrini,
Tiziano Terzani,
Umberto Veronesi e
Pietro Leemann (che definisce «un genio, il più grande cuoco vegetariano»).

Simone Salvini, a sinistra, con la squadra del ristorante di Macerata Lord Bio: da sinistra Federica Scolta, Luca e Mauro
C’è anche una menzione per
Identità Golose («Il visionario
Paolo Marchi e
Claudio Ceroni») per la nascita della rubrica di alta cucina vegana “
Naturalmente” che arricchisce il nostro sito dal 2011, e il ruolo di apripista del format “Identità Naturali” («Nel 2012, per la prima volta un cuoco vegano viene invitato a partecipare a un congresso internazionale»). Ringraziamo noi
Salvini per questo e per aver dato alla luce una pubblicazione molto godibile e profondamente leggera, che in ogni momento ricorda a lettori di quanto larghe e illuminanti possano essere le maglie di questa professione.
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