Da bambino, succede a tanti colleghi, mi divertivo a osservare mia madre ai fornelli e ad annusare tutti i profumi che la sua cucina sprigionava. Scelsi poi di frequentare l’Istituto alberghiero di Castrovillari (Cosenza), 50 km da casa, un piccolo sacrificio per l’epoca. E' il giusto avvio al mondo della ristorazione, ma i 5 anni di formazione non sono certo sufficienti a fare di un ragazzo un cuoco, un sommelier, un maître. Su consiglio degli insegnanti, e spinto da una grande passione, decisi di proseguire su questa strada, di puntare in alto. Ma la strada per la vetta è sempre in salita: se risulta troppo semplice e si arriva comunque in cima, vuol dire che si è lasciato qualcosa di importante per strada, che prima o poi toccherà andare a riprendersi.
Dopo la maturità, iniziai il mio percorso con uno stage dal maestro Igles Corelli, allora ad Ostellato (Ferrara). Capii che l’apprendimento in cucina deve prendere le mosse dalla natura. Corelli ci spingeva infatti nei campi, alla ricerca di erbe, radici, profumi e colori. Terminata l’esperienza da stagista, arrivò il momento di acquisire manualità e capacità organizzativa in cucina. Tutto ciò mi fu reso possibile Al Cavallino Bianco, chef Massimo Spigaroli. Qui mi avvicinai pian piano alla pasticceria, per me oggi fonte di mille emozioni.

Con la parannanza nera, in posa con Alain Ducasse e Christophe Martin ai tempi dello stage dell'Andana
Frequentai vari corsi di formazione in
Castalimenti per apprendere l’arte dei grandi maestri pasticceri italiani, dai quali non si finisce mai di imparare. In seguito, mi fu proposto di entrare a far parte dello staff di
Alain Ducasse all’
Andana in Toscana: il suo allievo
Christophe Martin mi inserì dapprima in cucina e poi mi fece passare alla guida della pasticceria. Fu una tappa molto importante perché imparai a far gruppo con i colleghi, compresi il rispetto delle gerarchie in cucina, l’ordine e la pulizia. Ma soprattutto il rispetto delle materie prime e l’essenzialità nei piatti.
Attualmente ho la fortuna e il piacere di firmare i dessert dell’Antica Corte Pallavicina, ancora con Massimo Spigaroli. Cerco di star dietro al susseguirsi delle stagioni e ai suoi colori, frutti e profumi. Scelto l’ingrediente protagonista, provo a giocare con i contrasti, con le consistenze, con le sfumature. Ma tutto questo naturalmente non basta: occorre sempre passare dal palato dello chef e da sue eventuali critiche, inclusi gli appunti relativi all’impatto visivo che il piatto deve avere sul cliente, decisi di concerto col personale di sala.

Pasticceria significa precisione, creatività, sacrificio ma anche tanta soddisfazione. Il pasticcere è un po’ lo “scienziato” della cucina proprio per la precisione, la delicatezza e la fermezza dei movimenti. Chiudere il pasto comporta grandi responsabilità per l’armonia coi piatti che l’hanno preceduto. E se cediamo a “effetti speciali”, occorre sempre tenere bene a mente che è sempre dalla tradizione che bisogna prendere le mosse. Perché anche la più semplice
millefoglie con chantilly, se preparata con criterio, precisione e passione, è in grado di dare grandi emozioni al cliente, e soddisfazioni al suo artefice.